Doveva essere una guerra lampo, ma la realtà è più complessa della Doxa
Commentatori, tecnici, strateghi, generali e i personaggi che in modo stabile e permanente scaldano le sedie/poltrone dello scatolone televisivo di alta definizione prefiguravano in prima battuta una guerra lampo, che si sarebbe risolta nell'arco di una decina di giorni a favore dell'invasore. Le previsioni hanno sbagliato completamente il bersaglio: la realtà è più complessa della doxa.
Basta soffermarsi agli ultimi decenni partendo dall'11settembre 2001, senza scomodare la storiografia riguardante le cause e della seconda guerra mondiale: Iraq, Iran, Jugoslavia, Siria, Yemen, Afghanistan, Burkina Faso (scontri tra etnici), Egitto (guerra contro militanti islamici ramo Stato Islamico), Libia (guerra civile in corso), Mali (scontri tra esercito e gruppi ribelli), Mozambico (scontri con ribelli Renamo), Nigeria (guerra contro i militanti islamici), Repubblica Centrafricana (spesso avvengono scontri armati tra musulmani e cristiani), Repubblica Democratica del Congo (guerra contro i gruppi ribelli), Somalia (guerra contro i militanti islamici di al-Shabaab), Sudan (guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur), Sud Sudan (scontri con gruppi ribelli) e altri ancora.
Per noi europei e occidentali la guerra in corso tra Russia/Ucraina ci tocca da vicino, ci mette in allarme anche per la presenza di armi nucleari distribuite nei vari territori europei. La situazione è esplosiva per definizione.
Con l'11 settembre 2001 il pensiero dominante della globalizzazione entra in declino: nascono e prendono forma i localismi nazionalistici, i limes, i territori e i confini sono rimarcati. La globalizzazione dei flussi, dei popoli, della cultura, delle religioni dentro i relativi territori statuali autarchici e non solo è percepita come intrusiva. Anche se il modello capitalistico, inteso come mercato/moneta/finanza è condiviso da tutti, inizia un processo di depotenziamento. La mitologia che il modello capitalistico non potesse estendersi all'interno dei regimi come la Cina, la Russia è crollata. La connessione dei vari mercati ha potenziato lo scambio delle merci e attenuato i confini.
Secondo i fautori del mercato globalizzato il libero scambio delle merci avrebbe dovuto favorire non solo una pace economica e sociale ma anche quella politica. Ma così non è stato.
Quello che sta succedendo tra Russia/Ucraina è il capovolgimento di questi paradigmi riguardanti la democrazia globalizzata dei mercati. La guerra in atto coinvolge l'appartenenza, l'identità, la sacralità, la religione. Non è un caso il conflitto scismatico nella chiesa ortodossa tra quella di Kiev e quella di Mosca: questa è una dimensione sociale importante. Negli ultimi anni, di questo inizio di secolo, gli scontri in terra d'occidente sono avvenuti per questioni di questa natura. Mai dimenticare l'11 settembre 2001.
Tutto questo sta determinando una guerra simmetrica che tende ad alzare il tiro. In guerra la logica che si sviluppa è circolare e trasforma l'aggressore in aggredito e l'aggredito in aggressore. E' una logica distruttiva che si trasforma un'aspirale di morte e di distruzione. Sciogliere il bandolo della matassa è complesso. E' indispensabile un mediatore di pace che svolga una funzione tra le parti. Solo una politica di mediazione tra le parti svolta da un soggetto terzo può permettere una soluzione, In questo momento le parti in causa sono in uno stato paranoideo e tutto questo produce distruzione e morte per tutti.