Nemmeno il difensore si è spinto a chiedere l'assoluzione, insistendo giusto per il minimo della pena e i benefici di legge, qualora concedibili. Del resto lo stesso imputato, rendendo esame, ha pacificamente ammesso le proprie responsabilità in ordine alle “nuove” contestazioni per cui quest'oggi si è trovato a giudizio al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio. Già condannato a 6 anni e mezzo di reclusione per i reati di tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale, Abellatif Zamoune, 40enne originario di Casablanca, si è trovato nella tarda mattinata odierna a ripercorrere in un'Aula di Tribunale quanto avvenuto nella notte a cavallo tra il 22 e il 23 febbraio 2020 quando al volante senza patente della vettura di un'amica si è reso protagonista di una lunga fuga, culminata con il suo ricovero in ospedale, in stato di fermo, con una ferita d'arma da fuoco ad un gluteo. La vicenda è sempre la stessa dell'altra – importante – pena irrogata nei suoi confronti, non ancora passata in giudicato essendo pendente il ricorso per Cassazione, dopo la conferma in Appello. Guida sotto l'effetto di alcool e sostanze stupefacenti le ulteriori ipotesi di reato ascritte al magrebino, oggi difeso dall'avvocato Sonia Bova. Come ha raccontato egli stesso al giudice, dopo aver passato la serata con un'amica a Barzago, sarebbe stato raggiunto da un cittadino straniero - Raul Stalyn Berreto Pozo, ecuadoriano – che, rimasto a secco di benzina, gli avrebbe strappato un passaggio, chiedendogli di mettersi lui alla guida. Una richiesta assecondata pur avendo consumato poco prima “una striscia” di cocaina accompagnata da un paio di birrette e qualche cicchetto di grappa. Partiti in direzione Dolzago i due sarebbero stati poco dopo palettati da una pattuglia, dandosi a precipitosa fuga passando per Oggiono per poi salire a Galbiate e scendere a Pescate dove nel frattempo era stato preparato un posto di blocco. “Il maresciallo Arrigoni ha sparato” ha ricordato l'imputato, arrivando a quello che è stato il nodo dell'altro processo che già lo ha visto condannato, con la divisa costituita parte civile per le ferite riportate dopo che Zamoune, per sottrarsi al fermo, avrebbe premuto l'acceleratore per dileguarsi rischiando di investire il carabiniere. “Sono stato fermato quanto ormai ero sotto casa” ha detto, citando l'arresto operato a Germanedo.
Su precisa domanda del difensore, l'uomo ha sottolineato di aver bevuto e fatto uso di cocaina prima di sapere di doversi mettere al volante. Un dettaglio ininfluente secondo il viceprocuratore onorario Caterina Scarselli che, nel rassegnare le proprie conclusioni, ha sottolineato come il marocchino avrebbe dovuto rifiutarsi di guidare, evidenziando altresì la pericolosità della condotta tenuta. Da qui la nuova richiesta di condanna a un anno e tre mesi.
Ha chiesto soltanto di giudicare il suo assistito epurando gli aspetti già affrontanti nell'altro processo, l'avvocato Bova sottolineando la genuinità delle dichiarazioni rese quest'oggi dal 40enne e i suoi acclarati problemi di dipendenza dall'alcool e dalla droga, ora affrontati frequentando – dal carcere, dove si trova detenuto ormai da tempo – il SerT, in attesa di prendere anche contatti con una comunità. Il 4 maggio la decisione del giudice.
A.M.