La guerra e le sue conseguenze in un incontro a Bellano: ospite anche un profugo afghano

Notizie drammatiche quelle che arrivano dalla guerra in Ucraina, al centro dell'incontro tenutosi venerdì sera a Bellano, che ha fatto toccare le tante tematiche legate ai conflitti grazie ai contributi di diversi ospiti tra cui l'onorevole Brando Benifei in collegamento da Strasburgo, la presidente del Circolo Legambiente Costanza Panella e il direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, oltre che il profugo afghano Afizul.  
Ad aprire le riflessioni Silvia Colombo, che recitando “La guerra di Piero” di De Andrè ha portato il pubblico a ripercorrere la storia di un soldato qualunque in una guerra qualunque, soldato contro soldato, uomo contro uomo. “Parole che sono incredibilmente calzanti in questo momento in cui le nostre certezze vacillano anche a livello europeo” ha commentato Chiara Zappa, moderatrice della serata, mentre l'onorevole Brando Benifei ha rimarcato la necessità prioritaria di “costruire la pace e la convivenza tra i popoli, di dare garanzie di stabilità e sicurezza". "L’Europa molto tardivamente ha fatto un tentativo di fermare la guerra, ma Putin ha scelto di attaccare. Non è con lo scontro militare che si costruisce la pace, ma con il dialogo”.



Come ha riflettuto Costanza Panella, i conflitti hanno sempre avuto un impatto drammatico, oltre che sulla vita delle persone, anche sull’ambiente e la natura. "Il programma delle Nazioni Unite ci dice che negli ultimi 60 anni il 40% degli scontri interni è legato alle risorse, come nel caso dei diamanti insanguinati in Sierra Leone oppure dei metalli e delle terre rare che servono per le tecnologie, come nella Repubblica Democratica del Congo, o ancora delle tensioni nel Nord Africa per il controllo dell’acqua. Questi conflitti generano scontri tra bande armate o tra diversi Governi”.
Se l'accaparramento delle risorse si trasforma nella causa di guerre, l'ambiente ne è vittima: non solo per i conflitti veri e propri, ma anche per "la costruzione, la conservazione e la gestione delle armi, processi molto energivori che richiedono un forte impiego di idrocarburi, acqua, terre rare, insomma un grande impiego di risorse a danno spesso dell’ambiente e del clima, con enormi quantità di emissioni”.


A tutto ciò si aggiungono poi i movimenti delle truppe, dei mezzi corazzati sul suolo e sull’acqua, con un impatto che “spesso si sottovaluta perché colpisce di più la violenza e l’uccisione delle persone” rispetto a questioni meno evidenti come “i cingolati che con il loro peso distruggono il tessuto connettivo della microflora superficiale e i licheni che tengono compatto il deserto, che una volta sfaldato dà origine a erosioni e tempeste di sabbia". O ancora l’aspetto nucleare, come nel recente conflitto europeo, stante la vicinanza alle centrali. “In Ucraina esistono 15 reattori, e sicuramente dobbiamo sperare che non vengano danneggiati anche solo involontariamente. Ci sono inoltre 170 impianti chimici ad alto rischio e più di 100 siti con materiali radioattivi" ha proseguito Panella. "Ora è presto per fare un bilancio vero e proprio, ma nel Donbass, ricco di giacimenti di carbone, ci sono chilometri di tunnel dove la terra sprofonda sotto il peso dei mezzi militari, liberando delle sostanze chimiche che inquinano l’acqua”.



La parola è poi passata a Luciano Gualzetti della Caritas Ambrosiana, in prima linea nell’accoglienza delle persone in fuga dalle guerre. “Siamo all’interno di una situazione con più di trecento conflitti nel mondo, tra quelli a bassa intensità e quelli interni che a volte non vengono considerati" ha spiegato. "Nel caso ucraino abbiamo notato un’onda di solidarietà verso il popolo vittima dell'invasione. Negli ultimi 15 giorni i rifugiati che arrivano qui sono traumatizzati dalle bombe, si chiudono in casa e non riescono a parlare. Alle famiglie e ai volontari che li ospitano dobbiamo spiegare come gestire queste situazioni non semplici. Siamo in un momento drammatico e vogliamo aiutare, ma non si può fare distinzione da profugo a profugo e nemmeno nell’accoglienza”.


Al termine degli interventi è stato il momento della testimonianza di Afizul, fuggito dall’Afghanistan nel 2015 e in Italia da sei anni e mezzo. "Ho lasciato il mio Paese e la mia famiglia, con grande dolore, non ho più visto nessuno. I profughi che lasciano l'Ucraina sono accolti negli Stati confinanti, mentre nel nostro caso i confini erano chiusi. Sono stato in carcere in Iran per due settimane, poi mi hanno rimandato in Afghanistan e ho ricominciato il mio viaggio in Turchia dove mi hanno catturato e torturato, poi mi hanno rilasciato" ha raccontato il giovane con la voce rotta dal pianto. "Ho proseguito fino ad arrivare in Bulgaria, sempre nascosto nei bauli di auto o a piedi. Non c’era cibo e poca acqua, solo una bottiglia per bagnare la gola con alcune gocce”. Un viaggio, il suo, durato quasi due mesi per giungere in Italia, a Mandello del Lario, dove ha imparato l’italiano, ha frequentato un corso di saldatura e ha trovato lavoro. Tuttora Afizul abita e lavora nel paese lariano, ma in precedenza aveva vissuto a Lecco.
“Ora sono contento, ho amici italiani, sono volontario del Rotary e collaboro per aiutare gli afghani che giungono in Italia, conoscendo la lingua per me è più facile. Volevo sostenere anche gli ucraini, magari portando i bambini oltre il confine, ma mi hanno spiegato che questa situazione è diversa da quella che ho passato io. Tutti hanno il diritto di vivere in pace, tutti i popoli” ha concluso Afizul.


Infine, una signora presente in sala ha portato la testimonianza di una conoscente ucraina, per la quale "non è facile parlare dopo il trauma vissuto". "L'auspicio è che le difficoltà di tante donne e madri vengano presto superate, anche se non sanno cosa sarà delle loro vite" ha sottolineato, con la moderatrice Chiara Zappa che ha poi chiuso la serata con l'invito a “non smettere di confrontarci e di cercare di capire il legame tra una situazione e l’altra".
M.A.
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