Civate: da Monaco di Baviera 'idee per immaginare il futuro' di San Pietro al Monte
I turisti e i pellegrini: un percorso di preghiera, di cura dell’anima e dello spirito, occasioni per ritemprarsi e fuggire le depressioni del nostro tempo. I turisti e i pellegrini, ma anche il ritorno di una piccola comunità monastica. Ecco il futuro del complesso religioso di San Pietro al Monte sopra Civate così come l’hanno ipotizzato alcuni studenti del corso di laurea triennale in architettura all’Università tecnica di Monaco di Baviera in Germania (Tum, per la precisione: Techinische Universität München)
Il saluto del sindaco
I lavori sono stati presentati in un incontro tenutosi stamattina, sabato 23 aprile, nella sala civica di Villa Canali a Civate che è stato anche l’occasione per fare il punto sull’iter della candidatura dell’antico monastero civatese a patrimonio dell’umanità Unesco.
La prof. Roberta Fonti e eMarta-Elena Constansò De Planell
Sotto David Wolf e Liyan Cai
Il ripristino dell’ormai da tempo immemore scomparsa torre campanaria è stato infatti tra le scelte che maggiormente ha affascinato gli studenti, i quali hanno prospettato possibilità diverse: dalla ricostruzione vera e propria anche se magari in posizione discosta per non alterare il profilo attuale della chiesa a una sorta di “simulazione” con una struttura traslucida se non addirittura un semplice profilo metallico a significare semplicemente la memoria di ciò che fu.
E poi recupero delle coltivazioni, creazione di un percorso di meditazione, spazi per il ristoro, un piccolo museo, una biblioteca in San Benedetto e spazio per concerti nella navata di San Pietro, mantenendo in ogni caso le funzioni sacre del luogo con la possibilità addirittura di riportare nella vecchia foresteria alcuni monaci.
L’iter à molto lungo – ha detto - per ora c’è l’appoggio di tutte le università e di tutti i sindaci, ora si aspettano i presidenti delle sei regioni interessate.
Ora si è alla fase del piano di gestione che può contare sulle indiscutibili qualità del luogo, dalla collocazione naturale agli aspetti artistici. Successivamente si dovrà pensare al “riutilizzo” e lo si dovrà fare promuovendo un concorso internazionale di idee «al quale – ha chiosato Rossi – potranno magari partecipare con i loro progetti i giovani che oggi sono qui come studenti e che nel frattempo saranno diventati architetti».
Ciò che avrà un ruolo importante sarà la presenza di una “committenza” consapevole così come lo fu quella che prefigurò la creazione di questi monasteri. «Perché l’architetto - ha sottolineato ancora Rossi – può avere le più belle idee del mondo, essere il più bravo, ma se non ha una committenza che dice ciò che si vuole, la più bella idea del mondo non avrà un collegamento con la comunità locale. Ed è proprio ciò che ci insegna il Medio Evo e di questo San Pietro è un esempio straordinario».
Don Umberto Bordoni
A ciò che hanno realizzato i benedettini, va inoltre aggiunto – secondo don Bordoni – il sogno di monsignor Giuseppe Polvara che cento anni fa avviò il progetto di restauro del complesso di San Pietro al Monte ormai in condizioni precarie, nonostante nell’Ottocento fossero già stati effettuati lavori di restauro. «E a questo proposito – ha rilevato il direttore della “Beato Angelico” – la chiesa è un palinsesto straordinario sulla storia del restauro che potrebbe essere un laboratorio per gli studenti».
Il professor Marco Rossi
D.C.