Lecco: il PM chiede un anno e mezzo per i tre ''suggeritori'' dell'esame per la patente
Il tribunale di Lecco
Protagonisti della vicenda giudiziaria tre italiani finiti a processo dinnanzi al giudice in ruolo monocratico Giulia Barazzetta poichè avrebbero fatto da ''suggeritori'' all’esame per la patente alla Motorizzazione civile di viale Dante, a Lecco.
Un'indagine affidata alla Polizia stradale che nel 2018 aveva denunciato C.R.F., 49 anni; D.C., 37 anni e il 26ene C.I.; secondo il quadro accusatorio sostenuto dalla Procura i tre avrebbero architettato un piano ben preciso, stabilendo un tariffario – a partire dai mille euro – per facilitare l’esame della patente di guida.
Il primo è finito a processo per un episodio del maggio 2018; gli altri due vennero invece scoperti qualche mese più tardi, nel novembre dello stesso anno. A condurre l'operazione erano stati gli ispettori superiori della Polstrada di Lecco Gianluca Biancone e Mauro Petruzziello, che nel corso dell'istruttoria dibattimentale sono stati sentiti come testimoni.
Il primo aveva ricordato che, durante un controllo nell’aula della Motorizzazione, era stata notata una persona che stava svolgendo l’esame in maniera sospetta. Un filo le usciva infatti dai pantaloni.
''Appena terminata la prova l’abbiamo seguita e durante la perquisizione è emerso che aveva un collegamento con l’esterno'' aveva riferito Biancone, individuando nel 49enne il collegamento con l'aspirante conducente; C.R.F. disponeva infatti una ricetrasmittente e un computer dove attingere le risposte esatte ai quiz.
Nella seconda operazione invece, gli altri due imputati si erano posizionati in via Cairoli, in un posteggio delle Poste. Una posizione anomala, quella dell'auto, che aveva spinto gli agenti ad effettuare un controllo scoprendo che i due avevano con sé l’attrezzatura atta a collegarsi con chi, poco lontano, stava svolgendo l’esame.
Tesi che stamani il difensore dei tre imputati ha cercato di smontare, una per una, chiedendo infine per i suoi assistiti l’assoluzione ''perché il fatto non sussiste''.
Nel primo caso infatti, la donna straniera fermata con gli strumenti per collegarsi non aveva nemmeno iniziato a svolgere l’esame, ma si trovava in sala d’attesa. Il reato dunque, a detta del legale, non può assolutamente essersi consumato. Quando agli altri due, a detta del difensore nulla può essere contestato loro, nemmeno al 37enne (titolare di precedenti specifici). Non ci sarebbe la minima prova che fossero collegati con chi stava effettuando l’esame per il conseguimento della patente, nè il tentativo di voler commettere un illecito.
Al termine della discussione il giudice Barazzetta ha rinviato per repliche e sentenza al prossimo 13 giugno.
G.C.