Calolzio: aggressione 'razziale', i quattro imputati si difendono
''Non siamo razzisti''. Hanno voluto rimarcare questo concetto i fratelli Carmine e Roberto Sirianni, calolziesi classe 1977 e 1979 finiti a processo per una serie di contestazioni mosse nei loro confronti a seguito di un'accesa lite avvenuta nel novembre 2019 alle porte della stazione ferroviaria della città.
Stamani al cospetto del tribunale riunitosi in composizione collegiale, i due hanno reso spontanee dichiarazioni, ridimensionando l'entità dell'episodio che li ha trascinati a processo insieme ad altri due soggetti.
Fra loro anche Marco Caremi, classe 1987, all'epoca dei fatti dipendente di un bar situato a pochi passi dallo scalo ferroviario calolziese dove si era appunto consumato l'episodio. Difeso di fiducia dall'avvocato Christian Malighetti, l'imputato si è sottoposto ad esame, riferendo i contorni della vicenda giudiziaria al collegio composto dal presidente Paolo Salvatore con a latere i colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi.
''Era una domenica pomeriggio e stavo lavorando'' ha detto, ricordando che intorno alle ore 15, si trovava all'esterno dell'esercizio, intento a scambiare qualche parola con uno dei Sirianni che, insieme ad altre persone, stava consumando un aperitivo. Ad un certo punto sarebbe sopraggiunto un uomo di colore che di fronte alla sua richiesta di attendere qualche minuto, lo avrebbe insultato, sollecitandolo ad entrare all'interno del bar poichè era di fretta e non aveva tempo da perdere.
Poche parole, condite da qualche insulto, che avrebbero fatto scattare la reazione di un altro imputato, il 42enne Demis Bolis. Quest'ultimo non aveva per nulla gradito il tono utilizzato dal cliente, tanto da farglielo espressamente notare. A quel punto, una parola tira l'altra...con un parapiglia nato fra i due, e Carmine Sirianni che si sarebbe messo in mezzo nel tentativo di sedare la lite. Al contrario i toni non si erano affatto placati, con il barista rientrato nel locale per portare avanti il proprio lavoro e il gruppo di contendenti spostatisi un po' più in là, proseguendo nella loro discussione. ''Li ho persi di vista perchè dall'interno non avevo la visuale aperta verso la zona in cui nel frattempo si erano portati, in corrispondenza di un altro locale'' ha aggiunto Caremi, ricordando poi l'arrivo dei carabinieri che avevano chiesto le generalità di tutti i coinvolti.
Nel frattempo infatti, oltre a Carmine Sirianni, al fratello Roberto, a Demis Bolis e al cliente di origini africane, si erano aggiunti altri due soggetti stranieri.
A precise domande formulate dai legali della difesa e di parte civile, il giovane barista ha detto di non ricordare - per quel che aveva potuto osservare, essendo impegnato nel lavoro al bar - offese rivolte ai militari, nè insulti razziali, ma unicamente qualche protesta rispetto ad un atteggiamento ritenuto eccessivamente di difesa nei confronti dei contendenti stranieri. A detta dell'imputato inoltre, i fratelli Sirianni non erano ubriachi. ''Ho visto solo degli spintoni. Non pugni nè altre aggressioni'' ha aggiunto.
Concluso l'esame del 35enne, spazio alle spontanee dichiarazioni rese dai due calolziesi (difesi dall'avvocato meratese Letizia Semeraro) che uno dopo l'altro avrebbero allontanato le accuse di razzismo contestate loro nel capo di imputazione.
''Se quel giorno è stato detto qualcosa, è soltanto per la tensione del momento. Non mi sento razzista per nulla e sono pronto a dare una stretta di mano'' ha detto Carmine, riferendo di avere parecchie conoscenze fra persone del territorio di origini straniere, con alcune delle quali si reca sovente a bere il caffè. Il fratello Roberto ha aggiunto invece di collaborare - sul lavoro - con colleghi non italiani e di sostenere da tempo, un'adozione a distanza.
Stamani al cospetto del tribunale riunitosi in composizione collegiale, i due hanno reso spontanee dichiarazioni, ridimensionando l'entità dell'episodio che li ha trascinati a processo insieme ad altri due soggetti.
Fra loro anche Marco Caremi, classe 1987, all'epoca dei fatti dipendente di un bar situato a pochi passi dallo scalo ferroviario calolziese dove si era appunto consumato l'episodio. Difeso di fiducia dall'avvocato Christian Malighetti, l'imputato si è sottoposto ad esame, riferendo i contorni della vicenda giudiziaria al collegio composto dal presidente Paolo Salvatore con a latere i colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi.
''Era una domenica pomeriggio e stavo lavorando'' ha detto, ricordando che intorno alle ore 15, si trovava all'esterno dell'esercizio, intento a scambiare qualche parola con uno dei Sirianni che, insieme ad altre persone, stava consumando un aperitivo. Ad un certo punto sarebbe sopraggiunto un uomo di colore che di fronte alla sua richiesta di attendere qualche minuto, lo avrebbe insultato, sollecitandolo ad entrare all'interno del bar poichè era di fretta e non aveva tempo da perdere.
Poche parole, condite da qualche insulto, che avrebbero fatto scattare la reazione di un altro imputato, il 42enne Demis Bolis. Quest'ultimo non aveva per nulla gradito il tono utilizzato dal cliente, tanto da farglielo espressamente notare. A quel punto, una parola tira l'altra...con un parapiglia nato fra i due, e Carmine Sirianni che si sarebbe messo in mezzo nel tentativo di sedare la lite. Al contrario i toni non si erano affatto placati, con il barista rientrato nel locale per portare avanti il proprio lavoro e il gruppo di contendenti spostatisi un po' più in là, proseguendo nella loro discussione. ''Li ho persi di vista perchè dall'interno non avevo la visuale aperta verso la zona in cui nel frattempo si erano portati, in corrispondenza di un altro locale'' ha aggiunto Caremi, ricordando poi l'arrivo dei carabinieri che avevano chiesto le generalità di tutti i coinvolti.
Nel frattempo infatti, oltre a Carmine Sirianni, al fratello Roberto, a Demis Bolis e al cliente di origini africane, si erano aggiunti altri due soggetti stranieri.
A precise domande formulate dai legali della difesa e di parte civile, il giovane barista ha detto di non ricordare - per quel che aveva potuto osservare, essendo impegnato nel lavoro al bar - offese rivolte ai militari, nè insulti razziali, ma unicamente qualche protesta rispetto ad un atteggiamento ritenuto eccessivamente di difesa nei confronti dei contendenti stranieri. A detta dell'imputato inoltre, i fratelli Sirianni non erano ubriachi. ''Ho visto solo degli spintoni. Non pugni nè altre aggressioni'' ha aggiunto.
Concluso l'esame del 35enne, spazio alle spontanee dichiarazioni rese dai due calolziesi (difesi dall'avvocato meratese Letizia Semeraro) che uno dopo l'altro avrebbero allontanato le accuse di razzismo contestate loro nel capo di imputazione.
''Se quel giorno è stato detto qualcosa, è soltanto per la tensione del momento. Non mi sento razzista per nulla e sono pronto a dare una stretta di mano'' ha detto Carmine, riferendo di avere parecchie conoscenze fra persone del territorio di origini straniere, con alcune delle quali si reca sovente a bere il caffè. Il fratello Roberto ha aggiunto invece di collaborare - sul lavoro - con colleghi non italiani e di sostenere da tempo, un'adozione a distanza.
Si torna in aula il prossimo 12 maggio per il prosieguo dell'istruttoria dibattimentale. Stamani non si è infatti presentato il teste citato dalle difese Sirianni e Caremi all'audizione del quale è condizionata la richiesta di rito abbreviato, mentre co-imputato Bolis - difeso dall'avvocato Maurizio Lanfranchi - ha scelto la strada di un abbreviato secco.
I quattro devono rispondere (a vario titolo) di minaccia aggravata dall’odio razziale, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale e lesioni aggravate secondo il quadro accusatorio sostenuto dalla Procura, quest'oggi rappresentata dal pubblico ministero Chiara Di Francesco.
Si sono invece costituiti parte civile - tramite gli avvocati Caterina Busellu (in sostituzione di Roberto Mulargia) e Flavio Natali - i due carabinieri intervenuti per sedare la lite e il cittadino di origine africana coinvolto nella lite.
G.C.