SCAFFALE LECCHESE/90: la Valsassina nella guida illustrata a cura di Fermo Magni

«La Valsassina è certo più frequentata, in tutte le stagioni, così che ora possiamo pensare che cosa sarà quando più facili e più economici mezzi di comunicazione l'avranno fatta diventare davvero il giardino della grande Metropoli Lombarda». Così scriveva, nell'anno 1926 Fermo Magni nella sua "Guida illustrata della Valsassina". Allora, il turismo non era esploso e la villeggiatura restava usanza da benestanti. Però, un po' di movimento doveva pur esserci visto che la Provinciale valsassinese era «percorsa da vetture automobili che hanno risolto, almeno in modo provvisorio, il problema delle comunicazioni» anche se «nonostante gli sforzi notevoli della Società Lecchese Trasporti con Automobili, nonostante le grandi macchine che portano anche una cinquantina di persone, il servizio si va facendo sempre più insufficiente, specie nella buona stagione» mentre l'ipotesi di costruire una ferrovia o una tramvia «si fa più ardua». E visto che, appunto, qualcuno ritenne necessario pubblicare una guida.

La prima edizione del resto risale addirittura al 1904 quando Magni si «augurava che le verdeggianti praterie sparse di casolari, i colli dolcemente degradanti, le balze dirupate, gli orribili precipizi, il rombare dei torrenti richiamassero l'attenzione degli amanti delle grandi scene della natura su questa amenissima porzione delle Prealpi Lombarde».
Com'è andata, sappiamo: il turismo è poi arrivato e per un certo periodo la Valsassina è proprio stata tra i "giardini della metropoli lombarda". Anche se un'autentica tradizione turistica non è mai davvero decollata. E in fondo il forestiero è più spesso stato accolto come un incomodo. Senza farci mancare scempi e brutture, incancellabili se non con la dinamite, rimasti a testimoniare certi anni di assalto alla montagna. Ma nel 1904 e ancora nel 1926 il paesaggio era integro.
Fermo Magni (nato nel 1874 e morto nel 1935), fu docente e dirigente scolastico ma anche sindaco di Introbio poi podestà di Primaluna nonché «ispettore per monumenti e scavi del circondario di Lecco, dove era pure ispettore bibliografico», come ci informa il "Dizionario storico illustrato di Lecco e della sua provincia".
La guida è un'opera di indiscusso pregio: chiara e completa, ordinata e precisa, agevole e di facile consultazione. Dopo le introduzioni geografica e storica, la visita è accompagnata paese per paese descrivendone il paesaggio, indicandone i monumenti e le escursioni possibili sui monti e in qualche caso ricordandone i personaggi di spicco. Di molti dei quali, tra l'altro, abbiamo ormai perso memoria se non fosse per qualche targa toponomastica. Come di quel Parlaschino e cioè Paolo Emilio de Busi, «poeta, letterato e professore di molto grido ai suoi tempi. Aveva studiato a Parigi e moriva a Gittana nel 1653». A sua volta autore di una Breve descrizione della Valsassina.

Moggio

Pur cedendo a qualche reminiscenza letteraria tra il manzoniano e il foscoliano ( la «difficile Provinciale, che saliva tra una serie non interrotta di case e officine, nelle quali rintrona ancora il maglio domator del bronzo»), l'illustrazione degli itinerari offertaci da Magni è essenziale.
Consultiamo l'edizione ampliata e "aggiornata" del 1926 pubblicata - come la prima - dalla Tipografia Magni di Lecco che doveva essere azienda di famiglia, e che, sopravvissuta fino a pochi anni or sono, periodicamente è andata ristampando l'opera più d'una volta.
Se l'edizione del 1904 si era limitata alla sola Valsassina, quella del 1926 si allargava, con il contributo di Giuseppe e Piero Pensa, alla Val d'Esino che è «la più bella e pittoresca delle Prealpi Comasche» e alla Valvarrone lungo la quale nel frattempo era stata tracciata la strada militare da Dervio alla Forcella di Trona, un'opera che «imposta da necessità belliche ha appagato un'antica aspirazione delle popolazioni della valle ed ha aperto una zona montana interessantissima».

Maggio

Tra le due edizioni c'è infatti stata di mezzo la prima guerra mondiale. Non è un caso che il volume del 1926 si apra con una corposa dedica ai Caduti valsassinesi «nell'ultima guerra di redenzione», dei quali si riporta anche l'elenco paese per paese: oltre trecento nomi di giovani morti al fronte con Barzio e Pasturo a contarne ciascuno oltre trenta. Ai Caduti l'autore tributa un omaggio dall'indubbia retorica dovuta anche a certi tempi e atmosfere: «Avrei voluto vederli tutti assieme, i vostri nomi, incisi a grandi caratteri su una parete delle nostre montagne, perché raggiassero luce di gloria e di concordia e di incitamento su tutta la Valle». Si era già ormai in pieno Fascismo che sul culto dei Caduti e degli eroi di guerra aveva impostato la sua ascesa.
E ancora a proposito di strade, quello dei collegamenti era la grande "scommessa" dell'epoca, problema invero che ha poi caratterizzato l'intero secolo e ancora ci assilla. Non c'era, per esempio, la strada per i Piani Resinelli che si raggiungevano a piedi da Ballabio per visitare le vecchie miniere e imboccare i sentieri della Grignetta. Per Morterone, invece, «la strada nonostante gli studi, gli interessamenti e le promesse, non è ancora carrozzabile». E anche Vendrogno si poteva raggiungere soltanto con antiche mulattiere così come la Colmine di San Pietro «dove sorgono la chiesa parrocchiale (frequentatissima sagra il 29 giugno), un roccolo di proprietà del curato, la casa parrocchiale, alla quale è annessa un'osteria» e con «in costruzione un albergo che renderà anche più delizio questo valico»: Magni si augura «che in un avvenire molto prossimo passi attraverso la Colmine la carrozzabile che unisca la Valsassina alla Val Brembana; se ne parla come di una importante strada touristica, poiché unirà il Centro Lago con S. Pellegrino e con Bergamo, ma è anche da sperare che questa strada ricongiunga alla Valsassina le popolazioni della Val Taleggio che le furono unite per tanti secoli». Tale strada sarà realizzata a poco a poco nel secondo dopoguerra e curiosamente sarà proprio questo collegamento intervallivo, negli anni Novanta, l'espediente per ottenere che la gestione della nuova Lecco-Ballabio passasse dalla Provincia allo Stato.

Perledo e Premana

In quanto alla visita, già allora, si cominciava la visita da Ballabio (all'epoca due Comuni), anche se la «Valsassina propriamente detta» inizia al colle di Balisio che è luogo di un certo fascino e ispirava parole al Magni parole alate: «un vallone profondo e angusto che ci offre un orrido paesaggio. (...) Il fondo leggermente ondulato è tutto coperto di grasse praterie, ma i fianchi sono fatti di roccie perpendicolari: sono castelli rovinati, colonne svelte che sostengono terrazzi cespugliati, obelischi spezzati, merli diroccati, figure buffe di frati incappucciati, di severe matrone con cuffie gigantesche; cariatidi enormi, contorte, tormentate; sono piramidi, piedistalli architettonici, che sostengono busti grotteschi, di guerrieri, di colossali gatti di dolomia che stanno sonnacchiosi a far le fusa».
Ci dice chiaro, tra l'altro, che il torrente Pioverna vuole l'articolo femminile, mentre oggi è ormai invalso l'uso del maschile.
E poi si va villaggio per villaggio, Comune per Comune: Maggio che è «uno dei più bei soggiorni estivi» e dove «a eccitare il nostro interesse contribuisce ora il ponte arditissimo in cemento armato, costruito nel 1923 che dalla Corna del Giöden unisce Maggio a Cremeno». E Moggio che era villaggio «in un luogo appartato e romantico, chiuso nella sua conca verdeggiante, lontano da ogni rumore e dalla vista del mondo: luogo indicatissimo per chi nella campagna cerca suprema quiete»: ahinoi, oggi ormai certi palazzoni degli scriteriati anni Sessanta ne abbiano irrimediabilmente stravolto l'aspetto. O Barzio che già si avviava a diventare il capoluogo del turismo valsassinese (anche se lo sci di massa ai Piani di Bobbio era di là da venire), dove «tra i modesti cascinali sparsi nel verde, sorgono ville graziose, casette civettuole» e «dove molti vengono a cercar pace, lontani dai rumori della città».

Tartavalle

Lungo il corso medio della Pioverna (dove è mirabile la «primavera, quando le nevi si sciolgono sotto il sole trionfante per precipitarsi come uragano giù nella Valle; quando tutti i gelsi trillano di fringuelli e nell'aria imbalsamata ridono al sole i fiori dei ciliegi»), passiamo per Introbio dove «i monti che lo circondano e i valichi importanti attirano le schiere degli alpinisti, mentre i dintorni pittoreschi, la temperata freschezza dell'aria, l'ospitalità cordiale e non servile e la svegliatezza dei suoi abitanti, i comodi e la facilità con la quale si trova tutto ciò che può occorrere, ne hanno fatto una frequentatissima stazione estiva e mantengono al paese quel primato che ebbe sempre nella valle».

Si tocca l'ormai scomparso Comune di Pessina («che fu sobborgo di Primaluna quando questa terra era cinta di mura e di torri» e che «non ha nulla di notevole, ma intorno ha bei frutteti e boschi»), si passa per Cortenova «uno dei migliori paesi della Valle sia per l'aspetto delle case, sia per le contrade e per le piazze pulite e spaziose» anche se «ha lo svantaggio di non vedere il sole per lungo periodo durante l'inverno» e si raggiungono Taceno e Tartavalle le cui acque «hanno dimostrato di essere tra le più salutari», Margno che è «uno dei più ridenti paesi», Casargo «d'una bellezza idillica e fine Premana che «è un grosso villaggio pittoresco e singolare, appartato nella valle selvaggia, lontano dalle consuetudini del mondo. La natura dei suoi abitanti, il linguaggio, il modo di vestire, hanno sempre richiamato l'attenzione di tutti quelli che l'hanno visitato o che hanno sentito parlare» rd è argomento sui Magni si dilunga e sono parole rimaste valide certamente fino alla fine del secolo. Oggi, forse, le consuetudini del mondo sono arrivate anche lassù.
Dario Cercek
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