Casargo: nonno Fermo, un vita tra capre e tradizioni da preservare

 

Fermo Maffei
Quest'anno compirà 95 anni. Non si direbbe. Fermo Maffei in Alta Valsassina è un punto di riferimento. Non solo per la capra orobica, razza che già allevava suo padre e che lui, nato e cresciuto a Casargo, ha contribuito a diffondere lavorando alla Mostra regionale.
Ha vissuto la montagna come mestiere, ogni giorno, feriale o festivo, con il bello o il brutto tempo.
“Ai miei tempi – racconta Fermo – in estate si saliva in alpeggio, ognuno con i propri animali, ci si ritrovava con gli altri allevatori perché si dividevano i pascoli e la caseificazione del latte avveniva a turno, a seconda delle quantità che venivano munte”.
Non c’era solo la vita di alpeggio. “Bisognava provvedere allo sfalcio dei prati e produrre il fieno per gli animali che occorreva durante l’inverno”. Un'azione questa anche a tutela del territorio.

 

Lei è una figura importante per i giovani allevatori della zona, è chiamato “nonno”, è considerato da tutti uno di famiglia. Quali sono le differenze maggiori dell’allevamento di questi giovani?
“Vedo che questi ragazzi, chi con poche capre e fino a quelli che ne hanno quasi 80, tengono all’interno del gregge un becco (caprone) fino all’età adulta. Io ho sempre avuto il caprone, ma al massimo arrivava all’età di 3 anni. Al giorno d’oggi preferiscono avere degli esemplari, come quelli orobici, con corna lunghe, che fanno bella mostra di sé. Ma per la riproduzione io ho sempre preferito esemplari di età inferiore”.

Per quanto riguarda le sue capre, questo solitamente è il periodo delle nascite, quante nuove nascite ha avuto?
“Una ha partorito due gemelli e altre due hanno partorito un maschio e una femmina, un totale di quattro capretti”.

Il suo becco Draghi, possiamo dire che è diventato papà?
“Certo, ha fatto il suo dovere”.

A quasi 95 anni lei gode di una buona salute e continua a dedicarsi, oltre i gatti della colonia felina, anche alle sue capre.
“Mi sento ancora in forza e venire qui in stalla ad occuparmi di loro mi fa stare bene, cosa dovrei stare in casa a fare? Ogni tanto vado al bar e mi incontro con gli amici, ci piace ricordare soprattutto le persone di un tempo, chi purtroppo ci ha lasciato. Ho visto morire diverse generazioni”.


A Casargo siete diversi decani, quanti coetanei ha?
“Ne abbiamo parlato in questi giorni: dell’anno 1927 come me siamo rimasti in cinque, io sono l’unico uomo e quattro donne. Invece dell’anno 1928 c’è un uomo. Due donne e due uomini dell’anno 1929. Una donna del 1930, due donne e due uomini del 1931 e due donne del 1932. A Casargo over 90 siamo ancora in 15”.

E’ molto aggiornato.
“Beh, ai miei tempi non c’erano i computer, queste informazioni anagrafiche del paese venivano tramandate a voce e ancora oggi mi capita che la notte, se non dormo, penso a chi c’è ancora della mia età. Oppure, come è successo alcuni giorni fa, se qualcuno mi chiede informazioni sulla sua famiglia di origine e non riesco a risalire a chi fossero i parenti, chiedo a don Antonio Brunello di consultare i registri dei matrimoni. Da lì riesco a risalire ai legami di parentela”.

Recentemente Fermo è stato interpellato da un villeggiante di Casargo per un mestolo in rame ritrovato nella sua abitazione che recava delle iniziali che non corrispondevano ai genitori. L'anziano ha chiesto informazioni all’ex parroco ed è riuscito a risalire all'originale proprietario dell'utensile, bisnonno dell’attuale proprietario. Insomma, all'alba dei 95 anni, nel suo ruolo di decano Fermo è una colonna delle tradizioni, dall'allevamento in montagna a consuetudini di un tempo che rischiano di andare perse.

M.A.
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