In viaggio a tempo indeterminato/213: ritorno a... 'Itaca'

Alle scuole superiori ho studiato latino.
Tra le opzioni, però, c'era anche il greco antico.
Sinceramente non ho mai capito bene a cosa potesse servirmi sapere la declinazione di rosa-rosae.
Ma quello che mi affascinava era l'idea di poter capire una lingua diversa che, anche se ormai morta, qualcuno aveva parlato.
A pensarci ora, forse era meglio scegliere il greco.
Non che qualcuno oggi in Grecia lo parli ancora, ma chissà, magari mi sarebbe potuto servire per comprendere un po' meglio i cartelli che incontriamo.
Di certo avrei conosciuto anche qualcosa di più della mitologia greca che qui sembra essere collegata a tutti i panorami spettacolari che vediamo.
Senza nulla togliere a Catullo, ovviamente!

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Questo nostro viaggio l'abbiamo iniziato da un'isola.
Da che mondo e mondo, infatti, la Grecia è sinonimo di isole.
Lefkada la nostra prima destinazione.
A dir la verità è un'isola non isola perché collegata alla terraferma da un ponte mobile che è molto ballerino quando lo si attraversa alla velocità massima di 10km orari.
Secondo alcuni studiosi, l'Itaca di cui parla Omero sarebbe in realtà Lefkada.
Non possiamo parlare per Omero, ma per noi Lefkada è stata un po' come Itaca per Ulisse.
Passatemi la similitudine azzardata.
Quello che intendo dire è che Lefkada per me e Paolo è sempre stato un posto dove tornare.
C'eravamo stati nell'estate del 2012, qualche ruga fa e moltissime avventure in meno.


Allora era stato un soggiorno molto breve, ma i colori di quel mare ci avevano stregato.
Talmente tanto che spesso, quando ci trovavamo ad esplorare spiagge in giro per il mondo, ricordavamo quelle bianche scogliere e quelle acque turchesi.
La spiaggia di Porto Katsiki, a Lefkada, non è un luogo qualunque.
Secondo la mitologia greca, quella che avrei tanto voluto studiare, Zeus veniva su queste scogliere a riposare dopo le sue scorribande amorose.
Per questo una leggenda narrava che gettandosi da questi bianchi scogli ci si potesse liberare dalle pene d'amore.
Sorte che è toccata alla poetessa greca Saffo che si suicidò proprio lanciandosi dalle scogliere di Lefkada.
L'amore alla fine, in un modo o nell'altro, c'entra sempre, anche se in questo caso in una maniera un po' drammatica.

Ci è capitato poche volte di rimanere così colpiti da un luogo.
Ma quei colori ci si sono stampati dentro.
Forse perché non ce li aspettavamo.
Forse perché quei panorami non sono solo bellezze naturali da osservare, ma raccontano una storia.
Una storia che non per forza è quella della letteratura greca e non per forza prevede la presenza di dei e poetesse.
A me Lefkada raccontava la storia di due ragazzi appena tornati dalla Scozia.
Due ragazzi che avevano una vecchia macchina grigia e solo due settimane di vacanze ad Agosto.
Due ragazzi che hanno guidato km e km e quando sono arrivati su quella spiaggia si sono seduti e hanno iniziato a giocare con i sassi.
Due ragazzi che in quel torrido Agosto hanno capito che la natura pensa in grande e sa fare cose meravigliose.
Due ragazzi che su quella spiaggia hanno aggiunto legna alla fiamma di scoperta che da allora li guida.
Fino a qualche settimana fa, Lefkada mi raccontava questa storia.
Ora invece, dopo esserci tornata, le pagine del racconto si sono allungate.
Si è aggiunta la condivisione di quel luogo magico anche con altre due persone che amo.
E la consapevolezza che oggi, come ieri, amo questa vita, il mare turchese, giocare con i sassi.
L'amore alla fine, in un modo o nell'altro, c'entra sempre.
Angela (e Paolo)
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