Dopo 18 anni il PM Paolo Del Grosso se ne va: ero stanco di affrontare problemi che non avevo i mezzi per poter risolvere
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Il sostituto procuratore dr. Paolo Del Grosso
Tornando alla Procura di Lecco, “si poteva fare qualcosa in più per rendere l'Ufficio più funzionale ma ciò era fuori dalla nostra portata” sostiene dunque il magistrato in partenza, parlando di una serie di “fattori di amarezza” che nell'ultimo anno e mezzo lo hanno portato a prendere “una decisione forte”. Di rottura. “Torino mi dicono essere un bellissimo Ufficio” aggiunge. Non nascondendo qualche dubbio sorto poi circa la scelta presa, controbilanciato comunque dall'entusiasmo per essere stato assegnano, presso la Procura all'ombra della Mole, al gruppo reati economici, “materia di cui mi occupo anche qui. O meglio mi occupavo fino a quando non sono stati aboliti i gruppi (di specializzazione ndr) nel luglio scorso. Eravamo troppo pochi e Pepè li ha sospesi: è stata una sconfitta. Siamo tornati indietro di dieci anni e questo non va ovviamente bene”. Del resto il lavorare su temi specifici – è facile comprenderlo - porta a approfondirli e l'approfondimento a una maturare esperienza e una competenza puntuale.
Si attribuisce invece “tanti aggiustamenti e riformine introdotte da f.f.” il dr. Del Grosso, chiamato a reggere l'Ufficio, da sostituto anziano, a più riprese, tra un Capo e l'altro. “Se la Procura di Lecco è ancora in piedi, un po' di merito me lo prendo” e rivendica la paternità dell'introduzione, al trasferimento del dr. Tommaso Buonanno, del calendario annuale con udienze dedicate al singolo PM con la trattazione di fascicoli solo di quel PM, “un vantaggio per noi e per il Tribunale che altri ci invidiano”.
E parlando di “casi” il pensiero corre subito al “numero spropositato di procedimenti” avviati in 18 anni trascorsi ai piedi del Resegone. Pronti via, a pochi mesi sbarco in città, si era trovato contro Antonio Di Pietro per la questione scanner e dunque il processo a tre giornalisti, incluso il direttore di questo giornale, per le comunicazioni tra forze dell'ordine captate via etere, finito con una assoluzione in primo grado ribaltata in Appello con condanna confermata in Cassazione e istanza approdata (invano per i proponenti) poi anche alla CEDU. “Processo interessante”. E poi le operazioni antidroga e l'indagine apripista sul Dark Web e il relativo primo sequestro di bit-coin. Gli arresti - “chissà quanti sono stati” - e i sequestri per i reati fiscali. A lui il merito di aver “smosso le acque” avviando l'azione penale e ottenendo così la bonifica dell'area ex Leuci, dopo le ordinanza sindacali cadute nel vuoto o quasi. Un aspetto sul quale forse Lecco non gli ha espresso la giusta riconoscenza.
“Senza nulla togliere a tutto il resto, non dimenticherà mai gli omicidi”. Sette quelli risolti, due dei quali - l'assassinio a Paderno di Stefano Vittino e l'uccisione della pensionata torrebusina Maria Adeodata Losa a Sogno - con dibattimento e condanne in Corte d'Assise.
“L'unico grosso rammarico è legato all'omicidio delle prostitute romene” aggiunge citando le tre signorine trovate cadavere tra Morterone e la Valsassina. “In un anno di indagini siamo riusciti a far arrestare tutti i loro sfruttatori ma l'assassino non è saltato fuori”. La voce tradisce dispiacere. E attaccamento ad un mestiere che deve essere sostenuto indubbiamente dalla passione.
“Lecco – ribadisce in chiusura, riferendosi al territorio ma anche alla Procura – è un posto bello. Che meriterebbe altre attenzioni”. Un sollecito, da raccogliere.
A.M.