Guerra in Ucraina, caro bollette, covid: la preoccupazione dei fornai del lecchese per il prezzo del pane (e il loro futuro)

Peppino Ciresa
Non solo sulla benzina, non solo sul gas. Il peso della guerra si sta facendo sentire anche sul pane, anche nel lecchese, con effetti già visibili ma ancora non completamente quantificabili, vista la difficoltà di prevedere l'evoluzione del conflitto. A confermarlo è Peppino Ciresa, "decano" dei panettieri cittadini con negozio in via Capodistria, attualmente condotto dal fratello Marino e dai famigliari.
"Il problema fondamentale è che l'Italia importa circa il 60% della farina proprio dall'Ucraina" ci ha spiegato l'ex candidato sindaco di Lecco, non senza preoccupazione per la situazione generale. "Purtroppo temo che la cosa non si risolverà velocemente, presumibilmente gli aumenti si protrarranno anche nei prossimi mesi, viste le devastazioni perpetrate dall'esercito anche nei campi, che con tutta probabilità finiranno per compromettere anche il raccolto di grano estivo. Certo, la guerra sarà un ulteriore duro colpo per il nostro settore, che in nove anni, a livello italiano, ha registrato una perdita di circa 100.000 imprese. Sono dati che fanno pensare. Credo che l'obiettivo comune, ora, debba essere quello, nel limite del possibile, di contenere i costi per pesare il meno possibile sulle tasche dei clienti. Missione non semplice, considerando i forti rincari di energia, gas e benzina, che mettono tutti in forte difficoltà".

Un quadro, questo, confermato anche dal collega Fabio Castelnuovo del panificio di via Marsala. "Secondo le stime, in pochi mesi la semola macinata è passata da 40 a oltre 100 euro al quintale: gran parte del nostro grano proviene proprio dall'est Europa, quindi credo che la situazione andrà solo peggiorando" ha commentato quest'ultimo. "Purtroppo è una situazione ingiusta per tutti, tanto per noi imprenditori quanto per i nostri clienti: personalmente, nonostante i rincari generali, sto cercando di mantenere i prezzi invariati per accontentare tutti, speriamo solo che la guerra non si inasprisca ulteriormente, innanzitutto per i danni in termini umani".

"Secondo la mia esperienza, il costo della farina è già aumentato di tre volte. E parlo di quella di grano tenero, che solitamente si pone già su un livello più basso. Quella integrale è tutta un'altra cosa..." ha aggiunto con un pizzico di amarezza la signora Rosa Invernizzi dell'esercizio in via Donizetti a Calolzio, a sua volta preoccupata per gli ulteriori rincari che inevitabilmente si stanno profilando all'orizzonte e "che per forza di cose andranno a toccare anche tutti gli altri generi alimentari, a partire dai salumi".


Tutto ciò, in un periodo ancora complicato per l'emergenza Covid, che forse solo in queste settimane sta iniziando a mollare la presa. "Anche prima dello scoppio della guerra la situazione era quella che era, gli strascichi della pandemia erano - e sono tuttora - decisamente pesanti" ha detto, a tal proposito, Verena Locatelli dell'omonima attività in via Ponchielli a Lecco. "La preoccupazione c'è, il costo del gas è raddoppiato e quello della farina è sulla stessa strada. Alcuni colleghi hanno già lamentato la difficoltà nel reperire il grano, un problema non da poco per noi...".

E se per le attività "storiche" le criticità del periodo sono evidenti, per quelle di recente apertura lo sono forse ancor di più. Lo sa bene John Gilardi, del panificio avviato giusto lo scorso settembre in pieno centro Olginate, in via Redaelli. "Allora la pandemia sembrava essere in una fase di relativa tranquillità, poteva essere il momento buono per intraprendere nuovi progetti e affrontare qualche investimento, che ora invece pare impossibile", le sue parole. "Questa guerra non doveva accadere, innanzitutto per i pesantissimi risvolti che avrà sulla popolazione ucraina. Non nascondo che anche noi siamo abbastanza preoccupati: in negozio abbiamo un forno a gas, la bolletta non è ancora arrivata ma probabilmente sarà molto più cara. Per non parlare di acqua e corrente elettrica, ormai è tutto un salasso. Anche per il grano qualcosa sta cambiando: lo si vede già soltanto nella pasta, quella delle marche più classiche ha un costo maggiore. Non vorremmo arrivare ad incrementare i prezzi, non sarebbe giusto per i nostri clienti, per le famiglie che hanno già le loro difficoltà: se fossimo costretti a farlo, applicheremmo comunque aumenti graduali, pur magari perdendoci qualcosa".
"Onestamente - ha concluso Gilardi - non so come faccia la Grande Distribuzione: per i supermercati sembra che non cambi mai niente, mentre le nostre piccole botteghe sono sempre penalizzate. È un peccato trovarci in questa situazione, non ci voleva proprio: si stava iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel per l'emergenza Covid, e invece siamo di nuovo ripiombati nel buio".
Benedetta Panzeri
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