Ballabio: il figlio muore a 46 anni dopo aver affrontato traversie e una tremenda malattia, i genitori pubblicano il suo 'diario'

“Il desiderio più grande di mio figlio era quello di vedere pubblicato quello che scriveva” inizia così l’incontro con Lucia, mamma di Ivan Molteni, morto il 5 novembre dello scorso anno all’età di 46 anni presso l'Hospice Il Gelso di Erba (Co). Suo figlio, fin in tenera età, ha sempre dimostrato una tendenza ad "essere fuori dal coro". “Non stava con gli altri, era un tipo solitario” ricorda la madre. Ivan viene descritto dunque come chiuso, amava poco parlare. Ed anche applicarsi a scuola non era nelle sue corde. Non ha finito la terza media ma - aggiunge Lucia - era un assiduo frequentatore delle biblioteche - aveva 6 tessere - e nella sua seppur breve e travagliata esistenza ha letto libri di ogni genere, dalla letteratura tedesca a quella inglese.

Ivan con la sorella in un momento spensierato prima delle operazioni

Appena maggiorenne ha conosciuto anche l'esperienza della comunità. Più di una, per il recupero di ragazzi tossicodipendenti e alcolizzati. Tornare a casa per lui significava andare a stare da un amico o dalla sorella. Ma anche dai genitori che da Eupilio, paese di origine dove possedevano un negozio di fiori, si sono poi trasferiti a Inverigo dove papà Edoardo lavorava in un garden per poi acquistare un appartamento anche a Ballabio, quella che sarebbe diventata la loro abitazione una volta raggiunta la pensione e dove ora effettivamente abitano.
Nel 2018 ad Ivan viene diagnosticato un ependinoma, tumore del sistema nervoso centrale. E' - raccontano i famigliari - il secondo tipo di tumore più frequente nei bambini, dopo leucemie e linfomi. Ivan aveva 43 anni e da quello che hanno “detto i medici e da quanto era enorme la massa tumorale, questo ependinoma l'aveva da almeno 18 anni” sottolinea la sorella Chiara. “Mal di testa, nausea e formicolio erano i disturbi di cui soffriva mio fratello” prosegue. “Una continua sonnolenza: era la massa tumorale che opprimeva i vasi sanguigni e non lasciavano fluire il sangue in modo normale. Ciò provocava a Ivan delle paralisi della gamba e dolore al capo”.
Il 15 ottobre di quello stesso anno l'uomo è sottoposto al primo intervento chirurgico. Dopo 2 giorni al secondo e poi a un terzo dopo 2 settimane. Dalla sala operatorio “esce completamente cieco” dice Chiara. Dopo 5 giorni torna nuovamente sotto i ferri per una nuova operazione. “Esce cerebroleso e con una semiparesi a sinistra”.

Con i genitori dopo gli interventi

Per lui inizia un nuovo calvario. Il 12 dicembre viene trasferito in una struttura a Parma per la riabilitazione poi in provincia di Bergamo fino all’inizio del 2021 quando la famiglia viene chiamata perché le condizioni di Ivan apparivano definitivamente compromesse. “Da esami approfonditi hanno visto che la situazione era peggiorata e ci hanno detto che sarebbe stato meglio trasferirlo in una struttura per malati terminali perché per lui non c’erano speranze. Aveva una sopravvivenza stimata di 30, al massimo 60 giorni”. In quella struttura, Il Gelso di Erba, rimane però per 9 mesi, fino al 5 novembre, quando si spegne.
“Posso dire che io ho avuto due fratelli, uno Ivan prima della malattia, un tipo chiuso, fragile e impulsivo; poi dopo l’intervento, ho avuto un Ivan sempre sorridente, che a tratti scherzava e sembrava capire quello che dicevamo”.

La famiglia Molteni al completo

La famiglia di Ivan, dopo le operazioni, ha ritrovato i suoi scritti, quelli contenuti nel quaderno marrone sul quale da tempo annotava accadimenti e riflessioni. Con semplicità e schiettezza. "Bere mi è sempre piaciuto. Entro in un supermercato e mi scolo una bottiglia da pochi euro. Fisco al pronto soccorso il più delle volte e i miei danno di matto. Col passare del tempo l'alcol mi ha distrutto fuori e dentro. Si è preso corpo, spirito e mente. L'alcol ti invade, come un demone. Ti scava nel profondo. Sono posseduto da tanti di quei demoni da non venirne a capo. In fondo, con la religione, non è andata bene sin da subito" si legge, per esempio, a pagina 26 del libro che i suoi cari hanno confezionato per realizzare il suo sogno. Un volume di 86 pagine, proprio con la copertina marrone. “Diario di un potenziale suicida” il titolo.

La copertina del libro

Non un romanzo. Pensieri. Di un ragazzo che si autodefiniva "la pecora nera della famiglia". Riordinati per far conoscere a tutti la storia di un giovane, considerato "apatico" già dalle suore all'asilo. Un volume voluto, in primis, per esaudire il desiderio di Ivan, come detto. E poi con la speranza di poter, attraverso la sua storia, essere d'aiuto ad altri che stanno attraversando le stesse traversie della sua "prima vita".
“Durante il ricovero in ospedale di mio fratello è venuta a trovarlo una ragazza, Chiara, che ha conosciuto Ivan alla comunità Solaris a Triuggio (MB). Con lei non abbiamo nessun contatto e mi piacerebbe che, magari attraverso il vostro giornale, lei possa sapere che abbiamo pubblicato un libro per Ivan e quindi abbiamo esaudito il suo desiderio”.
Il racconto “Diario di un potenziale suicida” di Ivan Caino - questo lo pseudonimo, con un suo perchè, con cui il ragazzo firmava i suoi scritti - è consigliato ad un pubblico dai 16 anni e può essere acquistato direttamente su booksprintedizioni.it L’intero ricavato sarà devoluto a Hospice Il Gelso – Fondazione Giuseppina Prina.
Moira Acquistapace
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