Lecco: insultò un carabiniere in Tribunale, torna in Aula per rispondere di oltraggio


“Ciccione di merda”. Così si sarebbe rivolta nei confronti di un carabiniere una marocchina di 25 anni. La frase ingiuriosa le è costata l'accusa di oltraggio a pubblico ufficiale (ai sensi dell'art 341 bis del codice penale).
Il processo a carico di Salima Biada, è stato celebrato nella medesima Aula in cui si sarebbe consumato il reato: sì perchè l'8 giugno 2020 la giovane era stata fermata insieme al compagno (suo coetaneo) a Civate ed entrambi erano stati condotti in Tribunale al cospetto del giudice Giulia Barazzetta per la convalida dell'arresto.
Al momento del giudizio direttissimo gli addebiti per entrambi erano di danneggiamento aggravato, violenza e resistenza a Pubblico Ufficiale ed interruzione di pubblico servizio. La sera prima, stando all'impianto accusatorio, avevano infatti creato scompiglio non solo a Civate - dove avrebbero danneggiato alcune auto parcheggiate tra via Coppola e Gilardi - ma anche all'ospedale  Manzoni di Lecco, dove erano stati accompagnati. In evidente stato di alterazione da alcol, si sarebbero scagliati contro il personale medico, infermieri ed anche la guardia giurata in servizio.
La notte brava avrebbe quindi, stando alla nuova contestazione, trovato seguito nelle aule del Palazzo di Giustizia, dove l'arrestata – difesa oggi come allora dall'avvocato Sonia Bova del foro di Lecco - non si sarebbe fatta sfuggire l'occasione di prendere di mira uno degli operanti che l'avevano lì tradotta.
Questa versione è stata di fatti confermata quest'oggi dalla persona offesa, comparsa quest'oggi a testimoniare: “Lei si era appena ritirata per decidere sulla convalida - ha raccontato il carabiniere rivolgendosi alla dott.ssa Barazzetta - ma in Aula c'erano un altro giudice e il pm quando mi ha insultato”. Pare che alla scena abbia infatti assistito l'allora presidente della sezione penale dott. Enrico Manzi, entrato brevemente nella stanza.
Prossima udienza il 24 maggio. Già definito invece il fascicolo madre: per quanto accaduto tra Civate e il ps, la donna ha rimediato a luglio 2020 una condanna a 2 anni e 2 mesi, mentre il compagno ha patteggiato un anno e otto mesi.
F.F.
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