L’addio a gennaio: c’era il rito del falò


C’erano, è il caso di scrivere, i falò di fine gennaio; si accendevano al calar delle tenebre, “fiamme” che nella tradizione contadina volevano scacciare gli ultimi fantasmi del mese più freddo e più buio dell’anno. Un appuntamento che si rinnovava in una vasta fascia lecchese, dal lago alle colline brianzole, ai monti delle valli.
Quest’anno tutto “rema” contro i falò del gineè: la siccità, il forte vento, la situazione pandemica sempre preoccupante, che vieta eventi all’aperto. Peccato davvero, perché le fiamme negli ultimi giorni di gennaio ricordavano la gioia di aver lasciato alle spalle il peggiore periodo dell’anno e che la bella stagione si annunciava abbastanza vicina con rinnovate speranze e progetti. I fuochi rappresentavano, in un certo senso, un passato da cancellare, la fiamma caricava di calore per il futuro, per un nuovo cammino di vita e di rinascita.
In alcuni Comuni del territorio lecchese il congedo da gennaio era anche rappresentato da ragazzi che trascinavano “tolle” vuote per le vie dei paesi con un carosello finale presso il rogo del gineè. Erano momenti autentici di gioia e di partecipazione popolare, in serate ancora buie e fredde, come può essere benissimo a fine gennaio, ma che venivano riscaldate dall’entusiasmo e dal calore dei fuochi.
C’è l’augurio sentito che l’antico rito possa tornare l’anno prossimo in una rinnovata cornice di normalità, soprattutto sanitaria.
A.B.
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