Pensare in modo trascendente: la tutela dell’ambiente entra in via definitiva nella Costituzione

In quarta e ultima lettura, come da prassi per le modifiche costituzionali, con 468 voti a favore, uno contrario e sei astenuti (curioso guardare il partito di appartenenza), la Camera dei deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge che introduce la tutela dell'ambiente e della biodiversità nella Costituzione.
Sono due gli articoli in modifica: l'art. 9, «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», in cui ora si preciserà che la Repubblica «tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali»; e l'art. 41 invece, che difende la libertà dell'iniziativa economica e afferma che essa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». All'elenco dei beni da tutelare contro eventuali spregiudicatezze vengono ora aggiunti anche «alla salute, all'ambiente».

 

Dopo anni in cui le riforme costituzionali, riuscite o solo provate, interessavano ambiti quasi tecnici (la riduzione del numero dei parlamentari, la riforma del titolo V, l'introduzione del principio del "pareggio di bilancio"), come già fece nel 2003, con la revisione dell'art. 51 e l'introduzione del principio della garanzia delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive, il Parlamento torna a occuparsi di beni non contingenti, ma trascendenti.
La tutela dell'ambiente è concetto che trascende il portafogli, oltrepassa i confini dell'orticello delle case di ciascuno, travalica il tempo che a ognuno di noi è dato di trascorrere su questa Terra.
Capita spessissimo, quando ci si confronta su temi come questo, di scontrarsi con persone affette dalla sindrome NIMBY - "Not In My BackYard", che tradurrei alla lettera "non nel mio cortile sul retro di casa", oppure più prosaicamente: "se una cosa non bellissima va fatta, basta che la infilino nel didietro di un altro". Le discariche servono, ma non vicino a casa mia. I forni inceneritori che se si chiamano termovalorizzatori inquinano meno, se li costruiscono in un altro paese e non nella mia città al posto dei fumi emettono profumi. Il surriscaldamento globale sta sciogliendo i ghiacciai dell'Artide, ma io vado a farmi la mia bella settimana bianca su lingue di neve artificiale, che ne ho diritto, dopo mesi di lavoro indefesso. Ora che si sciolgono i ghiacciai alpini io sono già bello sottoterra, dunque che mi importa? E via così, all'infinito.
Il concetto di ecosistema ci ha insegnato purtroppo che queste risorse non sono infinite come il nostro piccolo tempo di permanenza sulla Terra ci farebbe percepire.
Inserire in Costituzione questi principi ci insegna a pensare in modo trascendente, cioè transgenerazionale, come fa ogni buon padre di famiglia, in casa.
In nessuna casa il padre a tavola divora tutto lasciando i figli a bocca asciutta. Anzi, piuttosto si toglie, come si dice, il boccone di bocca pur di non lasciare insoddisfatti i figli.
Avere il coraggio di ragionare in questo modo significa essere diventati una nazione matura, adulta, responsabile.
"Ecologia" deriva dal greco οἶκος = casa. E anche "economia" deriva dalla medesima radice.
Spiace che occorra una legge per farle andare d'accordo, quando basterebbe il buon senso, ma viviamo in una casa comune tanto bella quanto fragile, e quel che fa il vicino nel giardino dietro casa sua influenza anche la mia salute. Che si tratti del tizio che mi appesta col barbecue puzzolente o il paese industrializzato che si ostina ad alimentare col carbone le sue centrali termoelettriche. Si dirà: quel che posso fare io da solo, quel che può fare un Paese come l'Italia da sola, è solo una goccia nel mare se tutti insieme non si riesce a fare sistema.
Ma qualcuno deve pur partire: quel qualcuno sia ciascuno di noi.

Stefano Motta
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