Colico: dottoressa 'palettata' dai Carabinieri durante il lockdown finisce a processo

Il Tribunale di Lecco
Resistenza, false dichiarazioni a pubblico ufficiale, inosservanza dei provvedimenti di Autorità e violazione del testo unico delle leggi sanitarie in materia di contenimento di malattie infettive: sono le accuse mosse nei confronti di una dottoressa, medico di base a Morbegno.
I fatti di cui si sarebbe resa responsabile la donna – secondo il quadro accusatorio formulato dalla Procura della Repubblica di Lecco ancora tutto da dimostrare – risalgono alla primissima fase della pandemia, precisamente al 21 marzo 2020.
Oggi, davanti al giudice Gianluca Piantadosi il processo avviato nei confronti della professionista è entrato nel vivo, con l'escussione di un Maresciallo della Stazione dei Carabinieri di Colico: quel pomeriggio stava effettuando un posto di controllo insieme ad un appuntato (anch'egli chiamato a testimoniare all'udienza odierna) lungo via Nazionale Nord, quando avrebbe notato due autovetture venire nella loro direzione. “Sono entrate in uno spiazzo per poi fare inversione di marcia” ha ricordato. “Le abbiamo seguite fino a fermarle un centinaio di metri più in là: da una delle due auto è scesa la signora, che sembrava molto agitata”.
Pare che i cinque occupanti dei due veicoli (l'imputata con la figlia minore e un collega sul primo, la figlia maggiore e il fidanzato di lei a bordo dell'altro) alla richiesta di compilare l'autocertificazione abbiano addotto motivazioni discordanti per giustificare l'uscita da casa, tanto che il maresciallo li avrebbe invitati a correggersi e scrivere il vero.
“Adesso dichiaro che devo andare a Morbegno per aprire il mio ambulatorio e li frego tutti” avrebbe detto la dottoressa al passeggero. “Quando le ho detto che l'avevo sentita ha iniziato ad aggredirmi fisicamente e verbalmente” ha proseguito il Maresciallo. “Mi spingeva mettendomi le due mani sul petto e gesticolando mi ha colpito più volte sugli avambracci. Io arretravo sia per evitare di essere colpito che per mantenere la distanza di sicurezza”. Agli spintoni la dottoressa avrebbe alternato frasi come “Ho il covid. Sto andando a fare il tampone, sono venuta in contatto con tanti positivi. Non ho fatto niente di male”.
“Alla fine per la sua e la nostra sicurezza abbiamo deciso di metterle le manette e portarla in Caserma” ha continuato l'operante. Solo allora il medico si sarebbe calmata. Se la versione del maresciallo ha trovato conferma nelle parole dell'appuntato, è invece stata screditata dal collega dell'odierna imputata, che si trovava in auto con lei: “Era eccessivo l'atteggiamento dei Carabinieri” ha detto rispondendo alle domande del Vpo Mattia Mascaro. “Io degli spintoni non ricordo. Ricordo solo che gesticolava”.
Difesa in Aula dagli avvocati Michele Cervati e Laura Redaelli, è quindi toccato all'imputata rendere il proprio esame e “scagionarsi”, partendo con la spiegazione del perchè si trovasse fuori casa con altre persone nel pieno del lockdown: dopo aver pranzato dalla madre per farle compagnia avrebbe quindi proposto alle figlie di andare con lei in ambulatorio a Morbegno (dove si sarebbe dovuta recare per occuparsi del monitoriaggio dei pazienti positivi) per poter uscire un po' da casa, mentre dava un passaggio al collega fino al pronto soccorso.
Il medico ha quindi spiegato al giudice che la manovra che i Carabinieri hanno interpretato come la sottrazione al posto di blocco, in realtà era dovuta al fatto che viaggiassero su due macchine differenti: “Dato che mia figlia mi seguiva con la macchina non volevo che fermassero solo lei. Per questo mi sono fermata in uno spiazzo”.
Quindi ha ribaltato completamente il racconto dei due operanti, dichiarando di non aver toccato il maresciallo e che, anzi, sarebbe stato quest'ultimo a dimostrarsi eccessivamente alterato, alzando il tono di voce ed avanzando verso di lei senza tenere la distanza.
“Quando mi hanno ammanettato mia figlia di 16 anni ha cercato di portarmi la borsa e l'hanno spinta via” ha aggiunto. “Io non mi permetterei mai di aggredire una persona con una divisa addosso. Dovevo essere io a denunciare loro”.
Infine anche la figlia maggiore della dottoressa e il suo fidanzato, chiamati a testimoniare in aula, hanno raccontato una versione completamente diversa da quella prospettata dall'accusa: sarebbero stati i due militari a tenere un comportamento aggressivo nei confronti della dottoressa.
Il giudice ha aggiornato il processo al prossimo 22 luglio per concludere l'istruttoria.
F.F.
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