SCAFFALE LECCHESE/103: la prima guida turistica della città di Giuseppe Fumagalli

«Appena scesi dal vagone, con più in là un casotto di legno che è la stazione, e dinanzi un largo sconclusionato che vorrebbe essere una piazza, Lecco non presenta alcuna attrattiva; ed anche internandosi nella piccola città, non s'incontra niente di rimarchevole, Non è una elegante città lacustre, quali sogliono essere le città moderne, né un rustico paesello. (...) Non ha piazze rimarchevoli, non belle vie, non monumenti né opere d'arte che richiamino l'attenzione del forestiero».

 

Non male, come biglietto da visita, verrebbe da dire. Tutto sommato valide ancora oggi (o no?), sono le parole che aprono la "Guida di Lecco, sue valli e suoi laghi" che è a tutti gli effetti la prima guida turistica della città. A "compilarla" Giuseppe Fumagalli, «milanese [che] tenne Lecco per patria adottiva - ci informa il Dizionario storico di Lecco - collaborando assiduamente a giornali locali». Editore, Vincenzo Andreotti detto "Busall" del quale poco purtroppo sappiamo, ma doveva essere commerciante eclettico, come peraltro rileviamo dalla stessa guida: edicolante con rivendita sulla riva del lago, garantiva inoltre «ogni servizio di barche, gondole, canotti e battelli, tanto con barcaiolo che senza» e forniva anche barche a nolo ai villeggianti, oltre ad assicurare un servizio di corriere espresso per Milano; a lui, inoltre, ci si poteva rivolgere nella ricerca di camere ammobiliate. Pubblicità, naturalmente, come indubbiamente pubblicitario è il curioso elenco di negozi per quello che oggi sarebbe il capitolo dello shopping: la cioccolateria e drogheria Cesare Mauri, «maison fondée en 1810», la salsamenteria di Luigi Bonacina in via Roma, il vetraio Raimondo Griner, la società Badoni, la lingerie di Giovannina Gilardi e il polverificio Piloni di Bonacina che propone "miccie di sicurezza per mine" oltre che cartucce da caccia e per tiro al piccione, cariche da revolver e ferramenta.
Dunque, si diceva, nessuna attrattiva in città. Però «quando si scende alla riva del lago - continua il Fumagalli - il panorama che si affaccia allo sguardo è così splendido di bellezza che basta esso solo a compensarci del modesto aspetto delle case e delle vie».
Eccolo, il paesaggio. Al quale quasi un secolo e mezzo dopo ancora si guarda per attrarre forestieri e villeggianti, nonostante qualche scempio novecentesco.
Però, dopo tanta onestà iniziale, nell'accompagnandoci a visitare la città, la nostra guida si lascia prendere un po' la mano. Come a proposito della grotta di Laorca che sarebbe addirittura «la più bella che mai veggasi nei monti di Lombardia». Ce ne parla, inoltre, senza far mistero di quell'anticlericalismo che era un po' l'aria dei tempi e soprattutto di un garibaldino qual egli era: «Lo spirito di bassa superstizione dei contadini, ignobilmente mantenuta dal prete, fa credere che quivi abbia dimorato san Giovanni Battista».
Non mancano naturalmente i luoghi manzoniani per i quali - leggiamo sempre nel Dizionario storico di Lecco - «destò rumore fra i dotti sostenendo una personalissima "planimetria" dei Promessi sposi». Per esempio, colloca il palazzotto di don Rodrigo a Neguccio: «Ora - scrive Fumagalli -, avendo noi un solo dato certo in tutto il romanzo: Pescarenico; converrà non istaccarci da questo punto (...) e da qui cercar le distanze come si farebbe con un compasso alla mano (...). Partendo dalla piazzetta della chiesa di Pescarenico dove c'è il convento, ed imboccando la via Agnese che conduce a Germanedo si percorre una strada che costeggia un torrentaccio, forse quella stessa che percorse fra Cristoforo. (...) E' però facile sbagliare e sarebbe buon consiglio provvedersi d'una guida. Per questa bisogna dirigetevi al Ristorante del Lago, vicino all'imbarcadero in Lecco, cercate del signor Carlo Fighetti, ed avrete una guida molto adatta; giacché fu in compagnia di questo mio amico, e col concorso della sua perspicacia, che riuscì a trarre dal mistero tutta questa quistione topografica. La stessa circostanza della bella strada che si arrampica a zig-zag sulle falde del poggio, vale a confermaci l'idea che lassù esistesse un palazzo e delle case, mentre ora dove questa strada finisce non c'è più che una casa sola: tre o quattro più in fondo sembrano recenti. Sul muro esterno di questa casa vedrete scritto Neguccio.

E' il nome del luogo, o dirò meglio del paese che c'era una volta. Che direste ora se vi capitasse, come a me la prima volta che salii lassù, di vedere, dando una occhiata alle stanze terrene, appeso ai muri delle camere, degli schioppi da caccia, che per essere ancora di quelli a percussione, mi parvero ad un tratto così antichi da risalire al tempo dei bravi?». Le ali della fantasia portano lontano e chi nel tempo si è dilettato nella ricerca dei "luoghi" se ne è lasciato trasportare con indubbia voluttà. Come a proposito dell'osteria della Malanottte «diventata mulino, è ora di proprietà di certo signor Nava Zeffirino, il quale racconta quanto segue: che cioè nell'anno 1871, scrostando un muro, scoperse una iscrizione in carattere antichi ch'egli non comprese, o quanto meno, non ci abbadò neppur tanto, ma che un tal frate Sandrini, fratello dell'omonimo generale dei Gesuiti, vi lesse: Molino della Malanotte, 17 luglio 1631. Epperò ricompose tosto i calcinacci, raccomandandone la conservazione. Soggiunge poi il signor Nava, che i piccioni distrussero questo rintonacamento, epperciò che vi sostituì una iscrizione nuova». Crederci?

Piazza Garibaldi

La guida si suddivide in diversi capitoli, partendo delle informazioni pratiche come "alberghi, ristoranti e villeggiature". Del resto, Lecco «ha più alberghi di quanto a primo aspetto si potrebbe supporre» considerato che «molti italiani quivi si danno la posta per passarvi la stagione estiva ed autunnale». Tre gli alberghi di prim'ordine il Leon d'oro, che «ha bellissimi appartamenti e camere ammobiliate, sale grandiose con gabinetto di lettura e sala di conversazione con pianoforte»; l'Italia, il solo albergo in riva al lago e perciò da molti preferito agli altri; il Croce di Malta, «assai frequentato» per la sua posizione centrale. Dei tre, nessuno ormai è sopravvissuto: l'ultimo a chiudere i battenti, nel 1993, è stato il "Croce di Malta". E poi alberghi "di second'ordine": Due Torri, Morone, Cappello, Corona, tutti con stallazzo «per cui nei cortili vedi quell'affaccendarsi di legni, di veicoli d'ogni sorta, carrettieri, conduttori e postiglioni che ricordano il modo di viaggiare di quarant'anni fa, per altro qui ancora necessario per gli accessi montani». Da parte sua, l'autore, suggerisce "L'Arpa" «posto in piazza del teatro, che associa a questo genere di servizio quello più moderno d'albergo cittadinesco», mentre tra ristoranti e trattorie la preferenza, da parer quasi burlesca, va alla "Cetra", in via Roma, della quale «non potremmo mai dire abbastanza» visto che «come trattoria è senza dubbio la migliore di Lecco; ci si sta assolutamente bene; il servizio ne è inappuntabile ed i prezzi più che onesti», senza trascurare che «c'è una padroncina con due occhietti brillanti, sempre vispa e sorridente, che per i suoi avventori si farebbe in quattro».
C'à la descrizione del territorio con qualche bizzarro esempio a proposito dell'altitudine; c'è quella degli abitanti il cui spirito s'indipendenza «non ha l'eguale in nessun altra provincia d'Italia»; quella del clima che sorprende i viaggiatori «disdegnosi dell'uso dell'ombrello», i quali «mentre a Milano ed altrove si può impunemente sfidare la pioggia, a Lecco come in tutte le regioni poste a' piedi delle Alpi, quando piove par che si aprano le cataratte del cielo e tutte le acque si rovescino sulle nostre spalle.

Albergo Davide - Maggianico

Alcune pagine sono dedicate alle escursioni sul territorio: San Girolamo, la Brianza oggionese, la Valsassina, il lago e Valmadrera della quale a scrivere è Antonio Ghislanzoni. Che è tra i "collaboratori" illustri al quale, naturalmente, è anche affidata la descrizione di Barco: la sorgente della salute, la musica, i ritrovi scapigliati, l'albergo del Davide, «lo spirito dell'arte e delle profane innovazioni, sorvolando alle antiche e monacali dimore, [che pare] via abbia deposto i germi di un avvenire rigoglioso e brillante» e con la vie dai nomi quasi "sovversivi" come l'Isola Gloria e la via Fantasia, la via Verdi e la via Rossini, ma anche una via Antonio Ghislanzoni, «ma sicuro! - anche il mio lungo nome, non badando all'eccedenza della spesa, han voluto i buoni abitatori di Barco affiggere alla casa dove io nacqui e dove morirono i miei padri. Sanno le muraglie quanti sarcasmi in compenso di una gentile testimonianza di simpatia o di pietà a me accordata, ebbero a raccogliere il sindaco e i consiglieri del piccolo comune!».
A Giovanni Pozzi, il medico acquatese e primo autentico presidente della sezione lecchese del Cai (essendo quella di Antonio Stoppani una carica tutta sommato onoraria), è invece affidato il capitolo delle escursioni in montagna. Due anni dopo, nel 1883, poprio Pozzi avrebbe pubblicato la prima guida escursionistica lecchese (CLICCA QUI)

Un breve cenno storico è invece firmato da Vincenzo De Castro che all'epoca aveva una certa rinomanza anche per il suo impegno nella lotta risorgimentale.
Della guida esiste una edizione anastatica anche se non vengono riportati editore e anno di pubblicazione. E ‘ il catalogo della biblioteca civica a indicarci un possibile 1992, mentre l'editore dovrebbe essere Stefanoni, il quale l'anno dopo avrebbe anche stampato l'edizione anastatica della guida turistica curata dalla Pro Lecco e uscita nel 1883 (CLICCA QUI)




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Dario Cercek
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