ASST Lecco, Epatite C: curati 1.200 pazienti con i nuovi farmaci. Ora parte lo screening, per contribuire a 'eliminare' la malattia

Se a stretto giro vi troverete a fare gli esami del sangue in ospedale (o per le donne, un pap-test) e vi verrà chiesto di partecipare alla campagna (gratuita) di screening per l'eliminazione dell'epatite C, aderite convintamente.
Il programma, esteso anche ai pazienti ricoverati al Manzoni come al Mandic, è finanziato, a livello lombardo, con una dotazione di 13 milioni di euro da parte delle Regione allo scopo di concorrere a centrare l'obiettivo di eliminare l'infezione come "problema di salute pubblica" entro il 2030 prefissato, ormai sei anni fa, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Il referente del programma regionale per l'ASST di Lecco sarà il Dott. Pietro Pozzoni, responsabile dell'Unità Operativa Semplice di Epatologia - articolazione interna della Medicina Generale diretta dal Dott. Marco Soncini - che già si occupa di garantire, erogare e coordinare le attività diagnostiche e terapeutiche dei pazienti affetti da malattie epatiche nell'ambito di prestazioni ambulatoriali (quattrocento, in media, le visite ogni mese) ed in regime di Day Hospital, assicurando altresì consulenze per i malati affetti da malattie del fegato degenti anche negli altri reparti.
La "squadra" dell'Epatologia - insieme al Dott. Pozzoni collaborano i colleghi Alessia Riva, Roberta Pozzi e Paolo Villa, nonché le infermiere Elena Micheli e Anna Pappagallo - dall'introduzione dei nuovi farmaci, ha già compiuto, negli ultimi anni, un grosso lavoro nella cura dell'epatite C. Si tratta ora, attraverso la campagna di screening, di far emergere "il sommerso" e dunque di individuare quei malati che... non sanno di essere malati.
Il Responsabile dell'Unità Operativa, ci spiega l'importanza del programma.

Il Dottor Pietro Pozzoni,  responsabile dell'Unità
Operativa Semplice di Epatologia
Dottor Pozzoni, partiamo dalla malattia. Cos'è l'epatite C?
L'epatite C è una patologia infiammatoria del fegato, provocata da un virus - HCV - che si trasmette attraverso il contatto con sangue infetto, tipicamente attraverso l'uso iniettivo di materiale contaminato (per esempio siringhe, ma non solo) o, meno facilmente, per trasmissione sessuale o parenterale (di madre in figlio durante la gravidanza). Si tratta di una patologia insidiosa, che molto spesso decorre senza alcun sintomo, potendo tuttavia provocare conseguenze molto pericolose per la salute di chi ne è affetto.

Con complicanze anche gravi?
Sì. Il primo organo a risentirne è senza dubbio il fegato, che nei pazienti con epatite C nel tempo può andare incontro a un processo di progressivo indurimento - noto con il termine "fibrosi" - che porta a comprometterne le normali funzionalità. Quando la fibrosi è particolarmente severa si parla di cirrosi: a quel punto il fegato rischia di non essere più in grado di svolgere le proprie normali funzioni, con conseguenze molto gravi per i pazienti, che rischiano di doversi sottoporre ad un trapianto per potere sopravvivere. Si stima che il rischio di sviluppare cirrosi per un paziente affetto da epatite C sia intorno al 20-30% in 20 anni. Quando si è sviluppata la cirrosi, vi è poi un rischio molto elevato che si sviluppi anche un epatocarcinoma, cioè un tumore maligno del fegato. Questo rischio è particolarmente elevato - intorno a 3-4 casi per 100 pazienti ogni anno - tanto da rendere indispensabile, per chi è affetto da cirrosi, il sottoporsi ad una ecografia addominale ogni 6 mesi per tutta la vita per eventualmente identificare un epatocarcinoma il più precocemente possibile e poterlo così trattare in modo più radicale. Oggi in Italia l'epatite C rappresenta ancora la principale causa sia di cirrosi sia di epatocarcinoma.

Possono essere compromessi anche altri organi?
Questo è meno noto, ma l'infezione cronica da HCV può rendersi responsabile di complicanze cliniche molto gravi anche a carico di organi differenti del fegato, potendo provocare ad esempio l'insorgenza di insufficienza renale, malattie cardiovascolari, alcuni linfomi. Il risultato finale è che i pazienti affetti da epatite C muoiono significativamente di più dei soggetti non affetti, non soltanto per malattie di fegato ma anche per problematiche extra-epatiche.
L'epatite C rappresenta ancora oggi una seria minaccia per la salute globale. Dati dell'OMS stimano che attualmente circa 60 milioni di persone nel mondo ne siano affette, con circa 1.5 milioni di nuove infezioni ogni anno. Si stima inoltre che nel 2019 circa 300 mila persone nel mondo siano morte a causa dell'epatite C, principalmente per cirrosi o epatocarcinoma. Fortunatamente, si è dimostrato che la guarigione dall'epatite C - risultato che oggi può essere ottenuto in modo relativamente agevole nella quasi totalità dei pazienti grazie alla disponibilità di farmaci molto efficaci e molto sicuri - porta a notevoli benefici clinici per i pazienti, risultando in minore mortalità, minori rischi di sviluppare complicanze gravi come l'epatocarcinoma, anche migliore qualità di vita percepita dai pazienti. Ecco perché è fondamentale identificare i pazienti che risultano tuttora affetti da epatite C, spesso senza saperlo, e curarli.

Come viene trattata l'epatite C?
Dal 2014 disponiamo di nuovi farmaci per la cura dell'epatite C, i cosiddetti "Antivirali Diretti (Direct Antiviral Agents, DAA) di seconda generazione", che hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nella cura dell'epatite C. Questi farmaci, somministrati per via esclusivamente orale per un periodo relativamente breve di trattamento (8 o 12 settimane), non solo sono estremamente efficaci, consentendo di eradicare l'infezione in più del 95% dei pazienti trattati, ma sono anche caratterizzati da un profilo di sicurezza e tollerabilità molto elevato, con effetti collaterali molto rari e generalmente molto lievi. Grazie a questi farmaci, in molti Paesi del mondo, soprattutto in quelli con maggiore possibilità di accesso alle cure come l'Italia, molti pazienti con epatite C sono già stati trattati con successo.
Dal 2014 ad oggi in Italia sono stati trattati più di 235 mila pazienti, nella Unità operativa semplice di Epatologia di Lecco nello stesso periodo circa 1.200 pazienti provenienti da tutta la provincia e anche da aree geografiche limitrofe sono stati trattati e guariti dall'infezione. Proprio la disponibilità di cure molto efficaci e molto ben tollerate ha portato l'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2016 a porsi l'obiettivo di eliminare l'epatite C come "problema di salute pubblica" entro l'anno 2030, attraverso la diagnosi di almeno il 90% di tutti i casi di epatite C e il trattamento di almeno l'80% dei casi diagnosticati.
Si calcola che in Italia ci siano ancora 250-300 mila soggetti affetti da epatite C non ancora trattati, pari a circa lo 0.5% della popolazione, anche se tale prevalenza risulta essere probabilmente più elevata in alcune categorie, le cosiddette "key populations" (tossicodipendenti, carcerati, migranti provenienti da Paesi a rischio, sex workers...). Si tratta per lo più di soggetti affetti da forme ancora non severe di malattia, pertanto asintomatici e di conseguenza molto spesso inconsapevoli di essere ammalati. Per potere arrivare ad una diagnosi in questi pazienti si rende quindi indispensabile mettere in atto delle campagne di screening che siano condotte nel maggior numero possibile di soggetti.

E' questa dunque la prospettiva del programma di screening per l'eliminazione di HCV deliberato da Regione Lombardia. Concretamente come funzionerà?

Secondo questo programma, le cui modalità operative si stanno definendo nei dettagli proprio in queste settimane, verrà data la possibilità a tutti i cittadini che afferiranno a un centro prelievi per sottoporsi a regolari esami del sangue, o a tutti coloro che verranno ricoverati in un reparto ospedaliero, o a tutte le cittadine che si sottoporranno allo screening del carcinoma della cervice uterina (il cosiddetto pap test) di sottoporsi gratuitamente a un test di screening, che consentirà loro di sapere se risultano essere affetti o meno dall'epatite C. Questo programma di screening su larga scala sarà inoltre esteso a tutti i soggetti detenuti negli istituti penitenziari e a coloro che, avendo una storia personale di tossicodipendenza, afferiscono ai Servizi per le Dipendenze (SerD). Inizialmente il programma di screening, con eccezione dei detenuti e dei soggetti afferenti ai SerD per i quali non ci saranno limiti anagrafici, sarà con tutta probabilità rivolto a tutti i nati tra il 1969 e il 1989, anche se in realtà già si parla di estenderlo a fasce di età più ampie.

In caso di positività al test di screening la presa in carico del paziente sarà poi "diretta", giusto?
Sì, i soggetti che risulteranno positivi al test di screening, e nei quali si confermerà la presenza di una infezione attiva di HCV, verranno segnalati alla nostra Unità Operativa di Epatologia, identificata come centro di riferimento del programma regionale di eliminazione di HCV per l'ASST di Lecco. A quel punto sarà nostro compito contattare i cittadini risultati positivi e definire con loro un programma di messa in atto di tutti quei procedimenti di diagnosi e stadiazione della malattia (esame clinico, esami di laboratorio di completamento, ecografia dell'addome, elastometria epatica) propedeutici al trattamento dell'infezione, nonché calendarizzare l'avvio del trattamento stesso. I soggetti con Epatite C che risulteranno infetti anche da HIV, invece, verranno indirizzati per la presa in carico all'Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive della ASST di Lecco, diretta dalla Dott.ssa Stefania Piconi.
L'obiettivo sarà pertanto quello di fare in modo che il maggior numero possibile di cittadini affetti da epatite C non solo vengano a conoscenza della propria malattia, ma vengano anche messi in condizione di poterla trattare ed eradicare nel minore tempo possibile, prima che l'infezione possa provocare i danni di cui purtroppo è capace, quando non viene diagnosticata e trattata in tempo. 
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