Galbiate: il reddito di cittadinanza lo porta in Aula per truffa ma... si torna al via
Si ricomincia da capo. ''Colpo di scena'' quest'oggi in tribunale a Lecco, nell'ambito del procedimento penale con imputato Giuseppe Gigliotti. Classe 1955 e residente a Galbiate, l'uomo è chiamato a rispondere di truffa ai danni dello Stato (secondo l'articolo 640 del codice penale) a seguito di un'indagine della Guardia di Finanza risalente allo scorso anno.
Condannato (in via definitiva) a sette anni nell'ambito dell'operazione Oversize (seconda grande inchiesta sull'ndrangheta nel lecchese, seguito di Wall Street, costata l'ergastolo al boss Franco Coco Trovato) Gugliotti era stato colpito dalla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ciò non gli aveva però impedito di avanzare una richiesta per l'ottenimento del reddito di cittadinanza. Un sussidio di cui effettivamente si è avvalso nelle annualità 2019 e 2020, sino a quando cioè le Fiamme Gialle - nel corso di alcuni accertamenti condotti sui beneficiari del sussidio - hanno ritenuto tale erogazione a suo favore indebita. Indagato dalla Procura per truffa ai danni dello Stato (secondo l'articolo 640 del codice penale), lo scorso autunno il galbiatese era finito davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Lecco per rispondere appunto dei 17.906 euro ricevuti.
Se il GUP aveva sentenziato il ''non luogo a procedere'' per quel che concerne l'annualità 2019 - in quanto la normativa in essere non prevedeva l'obbligo di indicare eventuali condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, e provvedimenti di interdizione dai pubblici uffici - era stato rinviato a giudizio per il reddito di cittadinanza percipito nel 2020.
Un fascicolo finito sul tavolo del giudice in ruolo monocratico Martina Beggio, con l'udienza in programma nella tarda mattinata odierna. L'avvocato Alessandra Maggi del foro di Lecco (in sostituzione dell'avvocato Stefano Pelizzari), ha tuttavia chiesto l'annullamento del decreto che dispone il giudizio, in mancanza di una condizione di procedibilità. Al proprio assistito infatti, non era stato notificato il cosiddetto 415 bis (l'avviso di conclusione delle indagini).
Dopo essersi ritirato in camera di consiglio, il giudice ha accolto l'eccezione sollevata dal difensore, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero. Il fascicolo torna dunque in Procura, con un destino - a questo punto - ancora tutto da scrivere.
Condannato (in via definitiva) a sette anni nell'ambito dell'operazione Oversize (seconda grande inchiesta sull'ndrangheta nel lecchese, seguito di Wall Street, costata l'ergastolo al boss Franco Coco Trovato) Gugliotti era stato colpito dalla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ciò non gli aveva però impedito di avanzare una richiesta per l'ottenimento del reddito di cittadinanza. Un sussidio di cui effettivamente si è avvalso nelle annualità 2019 e 2020, sino a quando cioè le Fiamme Gialle - nel corso di alcuni accertamenti condotti sui beneficiari del sussidio - hanno ritenuto tale erogazione a suo favore indebita. Indagato dalla Procura per truffa ai danni dello Stato (secondo l'articolo 640 del codice penale), lo scorso autunno il galbiatese era finito davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Lecco per rispondere appunto dei 17.906 euro ricevuti.
Se il GUP aveva sentenziato il ''non luogo a procedere'' per quel che concerne l'annualità 2019 - in quanto la normativa in essere non prevedeva l'obbligo di indicare eventuali condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, e provvedimenti di interdizione dai pubblici uffici - era stato rinviato a giudizio per il reddito di cittadinanza percipito nel 2020.
Un fascicolo finito sul tavolo del giudice in ruolo monocratico Martina Beggio, con l'udienza in programma nella tarda mattinata odierna. L'avvocato Alessandra Maggi del foro di Lecco (in sostituzione dell'avvocato Stefano Pelizzari), ha tuttavia chiesto l'annullamento del decreto che dispone il giudizio, in mancanza di una condizione di procedibilità. Al proprio assistito infatti, non era stato notificato il cosiddetto 415 bis (l'avviso di conclusione delle indagini).
Dopo essersi ritirato in camera di consiglio, il giudice ha accolto l'eccezione sollevata dal difensore, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero. Il fascicolo torna dunque in Procura, con un destino - a questo punto - ancora tutto da scrivere.
G.C.