Una foto scattata al pronto soccorso del Manzoni
il giorno seguente al danneggiamento del vetro
Di tre accuse ha retto una sola. Ma la pena finale irrogata dal giudice è stata comunque di poco superiore rispetto alla proposta di condanna avanzata dal viceprocuratore onorario Caterina Scarselli che riteneva provata la penale responsabilità dell'uomo in relazione a tutte le ipotesi di reato a lui ascritte. Giovanni R., classe 1976, attualmente detenuto a San Vittore per altra causa, è stato quest'oggi condannato a ulteriori dieci mesi per aver mandato in frantumi un vetro del “gabbiotto” del posto di polizia interno al Pronto Soccorso dell'Ospedale Manzoni di Lecco. Il fatto risale alla notte a cavallo tra il 17 e il 18 gennaio 2020. Pur conscio di come tale comportamento non fosse tollerato, l'uomo, originario della Liguria e in quel periodo da poco tornato in libertà dopo un periodo di carcerazione, aveva trovato riparo nella sala d'attesa del nosocomio di via dell'Eremo, attirando però l'attenzione di una delle guardie in servizio in quanto “scomposto” e in parte “discinto”. Il vigilante lo avrebbe dunque svegliato e invitato a ricomporsi. Complici forse anche le pasticche ingerite prima di coricarsi – come ammesso dallo stesso senzatetto rendendo oggi esame in collegamento dal penitenziario milanese – avrebbe reato in maniera violenza, sfogandosi poi tirando un pugno al vetro, andato in pezzi. Danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale le contestazioni mosse a suo carico.
Oggi il ligure rispondeva poi anche di molestie, per altro episodio, portato all'attenzione dello stesso giudice. Appena scarcerato, infatti, non avendo residenza, si sarebbe presentato a casa dei genitori, attaccandosi al campanello per farsi aprire, suonando poi anche ad altri condomini costretti così a passare un notte insonne.
Otto mesi la pena finale calcolata dal PM. Il giudice Paolo Salvatore ha invece assolto Giovanni R. dall'accusa di molestia, giustificando la sua insistenza con la necessità di ripararsi dal freddo. Quanto alla resistenza, previa riqualificazione, ha sentenziato il non doversi procedere per difetto di querela, dopo aver escluso che l'agito aggressivo messo in atto dall'imputato avesse quale intenzione il sottrarsi all'invito della guardia a ricomporsi.
Non in dubbio, perché ammesso anche dallo stesso 46enne, invece, il danneggiamento, avvenuto sotto gli occhi anche di altri testimoni. Dieci mesi la pena irrogata.
A.M.