Bellano: tra giornalismo e storie d’Italia, Carlo Verdelli dialoga con Armando Besio

“Perché il viandante sul mare di nebbia di Friedrich?”. È stata questa la prima domanda che Armando Besio, curatore della rassegna “Il Bello dell’Orrido”, ha posto a Carlo Verdelli nel dialogo tenutosi la sera del 26 marzo presso il cinema di Bellano. “Ho quell’immagine come profilo di WhatsApp perché rappresenta un uomo piccolo di fronte alla forza della natura. Così io immagino il giornalista: piccolo di fronte ad una storia infinitamente più grande di lui. L’unica cosa che il giornalista può fare è provare a capire il senso di quella storia per poi restituirlo ai lettori nella maniera più convincente possibile” è stata la risposta con la quale il direttore di Oggi ha ammutolito del tutto la sala. Capire il senso della storia e restituirlo ai lettori secondo la propria prospettiva.

“Lamberto Sechi diceva: i fatti separati dalle opinioni. Io non penso affatto che si possano disgiungere i fatti dall’interpretazione che se ne dà. Essere partigiani vuol dire ammettere questo. Oltre ad una lealtà ribadita sempre, nel mio caso fino alle estreme conseguenze, ad alcuni dei valori fondanti della nostra democrazia” ha sottolineato l’ex direttore, tra gli altri, di Repubblica, sollecitato da Armando Besio sulla conclusione del suo articolo di congedo dai lettori del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari “Partigiani si nasce. E non si smette di esserlo”.  Un’esperienza, quella del licenziamento in tronco da Repubblica subito dopo l’ultimo cambio di proprietà, che tocca ancora molto da vicino Carlo Verdelli. “Nel momento in cui io arrivo, uno dei problemi di Repubblica è la presenza di un governo, quello Lega – M5S, che, per sua costituzione, sta nella metà campo opposta a quella in cui nel 1976 Eugenio Scalfari ha piantato il quotidiano” ha raccontato il direttore con parole che acquisivano man mano sempre più energia. “In quel momento io ritenevo bisognasse alzare il volume, perché il governo lo aveva aumentato. Nel primo editoriale Scalfari disse chiaramente che quel giornale era fatto da persone di sinistra che credono nei valori della sinistra. Quello è il DNA di Repubblica e se la dirigi a quello ti devi attenere”. Ad un certo punto, però, i figli di De Benedetti vendono alla Exor di Elkann. “So perfettamente che chi si compra un gruppo editoriale ha tutto il diritto di mettere alla guida della sua testata più importante le persone che preferisce” ha sottolineato Carlo Verdelli. Ma c’è un altro lato della storia e le parole dell’ex direttore anche di Vanity Fair si sono fatte improvvisamente più pesanti. “Da gennaio 2020 avevo cominciato a ricevere minacce sempre più violente, tanto che lo Stato mi ha assegnato la scorta il 1° marzo 2020. Ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi hanno tenuto sotto controllo in questi ultimi due anni. Quelle minacce culminano con due avvisi di morte arrivati il 23 aprile 2020. Quel giorno, la FNSI e altre associazioni come Articolo 21 organizzano un tweet storm per sostenermi, tutto l’arco parlamentare esprime solidarietà. Quel giorno vengo licenziato senza motivazione dal nuovo editore di Repubblica. Una decisione che, per quanto legittima, forse poteva essere concretizzata con tempi diversi”. Infine la chiosa: “Credo che il 23 aprile 2020 sia l’inizio di una storia di cui fanno parte anche le ultime vicende relative alla vendita dell’Espresso”.

Nella sua carriera, Carlo Verdelli è stato anche il direttore della Gazzetta dello Sport, conseguendo il primato assoluto di vendite per un quotidiano il 10 luglio 2006, e primo direttore editoriale per l’offerta informativa nella storia della RAI, esperienza poi sfociata nel libro intitolato “Roma non perdona. Come la politica si è ripresa la RAI”, edito da Feltrinelli. “In collaborazione con il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, avevo il mandato di portare la RAI nel mondo digitale e liberarla dalle pastoie della politica. Si è provato a cambiare, nell’interesse dei cittadini. Ad un certo punto la politica ha riallungato la presa e, quando ho capito che non c’era più la possibilità di portare avanti questo lavoro che consideravo indispensabile, mi sono dimesso” ha raccontato Carlo Verdelli.

Si è arrivati quindi all’ultimo libro, intitolato “Acido – Cronache italiane anche brutali” ed edito da Feltrinelli. “Perché hai scelto Acido come titolo?” ha chiesto Armando Besio. “Ho scelto Acido pensando alla storia della coppia dell’Acido di Milano, una vicenda folle che dà il senso di questi tempi. Ma ho optato per questo titolo anche perché descrive il mio modo di intendere il lavoro di giornalista: io sono per un giornalismo acido, brutale, che non vuol dire aggressivo”.
Ma cosa racconta questo libro? È un’horror? Un mattone sociologico? “Questo libro è una specie di storia del nostro paese. Un puzzle di circa 40 pezzi che dipinge un’idea dell’Italia degli ultimi 40 anni. Non è un libro di storia ma un libro di Storie”.
Tra la vicenda di uno stupratore di Milano e il capitolo intitolato “bambino salmone”, una parte del libro è dedicata alla storia di Alex Zanardi, “impegnato nella scalata di un secondo Everest, qualcosa che mette dura prova la nostra idea della capacità di resistenza di un essere umano” secondo l’ex direttore anche del settimanale Sette.
Il silenzio nel cinema era totale. L’emozione aveva raggiunto il suo culmine. “Anche nella storia di Alex Zanardi c’è qualcosa che va al di là della mistica dell’eroe. C’è un grandissimo amore dietro, quello della moglie Daniela” ha spiegato Carlo Verdelli. “Quando sbatte contro il Tir in Valdichiana la moglie gli si butta addosso e urlandogli “Stai qua” lo tiene vivo. Dopo aver diagnosticato un fracasso facciale, i primi medici che visitano Zanardi chiedono a Daniela cosa devono fare. Daniela chiede “si salva o no?”. Loro dicono “salvarlo sì”. E lei “Allora salvatelo””. Applausi.
“Di Cairo mi ha convinto la passione e la voglia di investire, in un contesto in cui l’editoria italiana non attraversa un momento positivo e tutti guardano solo i conti” ha raccontato l’attuale direttore di Oggi. Infine. uno commento sull’informazione in tempi di Covid e guerra: “Di fronte a queste sfide l’informazione deve mettere insieme una serie di fatti, verificandoli il più possibile, e presentarli come tali, non come la verità. Partendo da alcuni principi di base: trasparenza e onestà. Bisogna aver del coraggio, prendere delle posizioni chiare, dichiararle e difenderle. Quando c’è in mezzo alcuni diritti fondamentali, come il diritto alla salute, le chiacchiere stanno a zero”. Di nuovo applausi.
L’incontro era terminato. Mentre il direttore Verdelli firmava autografi gli spettatori hanno lasciato la sala. Citando un altro pezzo di storia del giornalismo come Edward R.Murrow “Good night, and Good Luck”.
Andrea Besati
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.