Casargo: oltre alle capre in mostra anche i loro... campanacci

Nella due giorni della mostra della Capra orobica a Casargo c’è anche la mostra “I campanacci d’Italia. Storia, tradizioni, modelli e protagonisti”.

Stesso oggetto anche per il libro scritto da Giovanni Mocchi, etnomusicologo e docente all’università di Pavia. Fin da giovane l'autore del volume, presentato quest'oggi, ha sviluppato questa particolare passione con il “nonno allevatore che mandava le vacche in treno in Svizzera al cui collo c’erano quei campanacci che mi hanno sempre affascinato – racconta - Poi da giovane con la famiglia si andava in vacanza in Tirolo e qui con altri ragazzi salivamo sugli alpeggi per portare il sale alle pecore o alle capre”.

Un attaccamento al mondo rurale dell’arco alpino che lo porta a scoprire come vengono realizzati i campanacci dai forgiatori, che variano di modello da regione a regione e spesso da valle in valle. Il suono di un campanaccio infatti per i molti significa la presenza di un animale al pascolo ma per il pastore quel suono è canto della propria terra, motivo d’orgoglio nella transumanza, voce degli antenati, messaggio per riconoscere le proprie bestie e distinguerle dalle altre.

In base a cosa sceglie i campanacci?
“In base alla modalità costruttiva, mi piace risalire al modo in cui sono forgiati e studiare il loro suono. Dietro ad ognuno di essi c’è una storia di umanità, non sono dei semplici oggetti, ma una parte di amore che l’artigiano ci ha messo per crearli”.
A pochi chilometri di distanza da Casargo c’è Premana, famosa in tutto il mondo per i suoi campanacci.
“Certamente, per scrivere il mio libro “Campanacci d’Italia” mi sono consultato spesso con Samuele Codega, fondatore della Camp e mi dispiace il fatto che lui se ne sia andato prima di poter vedere il volume terminato”.

Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.