In viaggio a tempo indeterminato/232: con Zehra... quattro anni dopo

Eravamo partiti da soli 4 giorni ed eravamo talmente presi dal viaggio, dalla Malesia e dal caldo, che ancora dovevamo renderci conto che la nostra vita era cambiata... Per sempre.
Mi ricordo come fosse ieri quando l'abbiamo incontrata.
Eravamo appena arrivati alla reception dell'ostello e stavamo facendo il check in.
La notte prima l'avevamo passata in un ostello a tema Bob Marley con tanto di musica raggae che ci aveva allietato fino a tarda notte.
Questo nuovo ostello a Ipoh, in Malesia, ci sembrava una vera sciccheria.
Aria condizionata, pulito, una reception e un WiFi funzionante.
Tutti intenti a prendere i passaporti, perché ancora non avevamo imparato il numero a memoria, stavamo compilando uno di quei moduli che mi è sempre venuto il dubbio cestinassero appena riconsegnate le chiavi.
"Come possiamo raggiungere i templi della zona?" Chiediamo alla receptionist.
"Dovete prendere Uber, non ci sono autobus" ci dice lei.
Neanche il tempo di finire la frase che da un angolo spunta lei.
"Se andate vengo con voi!"
È una signora alta poco più di 1.50 m, capelli rossicci arruffati e un bel sorriso simpatico.
"Ok, andiamo!" Rispondiamo noi, ancora cercando di capire chi sia quella signora sulla cinquantina.



"Tra 5 minuti arriva la macchina. Ve l'ho prenotata!". Ci dice la ragazza alla reception.
Poggiamo gli zaini e usciamo ad aspettare.
"Mi chiamo Zehra, vengo dalla Turchia".
Inizia così uno degli incontri che più hanno lasciato il segno nel nostro viaggio.
Quel 14 gennaio 2018 noi eravamo frastornati, titubanti e dubbiosi.
L'adrenalina del salto che avevamo fatto era finita e iniziavamo a renderci conto che non sarebbe stato semplice gestire noi stessi e tutti quei pensieri che ci affollavano la mente.
Ma Zehra era lì a raccontarci la sua storia e darci quella carica di cui avevamo bisogno.
"Sono un'insegnante in pensione. Ho una protesi all'anca e viaggio 6 mesi all'anno. Gli altri 6 mesi ospito viaggiatori a casa mia, così conosco gente nuova.
Abito ad Antalya in Turchia.
Paulo, Anchia dovete venirmi a trovare!"
La giornata era continuata così, tra templi poco sobri, chiacchierate sulla Turchia e autostop perché nessun taxi ci riportava in ostello.
Zehra aveva un'energia pazzesca, rideva e scherzava con tutti nonostante il suo inglese traballante.
Mi ricordo benissimo quello che ci siamo detti io e Paolo dopo averla salutata la sera in ostello.
"Dobbiamo essere più come Zehra. Tiriamo fuori le palle che non abbiamo nessuna scusa!"
Zehra era stata la nostra scossa, quella che ci stava risvegliando dal torpore causato dalla paura.
Lei probabilmente non l'ha mai saputo quanto per noi sia stato importante incontrarla quel giorno.

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Perché tutto questo rivangare nel passato?
Perché siamo arrivati ad Antalya!
Appena entrati in Turchia avevamo mandato un messaggio a Zehra per dirle che avremmo provato a passare da lei per rivederci dopo tutto quel tempo.
Siamo rimasti in contatto da allora e ogni tanto, in questi 4 anni, ci eravamo sentiti per sapere come stessimo.
"Zehra saremo ad Antalya tra una settimana!"
Le avevamo scritto tutti contenti.
"Noooo, io sarò in vacanza nel sud est della Turchia per 20 giorni!"
Zehra non era cambiata.
Ma questo voleva dire che il sogno di incontrarla di nuovo si sarebbe infranto.
"Andate a casa mia e state quanto volete. Lascio le chiavi al portiere."
E noi abbiamo provato a dirle che avevamo il van e non serviva, che non si doveva disturbare...ma nulla, lei aveva già organizzato tutto.
E così ci siamo ritrovati a casa di Zehra, con il mare al di là della strada e una città affascinante da scoprire.



Una persona incontrata per caso in ostello 4 anni prima ci aveva aperto le porte della sua casa.
È già successo molte volte da quando siamo in viaggio e ogni volta mi emoziona tantissimo.
Gesti di generosità e affetto da persone che fino a poco prima erano perfetti sconosciuti.
È la parte più bella in assoluto della vita che abbiamo scelto.
E prima di partire io mai e poi mai avrei pensato che avremmo incontrato così tante persone aperte e disponibili verso il prossimo.
Lo speravo, ma non ne avevo nessuna certezza.
E invece, viaggiando, mi sono resa conto che il mondo è un posto di gran lunga migliore di quello che spesso dipingono.
Che le persone sono ancora "umane" e buone.
Che la generosità non é una caratteristica di pochi, anzi.
E che siamo tutti legati da un qualcosa che va oltre la nostra lingua, la nostra cultura, la nostra religione.
Siamo tutti diversi, sì, ma alla fine apparteniamo tutti alla stessa grande famiglia.
In  momenti storici di incertezza come questi, quando l'odio sembra tirare le fila dei nostri destini, a me piace rintanarmi in tutto l'amore che racchiudono questi gesti di generosità.
Angela e Paolo
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