Mi appassiona Quirinal Game e vedrei bene Cartabia presidente

Antonio Pasquini
Lo ammetto, sono un appassionato di Quirinal Game, di questa specie di Olimpiade della politica che nel nostro bel Paese si ripete con cadenza settennale. Una ardua competizione dove si scontrano: leader, peones e franchi tiratori, con i delegati regionali galvanizzati nel far parte di questo girone dantesco dove regnano 'magheggi', promesse, lusinghe, adescamenti e compromessi che si sviluppano fra cene, aperitivi, messaggi, chat, parole dette o sussurrate nella buvette del transatlantico.
Pescando fra vecchi libri nella piccola biblioteca di casa mi sono imbattuto in un breve saggio di Nino Valentino - La Battaglia per il Quirinale, edito da Rizzoli nel 1965 - che racconta con uno stile sobrio e preciso i retroscena ed il mercato dei voti che portarono Saragat al XXI scrutinio a sedersi sul colle più ambito della Repubblica.
Non è cambiato nulla, sono solo cambiati gli attori e non mi scandalizza, in fine dei conti la politica a volte è la capacità di trovare la sintesi perfetta ed al Quirinale è sempre stato eletto chi aveva meno veti piuttosto che più voti. Motivo per il quale i grandi leader politici dopo una vita spesa nella aule parlamentari non sono mai riusciti a raggiungere il traguardo presidenziale.
Dal 'nano maledetto non sarai mai eletto' vergato su una scheda nel 1971 (riferito ad Amintore Fanfani) per passare a Forlani, Andreotti, Craxi sino alla vicenda di Berlusconi, i grandi segretari dei grandi partiti non sono mai riusciti ad insediarsi al Quirinale. Archiviata la candidatura di Berlusconi e con essa  il fastidioso, stucchevole e peloso antiberlusconismo di Travaglio e compagnia varia i giochi sono aperti.
Come in ogni elezione del Presidente della Repubblica che si rispetti la prima votazione, con l'unica eccezione dell’elezione fulminea di Francesco Cossiga, (Carlo Azeglio Ciampi era un banchiere prestato alla politica mentre Enrico De Nicola un monarchico eletto provvisoriamente a Costituzione ancora da scrivere)  trova sfogo la sfrenata fantasia dei parlamentari.
Da appassionato di "Amici Miei" quanto avrei voluto ancora sentire scandito dal presidente Fico il nome di Raffaello Mascetti, oppure quell'Augusto Verdirame da Brescia che proprio oggi ironia della sorte ha lasciato questa vita terrena.
Tutti gli Italiani ogni quattro anni sognano di fare il commissario tecnico della nazionale di calcio e ogni sette anni ogni politico, compiute le cinquanta primavere, che abbia fatto anche solo il consigliere di municipio o l'assessore a Roccacannuccia sogna di sentire il proprio nome scandito dal presidente della Camera, non importa se considerato fra i voti dispersi come è accaduto oggi all'amico Giovanni Stornaiuolo, l'importante è sentire il proprio nome e cognome durante lo scrutinio del Presidente della Repubblica.
Ora che il gioco entra nel vivo mi auguro che i banchieri facciano i banchieri e se proprio devono fare i politici si limitino a soggiornare a Palazzo Chigi possibilmente per breve tempo, anche se è l'Europa a chiedercelo, e mi auguro pure che i magistrati, di destra o di sinistra, facciano i magistrati, la tripartizione del potere di montesquiana memoria dovrebbe essere un dato assodato a pena di incappare nella confusa sbronza giustizialista Grillina che fra poco più di un anno sarà solo un lontano e brutto ricordo.
Devo ammettere che il 'pariolino' Calenda, candidando il ministro Marta Cartabia ha fatto la migliore proposta. Dopo Palamara e dopo vent'anni di mancate riforme, l'attuale ministro della giustizia è la persona più indicata per ricoprire il ruolo di Presidente della Repubblica e di conseguenza, anche se di carattere formale e simbolico, di presidente del consiglio superiore della magistratura. Le sacerdotesse del meetoo, delle quote di ogni cosa farebbero bene a fare qualche convegno in meno sulle quote rose e a dare qualche voto in più ad una persona di altissimo profilo come Marta Cartabia che è pure lombarda, il che non guasta.
Antonio Pasquini, sindaco di Casargo
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