Lecco: 55 anni fa l''esplosione' del sasso sul San Martino

Non vennero spente le luci nella notte di vigilia di sabato 25 febbraio 1967, presso il municipio di piazza Diaz. Erano le ore frenetiche di organizzazione verso il “giorno più lungo” del sasso sul San Martino, divenuto famoso dopo le prime segnalazioni d’allarme risalenti a fine dicembre 1966, quando un escursionista si presentò presso la segreteria del sindaco di Lecco Alessandro Rusconi per riferire quanto aveva accertato durante una camminata in una giornata di bel tempo invernale, sulle pendici del monte San Martino. L’escursionista aveva potuto osservare un macigno alto come un palazzo di cinque piani “incollato” sul pendio da  fragile appoggio e già inclinato verso valle.


Titolo di cronaca di un settimanale locale

Una prima, urgente ricognizione venne effettuata dall’allora responsabile del gruppo Ragni Dino Piazza con l’ingegner Giacomo Airoldi dell’Ufficio Tecnico Comunale di Lecco. La situazione, dalle fotografie scattate, era motivo di notevole preoccupazione. Venne subito interpellato l’ingegner Giuliano Orsini di Milano, specialista a livello internazionale di cave e miniere, che dichiarò subito che bisognava procedere alla deflagrazione del masso.
Il piano Orsini era pronto il 18 gennaio. Era impegnativo perché i minatori dovevano bucare “a chiodo” un macigno in 28 punti, con profondità da 8 a 12 metri. A metà febbraio erano aperti i primi fori, mentre in Comune si svolgeva una riunione, con la direzione del sindaco Rusconi e del questore di Como Greco, per predisporre il servizio di sgombero e di ordine pubblico. Una nevicata impediva, però, di fissare la data dell’operazione. La decisione definitiva verrà presa il 21 febbraio quando il primo cittadino rese noto che il giorno dell’esplosione era sabato 25 febbraio 1967, alle ore 11.


La zona di Santo Stefano fatta evacuare

Ragioni di sicurezza imposero lo sgombero di 207 famiglie, per un totale di circa mille persone residenti nel quartiere di Santo Stefano e lungo la zona che saliva sino alla località Castione di Rancio. Si consigliò loro di lasciare spalancate finestre e porte sui terrazzi per evitare l’onda d’urto dell’esplosione. Lungo i sentieri del San Martino salirono i minatori dell’Impresa Bregaglio con un carico di due quintali di dinamite: ne verrà impiegato un quintale e mezzo.
Il Comune rendeva noto che le persone mobilitate per il servizio nell’operazione sasso raggiungevano il numero di circa 300 fra tecnici, vigili urbani, carabinieri, agenti di polizia, pompieri, finanza, forestali, Croce rossa, militari della caserma Sirtori, radioamatori e collaboratori vari. Un centro operativo venne allestito nel vasto prato di via ai Pini, dove oggi sorge un palazzo residenziale. Nel verde del terreno venne collocata l’apparecchiatura del Gazzettino Padano RAI che, con il noto radiocronista Piero Scaramucci, doveva registrare i momenti palpitanti dell’esplosione e della relativa disgregazione del grosso masso. Due posti di osservazione erano installati rispettivamente sulla sommità del grattacielo San Francesco di viale Turati e presso la villa di Santo Stefano del consigliere comunale Lodovico Dubini. Sul tetto del palazzo venne anche posizionata la sirena d’allarme che avrebbe suonato cinque minuti prima delle fatidiche ore 11. Venne recuperata in un magazzino comunale, ed era la stessa che dal tetto del Municipio di piazza Sassi segnalava gli allarmi aerei sulla città negli anni 1944/1945. Era stata sistemata nel funzionamento dal funzionario Andrea Ratti dell’Ufficio Tecnico, recentemente scomparso.


La parete del San Martino con indicata la zona del masso e le tracce lasciate dall'esplosione

Lo scoppio, alle ore 11, provocò batticuore e trattenimento di fiato: si sollevò la “nube” di polvere e si sentì, subito dopo, la “grandine” del macigno polverizzato che rotolava sul pendio. Si ebbero momenti di assoluto silenzio mentre il fumo della deflagrazione si diradava. Si udirono, qualche attimo dopo, le prime grida e anche i primi applausi. Tutto era andato bene.
Il noto giornalista Marco Nozza, inviato speciale del quotidiano “Il Giorno”, scrisse nella cronaca della domenica: “I nonni del Duemila, passeggiando sotto il San Martino, indicheranno ai nipoti: lassù c’era un grosso sasso che minacciava di cadere dalla montagna, venne fatto esplodere quando io ero ancora un ragazzo, è stato un attimo, uno scoppio, un polverone, una caduta di sassi… la gente esultava. Ricordo sempre quel giorno…”. Cinquantacinque anni dopo avviene proprio così.
A.B.
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