Valsassina: 'funghetti' in camera, 27enne è assolto
È emerso tutto l’amore di una mamma nei confronti di suo figlio questa mattina in Tribunale a Lecco, al cospetto del giudice Giulia Barazzetta chiamata a pronunciarsi su un fascicolo apertosi nei confronti di un 27enne della Valsassina accusato di spaccio di stupefacenti, seppur nell’ipotesi più lieve.
La storia del giovane, difeso dall’avvocato Elena Ammannato del foro di Lecco, è stata proprio descritta dalla madre, che ha raccontato come il figlio avesse avuto dei problemi durante la sua adolescenza, che lo portavano ad isolarsi nella sua cameretta anche per giorni e che infine lo hanno condotto a fare uso di sostanze stupefacenti. “Non ho mai visto quali sostanze usasse - ha detto la donna rispondendo alle domande dell’avvocato del figlio - ma sentivo l’odore uscire dalla stanza. La sua crescita l’ha vissuta male ma noi abbiamo sempre cercato di aiutarlo anche economicamente, come stiamo facendo tutt’ora. E magari quei soldi che ci chiedeva per fare benzina o per comprarsi capi d’abbigliamento li usava per lo stupefacente”.
È stata lei stessa poi a descrivere i fatti che hanno portato il giovane al cospetto del giudice, raccontando di aver chiamato i carabinieri la sera del 22 novembre del 2017 perché il ragazzo stava litigando con il padre, mettendogli anche le mani addosso. All'arrivo della pattuglia da Lecco, la situazione si era calmata ma dato lo stato di shock in cui versava il marito, quest’ultimo aveva invitato i militari ad andare a controllare la camera del figlio: lì era stata trovata della marijuana e dei funghetti allucinogeni. Dopo un anno il giovane era stato raggiunto da un decreto penale di condanna: a quel punto i genitori si erano rivolti ad un avvocato di Milano che aveva consigliato alla famiglia di fare scontare la pena con la messa alla prova al ragazzo per cercare di riabilitarlo in qualche modo e se in un primo periodo le cose erano andate bene, ad un certo punto la situazione era peggiorata perché il ragazzo aveva iniziato a fare uso anche di eroina.
Su domanda dell’avvocato del perché ci fossero i funghetti allucinogeni nella stanza del figlio, la madre ha risposto che gli involucri rinvenuti dai militari lei li aveva visti tempo addietro, dopo che era stato ad Amsterdam con gli amici, e ciò significava che non li avesse mai utilizzati.
La donna ha poi raccontato al giudice che oggi il figlio sta bene, frequenta il Sert, vive da solo ed è alla ricerca di un lavoro.
Dopo aver dichiarato chiusa la fase istruttoria, il giudice ha invitato le parti a presentare le conclusioni: da un lato il Vpo Mattia Mascaro, per la pubblica accusa, ha chiesto l’assoluzione per la particolare tenuità del fatto e dall’altro lato l’avvocato Ammannato si è espressa per un’assoluzione perché il fatto non sussiste. Secondo la tesi della toga lecchese, il fatto non solo non integra la fattispecie di spaccio ma anche poteva essere previsto fin dall’inizio come uso personale stante la poca quantità di stupefacente rinvenuta dai militari, tenendo anche conto delle modalità di rinvenimento e delle dichiarazioni rese dagli amici e dai famigliari del ragazzo.
Ritiratasi qualche minuto in camera di consiglio, il giudice Barazzetta ha pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, revocando il decreto penale di condanna emesso dal Tribunale, ha ordinato la confisca e distruzione dello stupefacente posto a sequestro.
La storia del giovane, difeso dall’avvocato Elena Ammannato del foro di Lecco, è stata proprio descritta dalla madre, che ha raccontato come il figlio avesse avuto dei problemi durante la sua adolescenza, che lo portavano ad isolarsi nella sua cameretta anche per giorni e che infine lo hanno condotto a fare uso di sostanze stupefacenti. “Non ho mai visto quali sostanze usasse - ha detto la donna rispondendo alle domande dell’avvocato del figlio - ma sentivo l’odore uscire dalla stanza. La sua crescita l’ha vissuta male ma noi abbiamo sempre cercato di aiutarlo anche economicamente, come stiamo facendo tutt’ora. E magari quei soldi che ci chiedeva per fare benzina o per comprarsi capi d’abbigliamento li usava per lo stupefacente”.
È stata lei stessa poi a descrivere i fatti che hanno portato il giovane al cospetto del giudice, raccontando di aver chiamato i carabinieri la sera del 22 novembre del 2017 perché il ragazzo stava litigando con il padre, mettendogli anche le mani addosso. All'arrivo della pattuglia da Lecco, la situazione si era calmata ma dato lo stato di shock in cui versava il marito, quest’ultimo aveva invitato i militari ad andare a controllare la camera del figlio: lì era stata trovata della marijuana e dei funghetti allucinogeni. Dopo un anno il giovane era stato raggiunto da un decreto penale di condanna: a quel punto i genitori si erano rivolti ad un avvocato di Milano che aveva consigliato alla famiglia di fare scontare la pena con la messa alla prova al ragazzo per cercare di riabilitarlo in qualche modo e se in un primo periodo le cose erano andate bene, ad un certo punto la situazione era peggiorata perché il ragazzo aveva iniziato a fare uso anche di eroina.
Su domanda dell’avvocato del perché ci fossero i funghetti allucinogeni nella stanza del figlio, la madre ha risposto che gli involucri rinvenuti dai militari lei li aveva visti tempo addietro, dopo che era stato ad Amsterdam con gli amici, e ciò significava che non li avesse mai utilizzati.
La donna ha poi raccontato al giudice che oggi il figlio sta bene, frequenta il Sert, vive da solo ed è alla ricerca di un lavoro.
Dopo aver dichiarato chiusa la fase istruttoria, il giudice ha invitato le parti a presentare le conclusioni: da un lato il Vpo Mattia Mascaro, per la pubblica accusa, ha chiesto l’assoluzione per la particolare tenuità del fatto e dall’altro lato l’avvocato Ammannato si è espressa per un’assoluzione perché il fatto non sussiste. Secondo la tesi della toga lecchese, il fatto non solo non integra la fattispecie di spaccio ma anche poteva essere previsto fin dall’inizio come uso personale stante la poca quantità di stupefacente rinvenuta dai militari, tenendo anche conto delle modalità di rinvenimento e delle dichiarazioni rese dagli amici e dai famigliari del ragazzo.
Ritiratasi qualche minuto in camera di consiglio, il giudice Barazzetta ha pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, revocando il decreto penale di condanna emesso dal Tribunale, ha ordinato la confisca e distruzione dello stupefacente posto a sequestro.
B.F.