In viaggio a tempo indeterminato/233: la cerimonia dei dervisci

Sembra di veder sbocciare un fiore con dei giganteschi petali bianchi.
Ma a me ricordano anche delle ipnotiche meringhe.
Ruotano.
Ininterrottamente.
Muovendo le braccia lentamente.
Con gli occhi socchiusi.
E io mi chiedo come facciano a non scontrarsi, a non perdere l'equilibrio, a non vomitare.
La musica si fa sempre più intensa.
Il mio sguardo corre da uno all'altro.
E per un istante i dettagli spariscono, le domande rinunciano e il tempo sembra essere scandito da quel roteare.
Poi il tamburo.
Il ritorno alla realtà. Le luci si alzano.
La stanza si svuota.
"Ma è già finito?" diciamo in coro io e Paolo, mentre in sincrono guardiamo l'ora sul telefono.
È passata un'ora e non ce ne siamo nemmeno accorti.
Il tempo sembra essere entrato in uno di quei tunnel multicolore ipnotici dei film che parlano degli anni '60.
Ma non siamo sotto l'effetto di strane sostanze, abbiamo solo assistito a una cerimonia dei dervisci.

VIDEO


Non li conoscevo i dervisci.
Al massimo li avevo sentiti nominare nella canzone di Battiato, insieme a talmente tante altre parole a cui non avevo dato importanza.
"Voglio vederti danzare
come i Dervisches Tourners
che girano sulle spine dorsali
o al suono di cavigliere dei Katakali"
Non è che mi fosse molto chiaro questo testo.
Anche perché, devo essere sincera, io la canzone "Voglio vederti danzare" credo di averla sentita per la prima volta in una discoteca di Riccione quando stavo festeggiando i 18 anni.
E sinceramente in quell'occasione, non mi ero posta il problema di chi fossero quei dervisci.
Ma il viaggio, come i remix degli anni 2000, è una scuola fantastica.
Quindi, quasi 20 anni dopo (un po' meno sennò mi sento vecchia!) ecco che finalmente sono riuscita a scoprire chi sono i dervisci e a vederli dal vivo proprio nella città dove tutto ha avuto origine: Konya.



All'apparenza sembrano dei ballerini provetti appena usciti da un'accademia di danza, se non fosse che il loro non è uno spettacolo ma una vera e propria cerimonia.
I dervisci sono una confraternita dell'islam che cerca di avvicinarsi al divino attraverso una danza rotatoria.
Il termine significa letteralmente "povero" e i dervisci si ritengono tali perché la loro anima, strappata dalle sue origini divine, è rimasta intrappolata in un corpo terreno.
Il  fondatore è il filosofo e poeta Gialal-ed-Din Rumi chiamato anche Mevlana, letteralmente colui che è santo.
Devo ammettere che sono sempre un po' scettica davanti a pensatori carismatici in grado di creare confraternite o sette.
Ma per Rumi è diverso.
Ho letto alcune sue frasi e mi hanno lasciato subito una piacevole sensazione di pace e amore, che di questi tempi sono merci rare e preziose.
È difficile riassumere  il pensiero di Rumi in poche parole ma i concetti alla base di tutto sono tre.
1) Quella che vediamo davanti a noi non è la verità ma una sua trasposizione.
Per trovare la verità dobbiamo staccarci dal mondo terreno ed elevarci verso il divino.
Ci sono vari modi per farlo. Per i dervisci il mezzo è una danza rotatoria che rappresenta il moto dei pianeti.
"Il silenzio è il linguaggio di Dio, tutto il resto è misera traduzione".



2) L'amore è l'unica forza in grado di cambiare il mondo.
Ci sono moltissimi versi di Rumi in cui pone l'accento sull'amore come scopo e fondamento della nostra vita.
"Senza l'amore ogni musica è un rumore,
ogni ballo è una follia
e ogni adorazione è un peso."

3) Un'unica religione.
Il fine dell'uomo, secondo Rumi, è l'unione disinteressata e vera di tutti i popoli e di tutte le persone, senza distinzioni. Per questo le religioni altro non sono che interpretazioni diverse di un'unica divinità. Differiscono nei contenuti ma convergono sul punto più importante.
Sono state create dagli esseri umani e non da Dio che invece ha fornito mezzi diversi per giungere alla conoscenza.

Ok ho riassunto miliardi e miliardi di poesie e testi in tre righe e non è che sia poi così chiarissimo il concetto.
Rumi meriterebbe un approfondimento maggiore e con lui quello che rappresentano i dervisci che ancora oggi danzano per far conoscere questo antichissimo rito.



Vedere la cerimonia dal vivo è una delle esperienze più intense e belle che abbiamo fatto in Turchia.
È stato un po' come aprire di qualche centimetro una bellissima porta in legno intagliata, sbirciare e scoprire che al di là c'è qualcosa di così familiare ma allo stesso tempo sconosciuto.
Qualcosa che ti ipnotizza e ti trascina in un viaggio che non sentivi il bisogno di fare ma che era in realtà, proprio ciò che cercavi.
Angela (e Paolo)
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