Calolzio: auto danneggiata e pretese di denaro, per un 60enne chiesti 3 anni e mezzo. 'Show' in Aula del nipote
di Calolziocorte Fabio Marra
A raccontare - indirettamente - l'episodio che riguarda i due - e l'imputato, chiaramente - è rimasto, dunque, soltanto il luogotenente Fabio Marra. Il Comandante della Stazione Carabinieri di Calolzio, con la consueta precisione, ha sintetizzato l'intervento compiuto il 9 novembre 2018 da una pattuglia di altra caserma a Valgreghentino, presso l'abitazione della ragazza dove Peppino De Pasquale avrebbe raggiunto Nicola, mandando poi parzialmente in frantumi anche una porta. Ha poi aggiunto di aver convocato nel proprio ufficio, per chiarire l'accaduto, la coppia che non ha comunque formalizzato alcuna denuncia circa l'accaduto.
A marzo dell'anno successivo, invece, sempre il numero uno dei CC di Calolzio, avrebbe raccolto le confidenze del ragazzo, recatosi in Caserma per raccontare una serie di fatti, senza, anche in quel caso, sottoscrivere poi formalmente alcuna dichiarazione. "Episodi gravi" ha sottolineato Marra, ricordando come il suo interlocutore temesse la reazione dello zio ed in particolare di finire "scannato come un capretto". Motivo del contendere, in particolare, sempre secondo l'operante, la volontà del giovane di "sottrarsi alla sottoscrizione a suo nome di un contratto" per l'acquisizione di un locale.
Di diverso avviso lo stesso Peppino De Pasquale, che rendendo esame, ha ammesso di aver avuto, in quel periodo, interesse per una discoteca, con l'affare sfumato però non per problemi con il nipote, bensì per le condizioni imposte dal venditore che avrebbe chiesto il pagamento anticipato delle spettanze, senza concedere una prospettata rateizzazione del dovuto. Non negata la "sceneggiata" a Valgreghentino, ricondotta però non a una questione di soldi, bensì alla "sparizione" di Nicola, che per tre giorni non si sarebbe messo in contatto con lui. E sempre la "preoccupazione" per il giovanotto lo avrebbe portato il 10 marzo 2019 - in un momento di collera - a mandare in frantumi i finestrini dell'auto di un amico del parente. "E' vero, a rompere i vetri sono stati io ma lui - ha detto in riferimento alla persona offesa di questo ulteriore capo d'imputazione - non ha raccontato che gli avevo già detto mille volte di non far guidare Nicola perché minorenne".
Negate anche le pretese di denaro lamentate dallo stesso conoscente che aveva ricollegato il danneggiamento proprio a una questione di soldi, "tirando fuori" anche una vicenda ancor più vecchia sempre legata a denaro che nel tempo gli sarebbe stato estorto da De Paquale, soggetto già condannato, quindici anni fa, nell'ambito dell'inchiesta "Ferrus Equi" incentrata sugli "affari" della sua famiglia. "Al tempo gestivo due locali, non avevo bisogno di 10 euro", l'ha tagliata corta il diretto interessato, respingendo anche questa accusa.
3 anni e 6 mesi la richiesta di condanna formulata dal pubblico ministero, in riferimento solo al danneggiamento della vettura e alla tentata estorsione in danno del suo proprietario, per l'episodio del 2019 nonché alle lesioni, documentate, patite da altro soggetto. Con onestà, la dottoressa Di Francesco ha chiesto invece l'assoluzione del 60enne per l'estorsione più datata (perché il fatto non costituisce reato, non essendo la minaccia stata avvertita come tale al tempo dei fatti, emersi solo a distanza di anni, dopo l'episodio dell'auto) e per la vicenda relativa a Nicola De Pasquale (perché il fatto non sussiste). Con una premessa: "in istruttoria è emerso un terzo dei fatti che avevamo del fascicolo". Ciò "anche per l'atteggiamento dei testimoni". Che si troveranno - è facile immaginare – imputati a loro volta non appena la Procura esaminerà gli atti che ha avocato a sé. Nel frattempo, la causa in discussione è stata aggiornata a giovedì prossimo, per l'arringa della difesa e la sentenza.