Lecco: ricordando passato e presente, la città celebra il 25 Aprile

Un 25 aprile particolarmente partecipato, quello celebrato in mattinata a Lecco, con lo sguardo inevitabilmente rivolto all'Ucraina e una grande attenzione alle parole del presidente provinciale dell'Anpi lecchese Enrico Avagnina che, non fuggendo da certe polemiche di questi giorni e testimoniando una continuità dell'impegno per la pace dell'associazione dei partigiani, si è richiamato ai discorsi di alcuni suoi predecessori provocando più di un applauso.

Le immagini della cerimonia lecchese per il 25 Aprile

Come sempre, il primo atto della giornata per l'anniversario della liberazione dal nazifascismo è stata la messa al santuario della Vittoria, celebrata dal prevosto monsignor Davide Milani. Il quale nella sua omelia ha ricordato come la pace non sia una costruzione tra le parti o il frutto di una trattativa, non derivi dall'osservanza di alcune norme o dalla contrapposizione armata, ma sia un dono, «qualcosa che qualcuno porta agli altri», un seme da offrire: «E se non c'è nessuno che semina, la pace non può crescere e non soltanto in quei Paesi dove c'è la guerra adesso. Dobbiamo chiederci cosa non abbiamo fatto prima, cosa non abbiamo seminato prima. Perché seminare la pace è la miglior deterrenza». E occorre farlo rivestendosi di un'umiltà che non significa modestia, bensì humus che concima un terreno non sapendo cosa crescerà. E in questo c'è un prezzo da pagare, pertanto «ciascuno si senta responsabilizzato». Quindi il ricordo di coloro che si sono sacrificati per la nostra libertà «ci aiuti a diventare seminatori di pace nel mondo a partire dall'angolo di mondo in cui viviamo».

Dopo la funzione religiosa, si è formato il tradizionale corteo che ha raggiunto largo Montenero per l'omaggio alle lapidi che riportano i nomi del Caduti della Resistenza lecchese e successivamente il municipio per le orazioni ufficiali.
Il sindaco Mauro Gattinoni ha ricordato come la lotta di liberazione sia stata «di un popolo intero: dagli uomini delle brigate partigiane, sulle nostre montagne, fino alle suore dei conventi, dagli intellettuali agli sportivi, dagli imprenditori agli operai». Citando poi Liliana Segre («Sarebbe difficile in un anno come questo intonare "Bella ciao" senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle scorse settimane si sono svegliati e hanno trovato l'invasor»), il primo cittadino ha aggiunto: «Non giochiamo sull'ambiguità circa la Resistenza italiana e ucraina, non ci piace un pacifismo che tentenna tra aggredito e aggressore. Lecco sa da che parte stare e la storia lo dimostra: se per il tiranno la democrazia è una degenerazione del potere, per noi democrazia è l'essenza della vita civile. Oggi siamo testimoni di un incubo, osserviamo immagini che non solo fanno orrore, fanno paura, ma fanno vergogna».

Ricordando poi le parole del presidente Sergio Mattarella («Dal nostro 25 aprile viene un appello alla pace, non ad arrendersi di fronte alla prepotenza»), Gattinoni ha indicato quattro possibilità per tradurre questo impegno oggi: affermando che la guerra è una follia e la pace non è un concetto astratto ma un bisogno vitale, praticare l'accoglienza e l'integrazione delle popolazioni in fuga, sopportando le conseguenze economiche che ciascuno di noi dovrà sopportare nei prossimi mesi, ribadire una ancor più convinta scelta europeista perché «l'Europa è il nostro presente e il nostro futuro. Se nel 1932 in piazza Duomo a Milano Mussolini veniva applaudito alla profezia aberrante "L'Europa sarà fascista o fascistizzata" (e sappiamo bene che tragedia ciò abbia comportato!), noi siamo riconoscenti alla Resistenza che, invece, ci ha condotto verso l'Europa di Ventotene».

La messa celebrata da monsignor Milani

E' poi intervenuto il prefetto Sergio Pomponio che ha rilevato come uno dei valori della Resistenza sia stato quello dell'unità, del superamento delle contrapposizioni politiche, con ciò dimostrandosi più forte dei tentativi di disgregazione dovuti all'aggressione nazista, concludendo citando il principe Myskin dell'"Idiota" di Fedor Dostoevskij, lo scrittore russo che ha pagato le proprie idee nei campi di prigionia zaristi, soffrendone poi per tutta una vita. «La bellezza salverà il mondo» è la frase, celeberrima, «ma che Dostoevskij, ed è ciò che deve farci riflettere, fa pronunciare al principe Myskin che per tutti è appunto l'idiota».
Da parte sua, il vicepresidente dall'amministrazione provinciale Mattia Micheli (in sostituzione della presidente Alessandra Hofmann fermata dal covid) ha indicato nell'atlantismo e nell'impegno europeo la rotta da seguire.

Mattia Micheli, vicepresidente della Provincia

A chiudere la cerimonia è stato il discorso del presidente Anpi, Avagnina. Il quale, come detto, ha indicato la continuità nell'impegno per la pace da parte dell'associazione dei partigiani richiamandosi alle parole pronunciate da Piero Losi nel 1972 («Sul grande tema della pace non possiamo né intendiamo come uomini della Resistenza, che ha significato lotta contro la guerra, tralasciare di essere presenti in una continua azione di denuncia nei confronti delle aggressioni ai popoli liberi»), di Angela Locatelli Guzzi nel 1990 (con un appello «per riproporre l'esigenza di consolidare nell'Europa dell'est e dell'ovest la democrazia in ogni sua accezione, e con essa nuovi concetti di sicurezza e di collaborazione tra gli Stati»), di Giuseppe Resinelli nel 2003 («I partigiani italiani non hanno dimenticato il contributo dato dal popolo americano alla liberazione dell'Italie e dell'Europa... non dimenticano che il popolo americano è stato colpito poco più di un anno fa da un devastante quanto criminoso atto di terrorismo...di fronte al quale è insorta la coscienza civile di tutto il mondo... Ma in nome della stessa coscienza, il Comitato nazionale ha deprecato l'avvio di una guerra che si poteva e quindi si doveva evitare»), di Giancarla Riva Pessina nel 2015 («Non è questo che vollero i partigiani. Essi prima di tutto non volevano più fare guerre.

Il prefetto Sergio Pomponio

Secondo, volevano vivere in libertà senza proibizioni e assolutismo. Terzo, chiedevano uno Stato democratico con istituzioni adeguate e garantire l'uguaglianza fra i cittadini Quarto, volevamo lavoro, scuola e più giustizia sociale. Non potremo mai avere giustizia sociale se continueremo a fare o sostenere guerre, non potremo mai avere uguaglianza se continueremo a fabbricare armi e non scuole, non potremo mai avere un mondo pulito e non inquinato se continueremo a sfruttare il pianeta».

Oggi - ha continuato il presidente Avagnina - che l'Anpi si impegna sul lascito testamentario di quelli che sono stati i partigiani, i punti di riferimento sono la Costituzione per l'Italia e il Manifesto di Ventotene per l'Europa: «E' un lavoro di approfondimento e di interpretazione che affrontiamo con l'aiuto di associazioni, studiosi, storici, con i quali condividiamo anche dubbi e domande che ci assalgono in queste drammatiche giornate di guerra».

A destra Enrico Avagnina di Anpi Lecco

Pertanto «siamo stati tra i primi, il 24 febbraio, a condannare l'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa. Da allora tuttavia siamo preoccupati nel constatare che tra le diverse risposte che l'Europa e poi l'Italia potevano dare, l'unica iniziativa che si continua a praticare rimane quella degli aiuti in strumentazioni militari senza conoscere se esiste una gradualità degli invii di armi e soprattutto se si sono stabiliti i limiti oltre i quali non è possibile spingersi. Con queste laceranti incertezze, e guidati dalla nostra storia, non possiamo che invitare a ricercare e riprendere con ostinazione altre strade con una unità di intenti diplomatica dell'Europa e dell'Onu». E di fronte a tanti dubbi resta sicuro l'invito «che rivolgiamo a tutti perché questo 25 aprile sia l'inizio di un confronto tra posizioni e interpretazioni che in momenti drammatici possono essere giustamente diverse ma che non possono mettere in dubbio l'unità di intenti da parte di tutti: il raggiungimento della pace».

Concludendo il suo intervento, Avagnina ha dedicato questa giornata di festa «a quelle donne e quegli uomini che in questi anni si sono impegnati e continueranno a impegnarsi ad accogliere i profughi di tutte le guerre economiche e militari» e anche «a giovani donne e uomini che nel solco tracciato da Alexander Langer continueranno nell'impegno a ricercare soluzioni innovative rispetto a quelle attuali contro la guerra, per un disarmo graduale ma incessante e continuo».
D.C.
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