Lecco: alla messa per San Nicolò l'invito di don Davide a 'vivere la vita eterna pienamente ora'. Appello per aiutare tre donne
Si è chiusa ieri sera 6 dicembre alle 18.30 in Basilica la tradizionale festa patronale della città di Lecco in onore di San Nicolò. La celebrazione è stata presieduta dal Prevosto Monsignor Davide Milani, con una ventina fra sacerdoti intervenuti e parroci delle diverse comunità pastorali lecchesi.
La Santa Messa è iniziata con una breve riassunto della vita del Santo, la cui statua sorveglia le rive del nostro lago - dalla Punta della Maddalena fin dal 1955. San Nicola – da noi Nicolò – nacque a Patara di Licia nel 270 da una famiglia nobile, e giovanissimo divenne sacerdote e poi vescovo di Myra, nell’attuale Turchia. Uomo dall’indole buona e generosa, donò ai bisognosi tutti i suoi averi. Di lui si raccontano diversi fatti straordinari: un giorno incontrò tre bambini molto poveri, ai quali donò quello che aveva, e cioè delle mele. I frutti durante la notte si trasformarono in oro, salvando la famiglia dalla povertà. Una leggenda analoga racconta che con le tre sfere d’oro salvò delle ragazze dalla prostituzione, a cui il padre le aveva destinate, per la disperazione data dalla fame e dalla miseria. E su proprio su tale tema, il celebrante ha rivolto un accorato appello ai lecchesi, affinchè offrano aiuto a tre donne vittime della tratta, assistite da un'associazione di volontariato che sta cercando di allontanarle dallo sfruttamento. Per fare ciò è necessario trovare a queste ragazze una casa e un lavoro. "Sono certo che in molti mi contatteranno per aiutarle" la chiosa di don Davide.
Presenti alla Messa anche i rappresentanti della Comunità Kossovara lecchese (molto devota a San Nicolò) che hanno animato la celebrazione con letture in lingua e con dei canti tradizionali. «Dio – ha detto il Prevosto a commento delle letture e del Vangelo di Luca – volge lo sguardo lì dove ci sono la tristezza e la sventura. Ci visita nell’ora della prova, dove c’è il vuoto. Quando siamo sereni e appagati, presi dalle nostre cose, non riusciamo a sentirlo. L’invito di Gesù nel Vangelo è quello di vivere la vita eterna pienamente ora, non programmarla solo per il futuro».
L’invito, sull’esempio del nostro Patrono, è quello a focalizzare l’attenzione sul bisogno che ciascuno di noi ha, di entrare nella vita piena: «E’ l’impegno che deve prendersi una società che voglia costruire il benessere: puntare sul bisogno di vita piena di ciascuno. Sul desiderio dei giovani di costruire una famiglia, per esempio. Una società dove chi viene da fuori possa sentirsi accolto e parte attiva della Comunità in cui entra: dobbiamo guardare al bisogno di tutti, di sapere che al mondo c’è qualcuno disposto a perdere un pezzo di sé per noi».
A.I.