Il significato di fides/fede ne Il Principe di Machiavelli
Gentile Direttore,
per favore, qualcuno spieghi a Stefano Motta che il termine 'fides' nel titolo latino (Quomodo fides a principibus sit servanda) del capitolo XVIII de Il Principe di Machiavelli, e il termine 'fede' che lo traduce nel capitolo, non significano 'fede religiosa' ma 'parola data', come si può leggere in qualsiasi edizione commentata dell'opera (ad esempio, Niccolò Machiavelli, Il Principe, a cura di Giorgio Inglese, Torino, Einaudi, 1995, p. 115, n. 1). Il termine 'fede' ricorre 19 volte nel trattato, e il significato di 'parola data' si alterna con quello di 'impegno', 'lealtà', ma mai in accezione chiesastica. Il significato di 'fede religiosa' è al contrario espresso nel lessico de Il Principe dal termine 'religione'; si veda, ad esempio, cap. VIII: "Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e' suoi cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede,sanza piatà, sanza religione". Difficile, su queste basi, tirare per la giacca Machiavelli in una polemica diversamente orientata.
Molto cordialmente
per favore, qualcuno spieghi a Stefano Motta che il termine 'fides' nel titolo latino (Quomodo fides a principibus sit servanda) del capitolo XVIII de Il Principe di Machiavelli, e il termine 'fede' che lo traduce nel capitolo, non significano 'fede religiosa' ma 'parola data', come si può leggere in qualsiasi edizione commentata dell'opera (ad esempio, Niccolò Machiavelli, Il Principe, a cura di Giorgio Inglese, Torino, Einaudi, 1995, p. 115, n. 1). Il termine 'fede' ricorre 19 volte nel trattato, e il significato di 'parola data' si alterna con quello di 'impegno', 'lealtà', ma mai in accezione chiesastica. Il significato di 'fede religiosa' è al contrario espresso nel lessico de Il Principe dal termine 'religione'; si veda, ad esempio, cap. VIII: "Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e' suoi cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede,sanza piatà, sanza religione". Difficile, su queste basi, tirare per la giacca Machiavelli in una polemica diversamente orientata.
Molto cordialmente
Franco Minonzio
Risponde il prof. Stefano Motta
Il signor Minonzio ha ragione: molte parole hanno cambiato la loro accezione nel corso della storia della lingua italiana e in base all'uso specifico che ne fanno i singoli autori.
Così è per "fides" in Machiavelli, che è più vicina all'etimo latino di "fedeltà" che alla nostra percezione religiosa moderna. O per "virtù", che in Machiavelli non vale come noi oggi la interpreteremmo.
Nel passo che ho citato Machiavelli fa per due volte una climax in cui la fede, così intesa, è il primo gradino di una scala che si completa con l'atteggiamento pienamente religioso: laddove dice che un principe deve saper "parere pietoso, fedele, umano, intero, relligioso", e quando ammette che talora sia necessario, "per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla religione".
Quando poi consiglia al principe di apparire "tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto religione" e gli dice chiaro che la cosa più necessaria da fingere di avere sia proprio l'ultima qualità, la religione, il cerchio si chiude: la "fede" machiavellicamente intesa è un sottoinsieme di questo atteggiamento più generale, perché la fedeltà alla parola data appartiene a quella religiosità non rivelata ma umana che persino un ateo riconosce come sacra.
"Sono solo normali esercitazioni militari: non abbiamo nessuna intenzione di invadere l'Ucraina", aveva dichiarato Putin, che ora si presenta con la candela in mano alla messa di Pasqua. Più che chi ostenta una fede che non ha, mi fa più paura chi rinnega la fedeltà alla propria stessa parola, tradendo la fiducia del prossimo.
Se Machiavelli scrivesse ai giorni nostri prenderebbe sicuramente lo zar come "exemplum".
Spero che, pur discutendo sull'interpretazione del termine "fides", il signor Minonzio non eccepisca sul fatto che Putin che prega per la pace con la candela in mano sia un "exemplum" cattivo.
Il signor Minonzio ha ragione: molte parole hanno cambiato la loro accezione nel corso della storia della lingua italiana e in base all'uso specifico che ne fanno i singoli autori.
Così è per "fides" in Machiavelli, che è più vicina all'etimo latino di "fedeltà" che alla nostra percezione religiosa moderna. O per "virtù", che in Machiavelli non vale come noi oggi la interpreteremmo.
Nel passo che ho citato Machiavelli fa per due volte una climax in cui la fede, così intesa, è il primo gradino di una scala che si completa con l'atteggiamento pienamente religioso: laddove dice che un principe deve saper "parere pietoso, fedele, umano, intero, relligioso", e quando ammette che talora sia necessario, "per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla religione".
Quando poi consiglia al principe di apparire "tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto religione" e gli dice chiaro che la cosa più necessaria da fingere di avere sia proprio l'ultima qualità, la religione, il cerchio si chiude: la "fede" machiavellicamente intesa è un sottoinsieme di questo atteggiamento più generale, perché la fedeltà alla parola data appartiene a quella religiosità non rivelata ma umana che persino un ateo riconosce come sacra.
"Sono solo normali esercitazioni militari: non abbiamo nessuna intenzione di invadere l'Ucraina", aveva dichiarato Putin, che ora si presenta con la candela in mano alla messa di Pasqua. Più che chi ostenta una fede che non ha, mi fa più paura chi rinnega la fedeltà alla propria stessa parola, tradendo la fiducia del prossimo.
Se Machiavelli scrivesse ai giorni nostri prenderebbe sicuramente lo zar come "exemplum".
Spero che, pur discutendo sull'interpretazione del termine "fides", il signor Minonzio non eccepisca sul fatto che Putin che prega per la pace con la candela in mano sia un "exemplum" cattivo.