Lecco: lo studio della genetica per prevenire i tumori. Favini, il Manzoni è all'avanguardia

È dal 7 luglio 2020 che gli abitanti della provincia di Lecco possono usufruire della consulenza genetica oncologica, ovvero uno studio che permette di identificare gli individui a rischio genetico aumentato cui fornire, nell'ambito di un percorso medico integrato di consulenza specifica, appropriati programmi di sorveglianza e possibili opzioni preventive. L'ospedale di Lecco, in sinergia con l'associazione Faresalute, offre quindi questo servizio importantissimo grazie alla presenza della dott.ssa Carla Barbara Ripamonti, medico genetista.

La dott.ssa Carla Magni, la dott.ssa Carla Ripamonti, il presidente di Faresalute Giovanni Mandelli,
il direttore Generale Paolo Favini, il direttore del dipartimento oncologico Antonio Ardizzoia

"La tipizzazione di alcuni tumori ormai necessita questi studi" ha affermato Paolo Favini, direttore generale dell'ASST di Lecco questo pomeriggio nel presentare il lavoro della dott.ssa Ripamonti, "il 5% di tumori infatti viene attribuito ad una possibile alterazione genetica ed è fondamentale avere questo supporto per individuare i pazienti con un rischio genetico aumentato e quindi organizzare una fondamentale azione preventiva". La Regione Lombardia ha iniziato dal 2013 a deliberare per regolamentare la presa in carico di questi soggetti, in particolare per i tumori della mammella, dell'ovaia e del colon-retto: dalla prescrizione dei test alla dotazione di personale competente, alla formazione di percorsi multidisciplinari per la presa in carico dei pazienti. "L'ospedale di Lecco si presenta anche in questo ambito come una struttura all'avanguardia" ha concluso il DG Favini.

Il direttore generale Paolo Favini

Il direttore del dipartimento oncologico Antonio Ardizzoia

Gli studi hanno da tempo evidenziato la forte componente genetica dei tumori: essi infatti dipendono da mutazioni del dna e una percentuale che si aggira tra il 5 e il 10 per cento ha una base ereditaria. "Scoprire queste predisposizioni può intanto servire ad intervenire con una diagnosi il più precoce ed efficace possibile e poi intervenire anche sui famigliari che a loro volta potrebbero sviluppare questi tumori" ha spiegato il dott. Antonio Ardizzoia, direttore del dipartimento oncologico e uno dei sostenitori di questo progetto. "Sono temi delicati perchè quando si parla di predisposizione ereditaria e genetica si va a toccare qualcosa che è molto difficile da affrontare anche perchè nella maggior parte dei casi si parla di soggetti sani che noi medicalizziamo e rendiamo potenzialmente malati". Quando viene individuato quindi un potenziale soggetto a rischio si attiva una macchina multidisciplinare: "Siamo partiti grazie al supporto di Faresalute" ha concluso il dott. Ardizzoia, "perchè con la dott.ssa Carla Magni era da anni che discutevamo di questa iniziativa e grazie all'associazione l'abbiamo resa possibile. Un ringraziamento va a anche alla dott.ssa Ripamonti, che essendo una grandissima professionista, ha svolto un enorme lavoro". Un lavoro a cui l'ASST è pronta a rispondere in modo positivo ampliando la propria rete anche nei prossimi anni, essendo un percorso che tenderà a crescere in modo esponenziale.

La dottoressa Carla Magni

Lo studio della genetica è partito considerando il tumore alla mammella in quanto uno dei più frequenti al mondo: i dati a livello nazionale parlano di 1 donna su 8 destinata ad ammalarsi nel corso della propria vita. Ogni anno 55mila donne in tutta Italia e circa 350 in provincia di Lecco scoprono di essere ammalate. Se il tumore è diagnosticato nelle fasi iniziali oltre il 90% delle donne sopravvive e l'obiettivo della prevenzione è quello di arrivare al 100%. La maggior parte di questi tumori, circa il 90%, viene definita "sporadica" ovvero determinata dalla combinazione di più fattori (ambientali, ormonali, immunologici, ecc...), una piccola parte riguarda tumori famigliari, cioè di più casi nella stessa famiglia senza tuttavia una componente ereditaria, e circa il 5-10% di ereditarietà vera e propria. "Nel Dna di queste donne c'è quindi una alterazione genetica che non trasmette la malattia ma che fa loro ereditare la predisposizione ad ammalarsi" ha spiegato la dott.ssa Carla Magni, responsabile Breast Unit aziendale. "E' quindi molto importante per questi soggetti fare una diagnosi il più precoce possibile o addirittura prevenire la possibilità di ammalarsi". Quindi chi deve essere inviato alla consulenza genetica e da chi? La dott.ssa Magni ha illustrato il percorso che le donne della provincia di Lecco possono effettuare: l'individuazione del paziente potenzialmente a rischio viene svolta da parte del medico specialista (in questo caso un senologo, l'oncologo o il radiologo) che con impegnativa del SSN invia il soggetto al genetista - in questo caso la dott.ssa Ripamonti. Le donne che accedono a questi servizi si dividono quindi in due grandi gruppi: quelle già malate di cancro per le quali quindi può essere avviato un programma di cure mirato (che appartengono tuttavia ad un gruppo ristretto, cioè se ammalate in giovane età, se provengono da una famiglia con diversi casi di malattia alla mammella o alle ovaie, se hanno famigliarità con tumori alla mammella maschile) oppure quelle donne sane che hanno una storia familiare di un certo tipo. "Una volta che la dott.ssa Ripamonti ha svolto il suo test rimanda queste donne al reparto di senologia" ha spiegato la dott.ssa Magni, "e se non hanno alcuna mutazione genetica si mette a punto un programma di screening come per tutte le donne che non hanno alcun fattore di rischio. Per quelle che invece presentano una mutazione genetica che aumenta il rischio di malattia del 60%, lavorando con diversi specialisti in ambiti multidisciplinari, si mette a punto un programma personalizzato di sorveglianza che può essere realizzato sotto forma di controlli, molto impegnativi, ogni 3/6 mesi per cui la Regione Lombardia emette un'esenzione del ticket, oppure si mette a punto un programma di riduzione del rischio. Questa scelta può essere fatta affrontando un percorso chirurgico che prevede la mastectomia bilaterale o di asportazione bilaterale delle ovaie". Interventi complicati sia per via dei numerosi specialisti coinvolti sia dal punto di vista psicologico in quanto la donna vede un cambiamento della sua immagine non indifferente. Per questi motivi è necessario un importante lavoro di squadra tra i professionisti, che all'interno della Breast Unit si confronta settimanalmente costantemente per intervenire sulle singole situazioni, ma anche con gli psicologi che supportano sia le pazienti che l'equipe medica.

La dottoressa Carla Barbara Ripamonti

La dott.ssa Carla Barbara Ripamonti, specializzata in genetica medica, si occupa di svolgere i test genetici sui soggetti potenzialmente portatori di una mutazione genetica: "Innanzitutto mi occupo di ricostruire l'albero genealogico del paziente, che deve essere esteso il più possibile oltre ai parenti di primo grado perchè sono fondamentali le informazioni che ci sono in famiglia e spesso è una ricostruzione difficile. Devo capire anche la famigliarità delle malattie, non prendendo solo in considerazione i tumori alla mammella ma anche alle altre neoplasie. A quel punto decido se eseguire o meno il test". L'analisi si svolge con un semplice prelievo di sangue può dare tre possibili risultati: il primo di "variante patogenetica", ovvero l'alterazione è correlata al rischio oncologico e quindi il soggetto va messo sotto stretto controllo, il secondo è "non informativo", cioè non si trovano alterazioni genetiche e in questo caso la persona continuerà con il programma di sorveglianza. Il terzo risultato possibile è "varianti a significato clinico incerto", che cioè ha dato riscontro positivo ad un'alterazione genetica ma non si può dire che questa mutazione sia correlata a rischio oncologico. "Il test viene consegnato personalmente da me" ha concluso la dott.ssa Ripamonti, "durante la consulenza, insieme al senologo e al ginecologo per dare eventualmente indicazioni alla paziente. Quel che è importante, in caso di test positivo, è di informare il maggior numero possibile di parenti, anche lontani".

Giovanni Mandelli, presidente di Faresalute

La presenza della dott.ssa Ripamonti è dovuta all'Associazione Faresalute che si è occupata di finanziare il progetto: "Quest'anno abbiamo deciso di implementare di quasi il 50% perchè c'è stata una maggiore richiesta di ore" ha detto il presidente dell'associazione Giovanni Mandelli, "e siamo più che soddisfatti di aver offerto questo servizio. Inoltre offriamo assistenza psicologica sia alla equipe medica che ai pazienti e famigliari grazie a due professionisti con cui abbiamo sottoscritto un contratto d'opera. L'associazione si dimostra ancora una volta attenta alle necessità e alle esigenze del territorio".
Beatrice Frigerio
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