Il fotografo lecchese Albo espone la sua Bergamo deserta nel primo lockdown

Bergamo immortalata durante il lockdown dall’architetto lecchese Giacomo Albo: la ricerca è diventata ora una mostra che sarà inaugurata lunedì 6 giugno nella città orobica.

Giacomo Albo

L'esposizione ospita 32 immagini a grandi dimensioni che richiamano il percorso compiuto in quei giorni dal fotografo: una sintesi che trova poi nei 70 scatti presenti nel catalogo una più ampia narrazione. «È un documento straniante ed inedito della città, muta e immobile, priva dell’abituale presenza dell’elemento umano – si legge nella presentazione ufficiale - Ma, attraverso l’obiettivo del fotografo lecchese Giacomo Albo è possibile leggere le tracce dell’ingegno e della creatività di secoli di storia dell’uomo nei monumenti che caratterizzano le vie e le piazze di Bergamo, oltre che nelle infrastrutture di accesso alla città. Una presenza “assente”, dunque, in una scenografia che risalta come protagonista. Le immagini diventano ritratti di una città che si presenta come un capolavoro, una scultura che ha attraversato il tempo e che giace eccezionalmente in silenzio, quasi priva della sua stessa anima».

Alcune delle immagini della mostra (coperte da copyright)

Le fotografie sono state scattate due anni fa, nei giorni del primo grande lockdown per l’emergenza covid che per almeno due mesi – marzo e aprile – ci ha fatto tutti vivere in una sorta di bolla.
Lecchese, Albo ha scelto di fotografare Bergamo «perché è una città che è stata tra le più tragicamente colpite dalla pandemia – spiega - A Bergamo ho molti amici ed è stato quindi per una sorta di affetto per la città lavorare lì o altrove, come a Milano, per esempio, dove tra l’altro altri fotografi avevano già lavorato».
Di quell’attraversare una città completamente trasformata, il ricordo è che «era tutto molto silenzioso e più inquietante perché un conto è la città deserta alle 6 del mattino e un altro alle 2 del pomeriggio. Ed era una situazione che richiedeva attenzione e rispetto e poneva una domanda sull’opportunità di fare quanto stavo facendo. E’ per questo che la mostra arriva due anni dopo, per evitare che potesse essere vista come una speculazione».

Alcune delle foto sono state pubblicate da “IoArch”, la rivista che ha commissionato ad Albo il reportage e che quindi ha così potuto muoversi liberamente, in deroga alle limitazioni vigenti. Proprio in quel periodo, la rivista “IoArch” ha realizzato un numero digitale in cui alcuni architetti anche celebri hanno presentato il proprio punto di vista sul futuro, proprio alla luce di quanto stava accadendo in quei giorni.
«Da parte mia – continua ancora Albo – non ho voluto raccontare la Bergamo del covid dal punto di vista più drammatico, quello delle ambulanze e degli ospedali. Bensì ho scelto di guardare una città improvvisamente senza abitanti».
Di Giacomo Albo, 47 anni, architetto e fotografo di architettura, i lecchesi già conoscono lavoro e filosofia che hanno potuto avvicinare visitando la mostra “Di roccia e di acciaio” allestita prima alla Torre Viscontea lo scorso inverno e poi al Politecnico proprio in questo mese di maggio.

A organizzare l’appuntamento bergamasco è l’agenzia di comunicazione “Welcome” del lecchese Giorgio Cortella e che anche nella nostra città organizza diverse iniziative.
La mostra di Bergamo – “Paesaggio latente”, il titolo – sarà ospitata nell’ex chiesa della Maddalena in via Sant’Alessandro 39/B da lunedì 6 giugno, con l’inaugurazione alle 18, fino al 30 giugno con i seguenti orari: da martedì a giovedì dalle 15 alle 19, da venerdì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, lunedì chiuso. Ingresso libero. Catalogo in vendita a 25 euro: il 20% del ricavato dalla vendita sarà destinato al progetto “Giorni muti, notti banche. Il tempo della cura”, promosso del Personale Sanitario del Centro di Emergenza ad Alta Specialità dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
D.C.
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