De Capitani: la Lega di Salvini è solo slogan, a livello locale pensa alle poltrone. Castelli fa parte del passato. I Civici? Determinati

Dante De Capitani
L'annuncio è arrivato dal diretto interessato, nella serata di lunedì 20 giugno. Dante De Capitani, sindaco "sceriffo" di Pescate, si è allontanato dalla Lega per aderire ufficialmente al gruppo in fase di formazione dei cosiddetti "Civici di centrodestra", che vede la presenza, tra gli altri, dei colleghi di Mandello Riccardo Fasoli, di Oliveto Bruno Polti, di Dervio Stefano Cassinelli e di Brivio Federico Airoldi. Una novità significativa nello scacchiere politico locale, per quanto il primo cittadino del piccolo paese alle porte di Lecco - in carica dal 2011 con la lista civica "Pescate per le Libertà" dopo un lustro in opposizione, e dunque al primo anno del suo terzo mandato in fascia tricolore - non sia mai stato formalmente iscritto, se non per un breve periodo, al partito fondato nel 1991 da Umberto Bossi.

Perché questa scelta di non avere la tessera della Lega?
In realtà nei primi anni 2000 ce l'avevo, ma soltanto in segno di amicizia nei confronti di altri militanti, ai tempi in cui ero assessore esterno a Mandello: è stato comunque per un brevissimo periodo, poi non ci ho più neanche pensato, per quanto comunque il mio orientamento politico sia rimasto lo stesso. Questo perché sono sempre stato convinto che i partiti non debbano mettere "cappelli" sui sindaci, che devono essere liberi di agire al meglio per il proprio territorio senza i vincoli di un sistema più ampio.

Che cosa non condivide più della Lega, ad oggi?
Mi sono sempre riconosciuto nello spirito di Bossi, e inizialmente era così anche con Salvini. Poi però quest'ultimo ha cominciato con la "battaglia" contro Mattarella, ma soprattutto si è adagiato sulle posizioni di Draghi e ha sostenuto tanti provvedimenti che hanno rovinato l'Italia, come il Reddito di Cittadinanza. In un primo momento ho apprezzato molto il suo lavoro sui migranti, la sicurezza e l'ordine pubblico, ma poi si è perso tutto, sono rimasti solo tanti proclami. E a dir la verità non sono soddisfatto nemmeno del clima che si è creato a livello provinciale (anche se, lo preciso, con la Lega lecchese non c'è stata una rottura, anzi, tanto che il referente Butti mi ha subito scritto per farmi presente che la sua disponibilità al confronto è rimasta inalterata). Mi spiego meglio. Nonostante la presenza di quattro parlamentari a Roma, il partito non ha più saputo incidere sul nostro territorio: sui grandi temi non si è presa lo spazio necessario, penso alla questione del Quarto Ponte per cui di fatto mi sono dovuto muovere in autonomia. Il tema delle infrastrutture è sostanzialmente in mano al solo Fragomeli del PD, che però è a Montecitorio da solo. La Lega sembra quasi essersi trasformata nella Democrazia Cristiana di una volta, un partito attento alle nomine, a mettere i propri rappresentanti al posto giusto, a premiare persone che magari nei loro Comuni non hanno nemmeno mai governato. Basta pensare all'attuale Consiglio provinciale, in cui il centrodestra non ha messo neanche un sindaco. O alla recente nomina in Silea di Francesca Rota, la cui candidatura è stata praticamente imposta dall'alto, senza nessun confronto con noi. Credo che, come me, molti altri colleghi non si sentano più rappresentati da questa Lega, completamente estranea ai territori. Eppure da soli non si va da nessuna parte. Io credo che la politica si faccia anche e soprattutto picchiando i pugni sul tavolo, soffrendo, sputando sangue, mentre adesso sembra quasi che sia tutto ridotto a "coppe di Champagne e massimi sistemi". Si è perso il gusto di credere in qualcosa, di lottare per un ideale e di portare a casa risultati. E la gente lo capisce, basta pensare alle ultime elezioni in cui la partecipazione è scesa ai minimi storici. E questo tralasciando il referendum, una consultazione insensata per una questione che avrebbe dovuto essere risolta da quelle persone che sono pagate - e con stipendi da 20.000 euro al mese - per farlo, senza coinvolgere i cittadini che hanno mille altri problemi per la testa. Mi sembra che il sistema sia completamente allo sbando.

Che cosa ne pensa, invece, della nuova "corrente" guidata da Roberto Castelli?
Credo sia giusto e necessario tornare alle origini. Detto ciò, Castelli è una persona che stimo molto ma fa parte del passato. Un passato importante, che però non esiste più. Forse se avesse vent'anni in meno sarebbe un'altra cosa, ma il tempo scorre per tutti, gli uomini migliori invecchiano e le nuove leve non hanno più la voglia di soffrire.

Quali ideali si sono persi, a suo parere?
Il fatto è che non ci si indigna più. Risse nelle piazze, accoltellamenti, disordini, ormai sembra tutto normale. E il riferimento è anche alla città di Lecco, non è possibile che si sia ridotta così. Di fronte a una situazione del genere un partito serio dovrebbe scendere in piazza, se episodi simili capitassero nella "mia" Pescate andrei di corsa dal Prefetto, a costo di piazzarmi fuori dal suo ufficio in fascia tricolore. Ecco, penso sia proprio questo a mancare: la passione, la determinazione. Ma d'altronde, come ho già detto, sul nostro territorio non esiste una vera e propria rete di collegamento con Roma, quasi non sappiamo nemmeno che faccia abbiano coloro che rappresentano il lecchese nella capitale.

Che cosa l'ha convinta, invece, nel gruppo dei "Civici del centrodestra"?
Premetto che non ho velleità particolari, il mio desiderio è soltanto quello di fare il sindaco di Pescate, come sognavo da bambino. Di questo gruppo, però, mi piace proprio la determinazione, la volontà di non farsi mettere il "cappello" da nessuno. E penso che le adesioni aumenteranno, perché ci sono tanti colleghi che non accettano più che i partiti prendano decisioni che spettano a loro. Torno sul discorso di Silea, soltanto per fare un esempio: sono i Comuni che devono nominare presidenti e consiglieri, punto. E poi ci sono i "Civici di centrosinistra", mi sembra logico che ci siamo anche noi (ride, ndr.). Al di là di questo, c'è molta voglia di confrontarsi, di lavorare insieme, anche perché siamo tutti nella stessa barca, in fondo tutti i paesi hanno gli stessi problemi. E poi credo che ci fosse bisogno di dare una scossa al movimento. Per questo se il mio allontanamento dalla Lega contribuirà a far nascere una riflessione interna ben venga, non potrò che esserne felice.
Benedetta Panzeri
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