SCAFFALE LECCHESE/84: il ''Piccolo mondo antico'' in salsa locale di Arnaldo Ruggiero

Il titolo era azzeccato, evocando atmosfere un po' retro e una società che non c'era più: «Parafrasando quello di un famoso romanzo, ho dato al libro il titolo di "Piccolo mondo antico lecchese" perché gli scritti, in generale, si riferiscono a fatti ed a persone (talune, anzi, personaggi) dei tempi passati». Così spiegava il suo autore che in città era ormai un'istituzione: quell'Arnaldo Ruggiero che fu molte cose, ma in particolare abitatore di un intero secolo, lucido testimone pressoché dell'interno Novecento lecchese essendo nato nel 1890 e morto nel 1989. Infatti «di parecchie vicende, di quelle rievocate, sono stato spettatore o talora perfino protagonista, quanto meno fra i protagonisti: cosicché di esse posso scrivere di persona e non per sentito dire o per scopiazzatura (...) e questo (siamo giusti!) per il non invidiabile merito di essere nato tanti e tanti anni fa».
Di Ruggiero, il Dizionario storico di Lecco curato da Aroldo Benini, ci offre questo ritratto: «Avvocato, professore di economia e diritto all'Istituto tecnico commerciale Parini, fu soprattutto giornalista e come tale collaborò pressoché a tutta la stampa lecchese. (...) Dotato di una memoria prodigiosa, conosceva tutte le famiglie lecchesi, ricordava perfettamente nascite, matrimoni e decessi, l'anno di pubblicazione dei libri della sua immensa biblioteca, la data precisa di eventi anche non importanti».

E Angelo Sala, in "Cento del Novecento" (Periplo Edizioni, 2002), ricordava come, cosciente di quanto la sua figura rappresentava per la città, «nel 1978 Ruggiero si presentò nelle redazioni dei giornali lecchesi a lasciare il proprio personale "coccodrillo" (come in gergo si definivano gli articoli scritti in morte di personaggi illustri, ndr): sei pagine dattiloscritte che riassumevano la sua vita e la sua attività nei più diversi campi, sei pagine bell'e pronte per ogni evenienza».
"Piccolo mondo antico lecchese", questo il libro dal titolo fogazzariano, è una sorta di zibaldone che ancora costituisce una miniera di notizie e curiosità. E che ci consente di respirare le atmosfere di una Lecco d'altre epoche, tanto più che altro tempo ora si è depositato su quelle pagine.
Un primo volume uscì nel 1972, dalle edizioni delle Arti Grafiche Lecchesi, con «la presunzione - scriveva Ruggiero - di aggiungere alcuni elementi, non conosciuti ai più, alla storia di Lecco dei cento anni che vanno all'incirca dal 1872 ad oggi, elementi che così raccolti, non andranno (almeno spero) dispersi, come invece accade per i giornali, la cui vita è per eccellenza effimera». Per la gran parte, infatti, il libro raccoglieva articoli che Ruggiero aveva pubblicato nel corso del secolo. Seguirono poi altri due volumi pubblicati, con lo stesso editore, uno nel 1975 e un altro (in cui «gli episodi narrati sono sì antichi, ma "meno antichi"») nel 1978, «cosicché la serie si allunga, né è detto che sia conclusa...», raccogliendo in questo caso anche testi e ricerche inedite.

Il primo volume si pregiava, inoltre, di una prefazione di Claudio Cesare Secchi, direttore e presidente del Centro nazionale di studi manzoniani. Che osservava: «E' bene raccogliere, fin che ancora ne vive il ricordo almeno in pochi anziani superstiti, le tradizioni, i costumi, le usanze di un tempo che fu: da essi promana qualcosa di più della semplice curiosità folcloristica, perché alla base di tutto questo mondo locale, vi è la storia e nessun fatto è senza un perché. (...) Arnaldo Ruggiero ha questa passione del passato, ha questa diligente attenzione a cercare, ad indagare, sa coscienziosamente attingere ai documenti e li sa anche trovare». E valeva, questa prefazione anche per gli altri volumi - avrebbe poi annotato lo stesso Ruggiero - introducendo l'ultimo della serie con righe più che sapide: «Dirò francamente che aborro dalle prefazioni del "sindaco" della città (sia Tizio sia Caio) sollecitate da chi non ha, disgraziatamente per lui, il senso del ridicolo. Perché è supremamente ridicolo farsi "prefazionare" da un sindaco, nella credenza che la "cinta tricolore", simbolo della carica, possa dare valore ad un libro, il cui pregio è conferito dal suo contenuto e soltanto da esso».

Uno zibaldone, s'è detto. Non ci sono infatti un filo conduttore, un ordine preciso, una cronologia, anche se in qualche caso gli articoli sono stati accorpati per argomento ("manzoniana", teatro, cultura, sport, personaggi...).
Un lungo percorso che si apre con il centenario della Banca popolare di Lecco che ora non c'è più ma che festeggiava il secolo di vita proprio in quel 1972 in cui usciva il primo tomo della trilogia. Omaggio dunque ineccepibile per quanto, in qualche modo, dovuto. Considerato - come l'autore dice espressamente - il contributo economico che la banca diede alla pubblicazione. Ed è, anche questa, testimonianza di un tempo che fu. Quando in città, per finanziare questa o quella iniziativa, s'usava bussare alla banca lecchese per antonomasia. La quale, qualcosa concedeva sempre.
Il "Piccolo mondo antico lecchese" raccoglie pagine della "storia grande", ma è caratterizzato soprattutto da quelle che potremmo definire le cronache di un secolo, accostando scenette curiose a episodi di una qual importanza nello sviluppo della città. Come a proposito della costruzione del nuovo palazzo delle Poste: «Se ne parò con una certa... consistenza fino dal 1938, o press'a poco, Venne un ispettore da Roma. (....) Quel funzionario si piccava di pittura e approfittò della sua sosta a Lecco per allestire una mostra di suoi quadri nella sede della "Pro Lecco". (...) A titolo di cortesia, il podestà dell'epoca e qualcun altro gliene comprarono due o tre, forse per rendere il "missus Romae" propenso alla proposta del Municipio della costruzione di un palazzo che raccogliesse insieme tutti i servizi postali e telegrafici. I quadri, per la verità, erano delle..."croste"». E tra l'altro «la ineffabile burocrazia romana prese le cose... comodamente e nel frattempo sopravvenne la guerra: tutto fu archiviato».
Ci racconta inoltre dell'avvento delle automobili: fu l' avvocato Somaini «della famiglia dei famosi cotonieri (...), il primo degli eroi al volante, guidando una "Serpollet" (una marca della preistoria) a vapore, ma non dovette accontentarlo del tutto, dal momento che si decise di fabbricare un'automobile di sua invenzione». Quell'auto divenne il «pericolo numero uno della città finché non andò a rotolare in un fossato, dove giacque per un bel pezzo, finendovi ingloriosamente i suoi non molti giorni».
Sotto lo sguardo ci passano negozi che aprono e chiudono, la confetteria Mauri e la privativa Signorelli, ristoranti e trattorie che ebbero periodi gloriosi o gli alberghi da costruire in vista della realizzazione «dei trafori (l'uno viario, l'altro ferroviario, che avrà la precedenza) dello Spluga». Ma anche le casa di tolleranza che nell'estate 1912 mise in subbuglio Malgrate, con omelie sdegnate, dimissioni del consiglio comunale, , inviati speciale che definirono il paese "l'isola del pudore".
E tanti personaggi. Di maggiore o minore "peso". Che hanno dato lustro alla città o che ne hanno segnato la vita sociale. Ma anche che alla Storia sono passati per caso.
Per esempio, Gennaro Ciampitti: altri non era che un macchinista ferroviario, potendosi però gloriare d'aver guidato il primo elettrotreno d'Europa sulla linea ferroviaria da Lecco a Colico durante il viaggio inaugurale del 15 ottobre 1902.
Oppure, Domenico Balbiani: maestro elementare di Bellano, chiamato nel 1816 a insegnare alla prima e seconda classe appena istituite in città.

Pescarenico

Ruggiero non si risparmia anche qualche polemica. Un articolo è dedicato alla distruzione di molti (troppi) edfici storici in città, a cominciare dal vecchio convento di Pescarenico "manomesso" nel 1921 «da tale Piloni (io lo ricordo, perché era guercio di un occhio) che senza tanti complimenti, al piano terreno impiantò molte macchine per la fabbricazione di "stacchette" e di reti metalliche». Il nostro se la prende con il Comune che non si capisce come abbia potuto autorizzare tale scempio. Evidentemente, però, lo stesso Ruggiero in quel 1921, doveva essere egli pure distratto. Ci ricorda come all'epoca fosse consigliere comunale, fornendo poi una giustificazione un po' pilatesca che ha più l'aria di un ripensamento tardivo: il consiglio comunale «non aveva competenza al riguardo, essendo questa della Giunta comunale» e non fu informato «di tale nefasta manomissione».
A seguire, un'altra serie di misfatti contro «molte cose de' "tempi antiqui"» per i quali adatta alle nostre plaghe un celebre adagio romano («Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini», nel nostro caso i "leucenses").

Mario Cermenati

Polemico, inoltre, lo è sulla mancata acquisizione della biblioteca di Mario Cermenati da parte della città che nel 1932 «perdette, per dannato senso di avarizia, una raccolta preziosissima non solo per il suo valore storico, culturale e artistico, ma anche per il suo valore venale!»: servivano 150mila lire per acquistare la raccolta dagli eredi, ma se ne raggranellarono solo 125mila. In quella vicenda, Ruggiero fu parte attiva, mediando tra la famiglia, l'amministrazione pubblica e quel paio di mecenati che misero sul piatto un po' di danaro. Del resto, di Mario Cermenati nella veste di parlamentare il "nostro" fu segretario.

E ce n'è anche per i cuochi «della nostra plaga che inseriscono nel loro menù piatti di pesce» come l'alborella in carpione: «Non dico che non possa piacere, ma la morte dell'alborella è quella di essere fritta nell'olio bollente».
Infine, si toglie anche la soddisfazione di ristabilire una certa verità sull'arrivo del calcio in città. La «storia (quella vera) del Lecco Foot-ball club» - leggiamo - comincia a Merate, in quel collegio Manzoni dove «io giocavo al "foot ball" fin dall'autunno del 1903, da quando cioè i convittori milanesi avevano portato un paio di palloni ed insegnato il nuovo gioco. Uscito nel giugno del 1905 e passato quindi per i tre anni del liceo al collegio d'Adda di Varallo Sesia, continuai a giocare là. Rientrato definitivamente a Leccio, nel giugno del 1908 mi iscrissi subito alla Società Canottieri Lecco. (...) Mi diedi da fare per cercare chi volesse giocare al "foot ball" e trovai un gruppo di compagni che mi assecondarono». E' «l'infanzia del Lecco Foot-ball club... nonno dell'attuale Associazione Calcio Lecco« i cui dirigenti «fingono di ignorare il "nonno" per mettere in rilievo benemeremnze di altri, che non c'erano neppure quando il "Lecco Foot-ball club" venne al mondo».

Giorgio Enrico Falck

Ruggiero ristabilisce anche la verità sulla decisione di Giorgio Enrico Falck di lasciare Malavedo per Sesto San Giovanni: la leggenda che ancora si tramanda in quel di Laorca vuole che l'industriale lasciò il Gerenzone non tato perché volto a espandere la propria attività bensì per vendicarsi dei lecchesi che alle elezioni del 5 maggio 1909 non lo elessero al Parlamento (dove andò, invece, Mario Cermenati). Leggenda messa in circolazione ai versi dialettali di un "menestrello" che sarebbe poi il poemetto "El cavalier Gerenzon" di Luigi Manzoni. «Nulla di meno vero di questa storiella, della quale voglio fare giustizia».
Tra le "chicche" che vogliamo segnalare, gli "slogans": in quegli anni Settanta in cui uscivano i volumi della trilogia, il clima politico era acceso e i muri del centro cittadino erano coperti di scritte e manifesti, ben più di quanto accada oggi. Ruggiero si è dilettato a catalogarne alcune.

Il ricordo del figlio

Infine, il ricordo di una tragedia personale: la morte del figlio (che pure portava il nome di Arnaldo ed era Arnaldo Ruggiero junior), travolto da una slavina il 15 maggio 1977 alle falde del Grignone.: «Sia concesso a me - le parole di Arnaldo papà - che nell'ampio arco di tempo che si estende dal 1° gennaio 1909 (quando giovinetto entrai nel periglioso arengo del giornalismo) ad oggi ho scritto centinaia di epicedi in onore di amici e di concittadini, i quali per la vita specchiata e "bene spesa" o per le opere cospicue, avevano fatto spicco nel "piccolo mondo lecchese" e in taluni casi in quello nazionale; sia concesso a me, dico, buttar giù qualche parola, penso non inutile, su mio figlio».
Certo, abbiamo citato pochissimi dei tanti argomenti che Ruggiero tocca in oltre 1200 pagine complessive che ci offrono uno sguardo particolare sulla città. Certo, in alcune occasioni servono una scrematura, qualche verifica, ulteriori approfondimenti. Ma è indubbio che i tre volumi del "Piccolo mondo antico lecchese" costituiscono un baule dei ricordi apparentemente inesauribile.

Dario Cercek
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