Lecco: violento pestaggio fuori dalle Meridiane, tre stranieri a processo


Quel che è emerso con certezza è che un 20enne quella sera è stato brutalmente picchiato. Da chi e per quali ragioni non è ancora chiaro.
È durata sei ore l’udienza odierna al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco  - composto dal giudice Martina Beggio quale presidente, a latere i colleghi Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - chiamato a decidere di un procedimento penale incardinatosi nei confronti di tre giovani - nello specifico due fratelli classe 2000 e 2002 nati in Italia e con origini tunisine (difesi dall’avvocato Sonia Bova, oggi sostituita dalla collega Tania De Fazio) e di un 23enne marocchino, assistito dall’avvocato Pietro Monti - accusati a vario titolo di rapina, lesioni aggravate e violenza privata per alcuni fatti avvenuti la sera del 20 febbraio 2021 presso Le Meridiane.
I contorni della vicenda sono al momento ancora nebulosi, tanto da aver spinto il sostituto procuratore Andrea Figoni a chiedere al collegio di effettuare un confronto tra alcuni testimoni per chiarire alcune circostanze riferite quest’oggi durante le loro deposizioni.
Quella sera, secondo quanto dichiarato dalla persona offesa - anch’egli un cittadino africano, classe 2002, accompagnato dal personale della casa circondariale di Como, dove si trova detenuto per altra causa - dopo essere arrivato da un giro a Padova con la madre, mentre aspettava che suo padre venisse a prenderli in stazione per riportarli a casa a Molteno, attorno alle 21.30 si sarebbe recato nel parcheggio al terzo piano del centro Le Meridiane, dove avrebbe visto l’imputato classe 2000 tirare uno schiaffo ad un coetaneo. Intervenuto per difendere la presunta vittima, sarebbe stato a sua volta aggredito con calci e pugni per prima dal fratello più grande e poi successivamente da quello più piccolo, raggiunti poi da un gruppo di altri magrebini non ben identificati. Durante il pestaggio, circondato da una decina di persone, il 20enne sarebbe stato malmenato anche con una bottiglia di vetro che gli avrebbe provocato una ferita al volto e inoltre gli sarebbe stato sfilato il portafoglio con custoditi al suo interno 100 euro.
Ha ritrattato invece sul ruolo svolto dall’imputato difeso dall’avvocato Monti, affermando - a differenza di quanto riferito ai Carabinieri - che il 23enne sarebbe stato l’unico a proteggerlo mentre si trovava a terra, mettendosi sopra di lui a mo’ di difesa.“Al momento ero talmente confuso che ho pensato lui stesse prendendo parte all’aggressione” ha dichiarato il giovane al pubblico ministero. “Per questo ho detto ai Carabinieri che anche lui era coinvolto. Poi mi è stato spiegato che invece voleva difendermi”. Dopo l’intervento delle forze dell’ordine e del trasporto in ospedale, il giovane il giorno successivo sarebbe tornato sul luogo dell’aggressione, rinvenendo solamente i propri documenti che erano custoditi dentro al portafoglio (quest’ultimo non più ritrovato). Qualche giorno dopo, sempre alle Meridiane ma nei pressi del fast food, il ragazzo sarebbe stato raggiunto da uno dei due fratelli che si sarebbe avvicinato per parlargli; allertate le forze dell’ordine da parte di un amico, al loro arrivo l’imputato sarebbe scappato. Si sarebbero rivisti successivamente nei dintorni della stazione ferroviaria il 22 di aprile: “anche in quell’occasione erano in tanti, circa 7, tra cui uno dei fratelli. Mi hanno minacciato e mi davano del traditore perché ero andato a denunciare e per questo motivo uno di loro era finito in carcere” ha riferito la persona offesa, alludendo al giovane classe 2000, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per questa vicenda, a differenza del fratello classe 2002 cui era stata applicato l’obbligo di dimora, “così mi ha accompagnato in caserma per farmi ritirare la denuncia e liberare il fratello. Ma non l’ho fatto perché ho parlato con un carabiniere da solo, senza qualcuno che mi facesse dire cose che non volevo dire”.
Ben diverse le versioni fornite dai due fratelli a giudizio. Il 20enne sarebbe stato in una condizione alterata dovuta probabilmente all’alcol, ad aggredirlo non sarebbero stati loro ma un gruppo di altri cittadini nordafricani, presenti in grande quantità quella sera al parcheggio, più grandi di loro e di cui sanno solamente i nomi di battesimo e che nessuno di loro due avrebbe sottratto i 100 euro. L’imputato 22enne infatti ha riferito che la persona offesa, infastidendo i presenti, si sarebbe avvicinato a lui puntandogli in fronte un proiettile (il cui possesso, come riferito dallo stesso 20enne nel corso della sua audizione, sarebbe da imputare allo stage effettuato presso un’azienda che produce munizioni) e nel tentativo di allontanarlo da sé l’avrebbe spinto, provocando in lui una reazione tanto da finire entrambi a terra, per essere sollevato dal fratello minore e a quel punto sarebbero intervenuti gli altri ragazzi nordafricani che si sarebbero scagliati sul 20enne.
Infine sono stati ascoltati altri tre testimoni chiamati dall’avvocato De Fazio a riferire su quanto avvenuto quella sera poiché avrebbero assistito all’aggressione: tutti e tre hanno affermato in modo convinto che il 20enne sarebbe stato picchiato da questo gruppo di nordafricani non ben individuati. La dinamica descritta in particolare da due di loro - a differenza del terzo, che avrebbe visto la scena da lontano in quanto si trovava in compagnia della sua ragazza - è stata parecchio discordante, sebbene entrambi abbiano dichiarato di aver assistito ai fatti a distanza piuttosto ravvicinata. Per questo motivo, al termine dell’udienza, il Pm Figoni ha chiesto al collegio di poter effettuare un confronto tra la persona offesa e gli ultimi due testimoni sfilati in aula quest’oggi per poter valutare anche un’eventuale trasmissione degli atti alla Procura per falsa testimonianza; con questa prova il sostituto procuratore vorrebbe precisare l’origine della lite, le modalità con cui essa si sia sviluppata e l’esatta posizione dei soggetti coinvolti nei momenti in cui si sono svolti i fatti. Su questa richiesta il tribunale si è riservato di decidere, rinviando il processo al prossimo 30 maggio per l’audizione dei due testimoni residui e l’eventuale confronto. Si pronuncerà invece nei prossimi cinque giorni in merito alla richiesta avanzata dall’avvocato De Fazio per la sostituzione della misura cautelare del carcere disposta nei confronti del suo assistito con una misura più favorevole quale gli arresti domiciliari o l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; il tribunale infatti ha concesso al Pm un termine per poter interloquire con la difesa, fissato al prossimo 30 marzo, e dopo di che deciderà.
B.F.
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