Draghi, il sistema e noi
In alcuni miei precedenti scritti (CLICCA QUI e QUI) avevo già espresso, da persona che si interroga su quanto ci accade intorno sia localmente che globalmente, alcune mie considerazioni riguardanti in particolare l'operato del nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Ritengo infatti un compito di ogni cittadino formarsi in modo approfondito delle opinioni e svolgere delle azioni sociali e politiche (quelle con la P maiuscola, come sollecitate anche dalla nostra Costituzione) che possano contribuire alla vita della Collettività. Senza presunzioni ma nemmeno deleghe a linee di pensiero preordinate, seppur anche maggioritarie.
Proprio per questo sarebbe perlomeno ingeneroso focalizzare solo su Draghi (come all'inverso praticato da gran parte del “circo mediatico”, tessendone sperticate aprioristiche lodi) le responsabilità di una classe dirigente che da anni opera in gran misura per il proprio tornaconto immediato e non per l'interesse collettivo.
Come sarebbe riduttivo far riferimento solo alla situazione del nostro martoriato Paese non tenendo conto sia del contesto europeo che planetario. Un sistema, con le sue leggi e le sue logiche che descrivevo nei miei precedenti contributi, i cui effetti concreti inesorabilmente ricadono giornalmente sulle teste di tutti noi.
Allo stesso tempo non ci si può sottrarre da una valutazione specifica dell'operato dell'ex Presidente della BCE presentato da alcuni come il garante del sistema finaziario-liberista e da altri invece come illuminato alfiere di un'economia che cercherebbe di conciliare anche gli aspetti sociali.
Pur semplificando al massimo, erano due le “cartine tornasole” che mi ero dato per verificare dove effettivamente “battesse il suo cuore” e cioè come nella legge finanziaria fossero spalmati i “tagli fiscali” e quali concrete azioni si volessero intraprendere per scoraggiare le delocalizzazioni selvagge sempre più diffuse non solo nel nostro Paese. Due elementi quindi che dovrebbero connotare coloro che realmente perseguono una maggior giustizia redistributiva e sociale.
Purtroppo, anche volendo considerare le oggettive contro-spinte prodotte dalle categorie più facoltose e soprattutto dalle leggi asimmetriche del cosiddetto “libero mercato”, il giudizio sul nostro Presidente e sul suo Governo “innaturale” non può che essere negativo, visto che i maggiori benefici fiscali si sono concretizzati per i più facoltosi e quanto partorito per le delocalizzazioni risulta un evidente palliativo. Rimarrebbe semmai la sua precedente difesa del Reddito di Cittadinanza ma oggettivamente un po' poco per definirlo un “Paladino dei deboli”.
Ma come, se perlomeno fosse veramente un liberista “socialmente illuminato”, perché col suo “prestigio” ed il suo peso “politico internazionale” (ben oltre le proprie competenze “tecniche”) non riesce nemmeno ad introdurre questi “correttivi” delle disuguaglianze sociali ed economiche? E se non riesce lui in queste cose, col suo indiscutibile “potere” di condizionamento dei “piani alti”, come immaginare che siano genuine le sue intenzioni di contribuire ad esempio a modificare il sistema europeo sul “Patto di Stabilità” o le regole statutarie dell'architettura europea che in non pochi ci auguravamo, viste le distorsioni strutturali evidenziate anche dalla crisi pandemica e ancor prima da quelle finanziarie del 2007/2010?
Infatti non casualmente si sta ricominciando a parlare di come riaffrontare la questione dei Debiti Sovrani, nel frattempo “sospesa” ma enormemente aumentata, con una “cultura economica” che sostanzialmente sembrerebbe essere ancora la stessa: il primato dei “conti in ordine”- magari in forma attenuata, della subordinazione ai Mercati e agli Investitori Istituzionali ecc. ecc. In una parola il primato della Società del Profitto su quella della Cura e quindi, di fatto, anche un “sistema pubblico” che rincorre le stesse regole del mercato privato legate alla redditività economica e non sull'utilità sociale, alla faccia della nostra preziosa Costituzione.
La stessa questione della “Transizione ecologica” e del PNRR, che sembrerebbero orientarsi agli stessi criteri, sarà un altro banco di prova da attentamente monitorare (in particolare l'operato del Ministro Cingolani). Altro che svolta di sistema.
Come saranno da monitorare ad esempio gli sviluppi locali, in termini di coerenza funzionale e sociale, delle Aziende e Società a varia partecipazione pubblica quali Silea, Lrh, Retesalute che a vario titolo dovrebbero emanciparsi, pur sempre in una logica di efficienza ed economicità, dalla loro subordinazione al Mercato.
Come sarà da monitorare in termini di credibilità delle nostre istituzioni, al di là delle rappresentazioni di facciata spesso veicolate da gran parte di compiacenti media, l'imminente passaggio dell'elezione del Presidente della Repubblica: se in un Paese normale certe candidature, pur già annunciate, non sarebbero neppure avanzate, dovrebbe invece essere auspicabile che uomini di specchiata onorabilità e spirito istituzionale come i magistrati Gratteri e Di Matteo entrassero nel novero di quelle candidature enfaticamente definite “di alto profilo”.
Non foss'altro perché stanno svolgendo in nostro nome un compito istituzionale pericolosissimo. Sarebbe un gesto inequivocabile di inversione di tendenza rispetto a zone assai oscure, anche istituzionali, del passato del nostro martoriato Paese.
Rimozioni indispensabili per costruire un credibile presente e un proficuo futuro.
Ritengo infatti un compito di ogni cittadino formarsi in modo approfondito delle opinioni e svolgere delle azioni sociali e politiche (quelle con la P maiuscola, come sollecitate anche dalla nostra Costituzione) che possano contribuire alla vita della Collettività. Senza presunzioni ma nemmeno deleghe a linee di pensiero preordinate, seppur anche maggioritarie.
Proprio per questo sarebbe perlomeno ingeneroso focalizzare solo su Draghi (come all'inverso praticato da gran parte del “circo mediatico”, tessendone sperticate aprioristiche lodi) le responsabilità di una classe dirigente che da anni opera in gran misura per il proprio tornaconto immediato e non per l'interesse collettivo.
Come sarebbe riduttivo far riferimento solo alla situazione del nostro martoriato Paese non tenendo conto sia del contesto europeo che planetario. Un sistema, con le sue leggi e le sue logiche che descrivevo nei miei precedenti contributi, i cui effetti concreti inesorabilmente ricadono giornalmente sulle teste di tutti noi.
Allo stesso tempo non ci si può sottrarre da una valutazione specifica dell'operato dell'ex Presidente della BCE presentato da alcuni come il garante del sistema finaziario-liberista e da altri invece come illuminato alfiere di un'economia che cercherebbe di conciliare anche gli aspetti sociali.
Pur semplificando al massimo, erano due le “cartine tornasole” che mi ero dato per verificare dove effettivamente “battesse il suo cuore” e cioè come nella legge finanziaria fossero spalmati i “tagli fiscali” e quali concrete azioni si volessero intraprendere per scoraggiare le delocalizzazioni selvagge sempre più diffuse non solo nel nostro Paese. Due elementi quindi che dovrebbero connotare coloro che realmente perseguono una maggior giustizia redistributiva e sociale.
Purtroppo, anche volendo considerare le oggettive contro-spinte prodotte dalle categorie più facoltose e soprattutto dalle leggi asimmetriche del cosiddetto “libero mercato”, il giudizio sul nostro Presidente e sul suo Governo “innaturale” non può che essere negativo, visto che i maggiori benefici fiscali si sono concretizzati per i più facoltosi e quanto partorito per le delocalizzazioni risulta un evidente palliativo. Rimarrebbe semmai la sua precedente difesa del Reddito di Cittadinanza ma oggettivamente un po' poco per definirlo un “Paladino dei deboli”.
Ma come, se perlomeno fosse veramente un liberista “socialmente illuminato”, perché col suo “prestigio” ed il suo peso “politico internazionale” (ben oltre le proprie competenze “tecniche”) non riesce nemmeno ad introdurre questi “correttivi” delle disuguaglianze sociali ed economiche? E se non riesce lui in queste cose, col suo indiscutibile “potere” di condizionamento dei “piani alti”, come immaginare che siano genuine le sue intenzioni di contribuire ad esempio a modificare il sistema europeo sul “Patto di Stabilità” o le regole statutarie dell'architettura europea che in non pochi ci auguravamo, viste le distorsioni strutturali evidenziate anche dalla crisi pandemica e ancor prima da quelle finanziarie del 2007/2010?
Infatti non casualmente si sta ricominciando a parlare di come riaffrontare la questione dei Debiti Sovrani, nel frattempo “sospesa” ma enormemente aumentata, con una “cultura economica” che sostanzialmente sembrerebbe essere ancora la stessa: il primato dei “conti in ordine”- magari in forma attenuata, della subordinazione ai Mercati e agli Investitori Istituzionali ecc. ecc. In una parola il primato della Società del Profitto su quella della Cura e quindi, di fatto, anche un “sistema pubblico” che rincorre le stesse regole del mercato privato legate alla redditività economica e non sull'utilità sociale, alla faccia della nostra preziosa Costituzione.
La stessa questione della “Transizione ecologica” e del PNRR, che sembrerebbero orientarsi agli stessi criteri, sarà un altro banco di prova da attentamente monitorare (in particolare l'operato del Ministro Cingolani). Altro che svolta di sistema.
Come saranno da monitorare ad esempio gli sviluppi locali, in termini di coerenza funzionale e sociale, delle Aziende e Società a varia partecipazione pubblica quali Silea, Lrh, Retesalute che a vario titolo dovrebbero emanciparsi, pur sempre in una logica di efficienza ed economicità, dalla loro subordinazione al Mercato.
Come sarà da monitorare in termini di credibilità delle nostre istituzioni, al di là delle rappresentazioni di facciata spesso veicolate da gran parte di compiacenti media, l'imminente passaggio dell'elezione del Presidente della Repubblica: se in un Paese normale certe candidature, pur già annunciate, non sarebbero neppure avanzate, dovrebbe invece essere auspicabile che uomini di specchiata onorabilità e spirito istituzionale come i magistrati Gratteri e Di Matteo entrassero nel novero di quelle candidature enfaticamente definite “di alto profilo”.
Non foss'altro perché stanno svolgendo in nostro nome un compito istituzionale pericolosissimo. Sarebbe un gesto inequivocabile di inversione di tendenza rispetto a zone assai oscure, anche istituzionali, del passato del nostro martoriato Paese.
Rimozioni indispensabili per costruire un credibile presente e un proficuo futuro.
Germano Bosisio