Le giustificazioni fornite dall'imputato sono state assai poco convincenti. A precisa domanda non è riuscito nemmeno a indicare il nome di colui al quale, a suo dire, gli avrebbe chiesto un piacere, facendo transitare del denaro proveniente da un suo “business” sul proprio conto corrente. Pare piuttosto scontata, dunque, la sentenza del giudice monocratico Paolo Salvatore, chiamato a esprimersi su un – supposto – caso di “truffa informativa”. In attesa di giudizio Monday O., africano con casa in Val San Martino, assistito quest'oggi dall'avvocato Pietro Monti in sostituzione del collega nominato dal giovanotto. I fatti in contestazione risalgono al marzo del 2019. L'accaduto è stato introdotto a dibattimento da operante del Compartimento Polizia Postale di Venezia, escusso come testimone. L'assistente capo ha spiegato come a far partire le indagine sia stata la denuncia presentata da un imprenditore italiano dopo che un proprio cliente indiano aveva eseguito un bonifico per pagargli della merce su un conto corrente risultato non essere però quello della sua azienda. In pratica, dopo un primo scambio di mail – una delle quali contenente le giuste indicazioni per effettuare il versamento – qualcuno, ritiene la Polizia Postale, si sarebbe “intromesso” nella casella di posta della società italiana riuscendo a inviare all'impresa straniera una comunicazione con altro iban per “dirottare” il pagamento. I soldi per saldare la commessa – poco più di 6.000 euro – sarebbero così stati versati su un conto di un istituto bancario lecchese risultato poi intestato all'odierno imputato. La cifra – in parte già il giorno stesso dell'accredito, datato 12 marzo 2019 – sarebbe poi stata monetizzata con piccoli prelievi presso sportelli ATM del capoluogo lariano e due bonifici in favore di due giovani donne nigeriane residenti nella zona di Treviso, rispettivamente da 2.000 e 3.000 euro. Solo mille euro - la giacenza rimasta sul conto -sarebbero invece stati “bloccati” e restituiti alla società indiana dopo il “recall” del bonifico chiesto dalla stessa, probabilmente dopo essersi resa conto del “raggiro” subito, sulla cui concreta realizzazione nulla è emerso in Aula, nemmeno in riferimento alla posizione dei Monday O..
A domanda del viceprocuratore onorario Caterina Scarselli, l'imputato ha comuque dapprima risposto di non sapere il motivo per cui aveva ricevuto quel denaro, parlando poi di un “amico” - di cui non è però stato in grado di fornire il nome – che gli avrebbe dato istruzioni su come movimentare la somma, girandola in parte a due soggetti che lui, effettivamente, non conosceva.
Per la chiusura del processo manca solo la discussione.
A.M.