Calolzio, crac Trafilerie: il PM chiede tre anni per i due sindaci a processo
Qualora dovesse passare la linea della pubblica accusa e il collegio giudicante – presidente Nora Lisa Passoni, a latere Martina Beggio e Gianluca Piantadosi - dovesse confermare la pena proposta dal PM, i due professionisti pagherebbero il conto più alto, dopo i patteggiamenti, in udienza preliminare, dei vertici della storica impresa calolziese e dunque dell'ex ministro Michela Vittoria Brambilla ritenuta dagli inquirenti dell'amministratrice di fatto della società di famiglia, fallita con passivo accertato di 55 milioni di euro (un anno e 4 mesi) ed del padre Vittorio Brambilla (un anno e 6 mesi) nonché di Alessandro Valsecchi e di Nicola Vaccani, rispettivamente cugino e cognato della "rossa", indagati quali amministratore delegato e liquidatore delle Trafilerie (2 anni ciascuno).
Ha optato, in separata sede, poi, per l'applicazione pena anche la dottoressa Aida Tia (un anno e 6 mesi), terzo componente di un collegio sindacale a cui la Procura lecchese ha imputato l'omesso controllo su due operazioni (la supposta sopravvalutazione di un capannone nell'ambito della compravendita dall'immobiliare Brava e l'emissione di circa 280 fatture “sospette” in quanto doppie o stornate dopo essere state portate all'anticipo bancario) – ritenute dolose – che avrebbero concorso a aggravare il dissesto dell'impresa, incidendo – come ricordato quest'oggi dalla dottoressa Angeleri – per 20-25 milioni di euro sul totale del passivo. Il pm non parrebbe avere dubbi circa la finalità di tale “esasperato ricorso al credito”: occultare le perdite, proseguendo l'attività senza introdurre i necessari correttivi. Finalità a cui, con il loro comportamento omissivo e nell'inadempimento dei doveri di controllo, a suo giudizio, i due imputati rimasti a giudizio avrebbero compiutamente concorso, dando dunque prova di dolosa partecipazione.
Di diverso avviso, l'avvocato Mittone che nella propria arringa ha indirettamente ripercorso le spontanee dichiarazioni rese del dottor Mario Ercole. Il commercialista, prendendo la parola dinnanzi al collegio, circa la questione delle contestazioni mosse dalla Procura per la vicenda della supposta sopravvalutazione degli immobili in capo alle Trafilerie, aveva sostenuto di aver preso visione delle perizie di professionisti presentati come validi, non dubitando dunque delle loro stime. Quanto al nodo delle fatture “anomale” aveva ricordato come il collegio sindacale facesse verifiche a campione, non riscontrando problemi nelle pezze giustificative attenzionate.
Lecita e consentita, secondo il difensore, quest'ultima pratica, in considerazione anche del volume d'affari della Trafileria, non ritenendo dunque di poter addossare responsabilità in capo al sindaci per non aver “pescato” dal malloppo proprio le – a suo avviso – poche fatture oggetto dell'imputazione.
Quanto al capannone, la toga torinese, dopo aver sottolineato come ai suoi clienti non sia contestata la sopravvalutazione in sé, ha parlato di “oscillazioni da brividi” riscontrate nelle diverse stime, operate anche in tempi non sospetti, ritenendo che i signori Ercole, in quanto non immobiliaristi, abbiano solo preso atto del valore indicato dal cda, “non così lontano” da quello poi ricalcolato dalla Procura.
Chiesta dunque l'assoluzione per entrambi e, in caso di accertamento di responsabilità in capo ai sindaci, l'esclusione del figlio basata sulle parole del padre che, intervenuto al processo solo tramite una missiva indirizzata ai giudici, ha voluto rimarcare come fosse lui a gestire concretamente il cliente Trafilerie, trascinando nelle proprie decisioni il "ragazzo".
La sentenza è attesa per il prossimo 7 luglio.
A.M.