Un anno. Questa la richiesta di condanna formulata quest'oggi dal sostituto procuratore Chiara Di Francesco nei confronti di un giovane di origini africane a processo per un episodio datato 31 luglio 2020. Rapina, interruzione di pubblico servizio e lesioni le ipotesi di reato contestate al 31enne, assistito dall'avvocato Elena Ammannato, oggi sostituita da un collega di studio che ha sintetizzato il contenuto di una memoria difensiva prodotta per "opporsi" alle conclusioni della titolare della pubblica accusa. L'imputato è accusato di aver sfilato di tasca il telefono ad un controllore, a bordo di uno dei treni che dalla stazione di Lecco "salgono" verso nord. All'altezza di Abbadia il convoglio sarebbe rimasto fermo 8 minuti per permettere l'intervento delle forze dell'ordine chiamate proprio per dirimere il contenzioso tra le due parti in causa, con il giovane ferroviere costituitosi anche parte civile. Quest'ultimo avrebbe chiesto il biglietto al passeggero, in possesso di un titolo di viaggio non obliterato. Ne sarebbe scaturita una discussione con lo straniero che avrebbe preso il telefono del lavoratore per ottenere a sua volta la restituzione del talloncino non timbrato. Il tutto, secondo l'ipotesi accusatoria, provocando anche abrasioni al controllore. Una ricostruzione non calzante sull'accaduto, secondo la versione resa in Aula dall'imputato, al tempo volontario presso una comunità di Colico, ben integrato e senza precedenti. Il 9 giugno il verdetto. Il collegio - presidente Martina Beggio, a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - dopo aver sentito le parti (con la difesa pronta anche a sottolineare come 8 minuti di ritardo siano da considerarsi ormai fisiologici sulle reti lombarde) ha aggiornato la causa per repliche e sentenza.