Lecco: le preoccupazioni di Les Cultures per la guerra in Ucraina. Prima le persone

È guerra. Guerra in Europa, qualcosa che i giovani hanno visto solo nei film, con Gary Oldman nei panni di Winston Churchill ne L’ora più buia e Keneth Branagh, nel ruolo del comandante Bolton in Dunkirk. “Ci sarà una grande campagna di disinformazione, sarà molto difficile avere notizie certe e verificabili” ha detto Francesca Mannocchi, in diretta dall’Ucraina su La7.

Rita Scaramelli e Giorgio Redaelli

L’incontro con la stampa organizzato dall’associazione lecchese Les Cultures è servito proprio a questo: far circolare informazioni veritiere su cosa sta accadendo, così che la gente comune possa costruirsi un’opinione solida su questo evento storico. Se vuole. L’atmosfera nella sede di Corso Matteotti era tesa, la preoccupazione era profonda. E c’è stato subito un colpo di scena. “Non riesco a collegarmi in videoconferenza in questo momento” ha affermato Yuriy Teslik al telefono e quindi quella che doveva essere una videochiamata è iniziata prima del previsto come una telefonata normale. Yuriy Teslik è il referente dell’associazione Detskij Fond, con cui Les Cultures collabora da venticinque anni, e ha risposto alla chiamata da Chernigov, una cittadina di 280 mila abitanti nel nord dell’Ucraina, a 150 kilometri di distanza da Kiev. “Nessuno qui si aspettava un’evoluzione così drammatica e così rapida. I russi hanno oltrepassato il confine, abbiamo sentito alcune esplosioni. Ad un certo punto sono suonate le sirene per l’arrivo di due caccia che però poi sono tornati indietro”. La tensione nella voce dall’altro capo del telefono è papabile.
“Vi potete muovere liberamente? Riuscite a fare scorte di alimentari?” ha chiesto Giorgio Redaelli, presidente di Les Cultures. “Ci possiamo muovere liberamente ma abbiamo paura di uscire. Le linee di comunicazione per ora funzionano. Stamattina il mercato alimentare si è tenuto anche se il pane era finito” ha risposto Yuriy Teslik, il quale poi ha aggiunto “chi poteva scappare è già scappato, gli altri pensano a proteggersi nei sotterranei”.
Chiuso il collegamento telefonico, l’attenzione di tutti i presenti si è rivolta verso Giorgio Redaelli, il cui tono di voce deciso nascondeva a stento la preoccupazione. “Pensate, solo l’altro giorno stavamo prendendo accordi per la raccolta e l’invio in Ucraina di materiale che loro intendevano usare per organizzare i tradizionali mercatini di primavera” ha raccontato.“Il nostro lavoro di supporto continuerà in tutti i modi in cui sarà possibile. Abbiamo già lanciato una raccolta fondi, considerando che per ora le banche funzionano”. Rita Scaramelli, membro di Les Cultures, ha quindi spiegato “la nostra attività in Ucraina è focalizzata sull’infanzia. Programmi di adozione a distanza, raccolte fondi per interventi di ristrutturazione di orfanotrofi o per il pagamento delle spese per l’istruzione, ma soprattutto programmi di scambio, attraverso cui ospitiamo nel nostro territorio per alcune settimane bambini ucraini”.
“Queste iniziative, sospese con il Covid, sono state avviate negli anni successivi alla catastrofe di Chernobyl, che si trova a poche decine di chilometri da Chernigov, ed inizialmente intendevano dare la possibilità ad alcuni ragazzi di respirare aria buona e beneficiare di un’alimentazione più ricca per alcune settimane. Con il tempo questi programmi si sono ampliati e strutturati. In tutto abbiamo ospitato circa 2500 ragazzi, alcuni dei quali sono tornati più volte” ha continuato. “Centinaia di famiglie sono preoccupate e ci chiedono notizie dei bambini che hanno ospitato. Le informazioni che arrivano dal campo sono però molto frammentarie. La stessa comunità ucraina di Lecco, molto numerosa, non ha notizie certe sulla situazione dei loro familiari rimasti nel Paese d’origine” ha chiosato Giorgio Redaelli.
Rita Scaramelli ha poi ricordato che “molti dei bambini che abbiamo accolto in Italia, specialmente negli ultimi anni, sono bambini molto poveri, che mangiano soprattutto patate. Il problema della povertà nelle campagne ucraine negli ultimi anni si è aggravato sensibilmente”. “Oltre alle disuguaglianze, c’è un problema di disgregazione sociale. Molti bambini sono soli, abbandonati in orfanotrofi o costretti a vivere con nonne che non riescono a sfamare tre o quattro nipoti con l’equivalente di 50 euro mensili di pensione. I genitori li lasciano per andare a cercare lavoro e spesso spariscono nel nulla. Questo aspetto della disgregazione sociale non c’è nelle campagne di paesi altrettanto poveri, per esempio il Niger dove abbiamo lavorato. In quei contesti questo tipo di fenomeni si vedono solo nei grandi agglomerati urbani” ha sottolineato il presidente di Les Cultures.
Le persone. Prima di tutte le analisi geopolitiche, di tutti i discorsi su NATO, sfere di influenza, ordine internazionale, di cui dovrebbe occuparsi chi ha le competenze e non i ciarlatani su Facebook, vengono le persone che si trovano a vivere sulla loro pelle le conseguenze degli eventi storici. Il pensiero va a un altro film. Marie Colvin, magistralmente interpretata da Rosamund Pike in A private war, che documenta la scoperta di una fossa comune in Iraq. Marie Colvin, Francesca Mannocchi, esempi da seguire nello scontro contro le semplificazioni e l’ignoranza diffusa, soprattutto durante i momenti storici. Soprattutto di fronte alla guerra.
A.Be.
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