Lecco: meditazione con la compagnia San Giovanni e... il centurione ai piedi della Croce

Una delle immagini proiettate in chiesa
Venerdì sera, nella chiesa parrocchiale di San Giovanni, la compagnia teatrale San Giovanni Lecco 1810 ha proposto una meditazione sulla Passione di Cristo tratta dall’opera di Marco Salvagno “Veramente quest’uomo-la passione di Cristo dagli occhi di un centurione romano”. 

“Che questa meditazione, questa lettura, sia una ricerca vera di una persona viva, una beatificazione spirituale” l’auspicio, in apertura, del parroco don Claudio Maggioni.
“Interverranno diversi personaggi ma non guardiamo alle singole persone, ma osserviamo colui al quale girano attorno tutte, Gesù Nostro Signore”.

E’ stato poi lo stesso Salvagno a introdurre il proprio lavoro. “Veramente quest'uomo era figlio di Dio: come un centurione abbia potuto dire ciò non so spiegarmelo. Come ha fatto un Uomo abbandonato da tutti, picchiato e crocifisso insieme a due ladri ispirare ad un pagano una tale affermazione? Cosa ha visto e capito? Di fronte al dramma della Croce ha visto Dio. Ho immaginato di scrivere questa lettera nel 2005 quando il Santo Padre si era ammalato. La sofferenza di Giovanni Paolo II è l'immagine di Cristo che avanza con la croce, con amore, non giudica nessuno e porta a termine la sua azione. Quando tutto sembra perduto il Padre interviene”.

L’opera di Salvagno si concentra dunque su un’immaginaria lettera scritta dal centurione romano ai piedi della Croce, chiamato con il nome di fantasia Marco Antonio Scipione, a un compagno d’armi lontano: “Ave Lucio Metello, conosci la mia storia e sai bene che ho sempre disprezzato la pietà e la religione, e qualsiasi cosa che c’è di diverso dal potere terreno. In questa regione sconfinata dove sono stato relegato, in cui non mi sono mai ambientato e ho sempre odiato tutto e tutti. Ma mi dirai che non c'è niente di nuovo nelle mie parole. Non conoscevo la pietà e l'amore, ma ho trovato il perdono.
Un tempo mi chiedevo dove fosse il Dio degli ebrei, ero partito scettico e ridevo del loro credo. E continuavo a sentire storie riguardo questo Gesù di Nazareth. Era forse più intelligente di Cicerone, Aristotele, Catone o Cesare? No, mi rispondevo.
Quel giorno Gerusalemme era piena, affollata. Pilato aveva rafforzato la guarnigione della Città. La folla era rumorosa ma serena, nessuna rivolta o insurrezione. Gli occhi di tutti guardavano lontano, un uomo seduto su un asino. Osanna figlio di David, le voci in coro gridavano. Aveva un sorriso carico d'amore. Non avevo mai arretrato davanti al nemico in battaglia, ma il viso di quell'uomo, mi commosse, quel sorriso trapassò gli scudi che avevo dentro e disarmò il mio cuore.
Il giorno seguente venni mandato presso le carceri ad interrogare Barabba, un criminale efferato noto agli israeliti. Si stava inoltre avvicinando la Pasqua. Venne giovedì, proprio nel giorno dedicato a Giove, mi accorsi di non essermi  mai interessato al nostro Dio. Rispecchia tutte quelle persone piene di potere, fama e gloria, che io non avevo mai avuto. Giove non aveva bisogno di me.
Proprio quella sera c'erano stati dei tumulti e quel Gesù, tradito da un compagno, era stato catturato. Non ero al processo del nazareno. Ma il pomeriggio, fuori dalla casa del governatore assistetti alla liberazione di Barabba e alla condanna del Nazareno.
Era una maschera di sangue. I miei uomini lo avevano massacrato. Pilato mi disse di condurlo alla croce, sembrava una pecora muta di fronte ai suoi tosatori, non si dimenava, non faceva  resistenza e non malediceva nessuno, neanche la folla che poco prima lo aveva tradito. Si avviò in silenzio verso una morte sicura. Non sapevo neanche quale fosse la sua colpa. Cadde tre volte a terra. Arrivati sul luogo detto Cranio, Golgota, inchiodammo Gesù sulla croce. Cosa aveva fatto quell’uomo. Forse questo Dio era diverso, aveva fiducia in noi e ci dava un'altra possibilità, ci offriva l’amore. Gesù morì. Caddi a terra e con gli occhi pieni di lacrime gridai: “Davvero Tu sei il figlio di Dio”. Ormai non mi sento più uno straniero in questa terra, sento questo popolo fratello e amico, parte del mio essere e della mia storia. Credo in questo Gesù e che sia tornato alla vita. Io ho creduto alla notizia della sua resurrezione. Dio è amore e il segno più grande è suo figlio”.

Terminata la meditazione, interpretata dalla compagnia teatrale, don Claudio ha preso la parola: “Concludiamo la serata con questo scrosciante silenzio. Ringrazio i presenti e chi ci ha dato questa occasione. Nelle parole del centurione, che ha riscoperto l'amore stando vicino a Gesù, poniamo una pietra miliare per il cammino della nostra fede. Buona serata e buona settimana autentica”.
F.R.
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