'Ndrangheta nel comasco, la maxi inchiesta sconfina a Lecco: in una officina 'riunioni dei sodali' e auto per smerciare coca

Vanio ricavato per il trasporto di droga
Immagine di repertorio
Lecco... non poteva mancare. Seppur assolutamente “di striscio” anche la nuova maxi inchiesta della DDA di Milano sfociata ieri nell'esecuzione di ben 104  misure cautelari, 38 delle quali sull'altro ramo del Lago, arriva a lambire la città. Un'officina di via Tagliamento sarebbe stata infatti utilizzata da una parte degli indagati, riuniti tra loro in un'associazione per delinquere finalizzata al traffico stupefacente, quale “laboratorio” dove predisporre le auto adibite al trasporto della cocaina movimentata, occultando la polvere bianca in vani appositamente ricavati all'intero degli abitacoli, con il preciso scopo di eludere eventuali controlli della forze dell'ordine. Roberto Mandaglio, classe 1978, residente a Pusiano ma domiciliato in Svizzera, titolare dell'attività, si sarebbe occupato, stando alle risultanze investigative, di tale “lavoretto”. Seppur nato a Lecco, l'uomo viene indicato dagli inquirenti come “di estrazione giffonese” nonché come “persona nota agli uffici investigativi del posto perché legato alla “famiglia Trovato””. Tanto per cambiare, verrebbe da pensare. Citato segnatamente Emiliano Trovato, figlio di Franco Coco Trovato, già coinvolto in Oversize e in altri guai giudiziari, in parte ancora pendenti, ma completamente estraneo – se non appunto per tale “annotazione” circa il rapporto con Mandaglio – a questa nuova vicenda che ha acceso per l'ennesima volta un faro anche su Lecco. Anche perché, come captato dalle cimici nel corso delle indagine – per questo filone scattate nell'arco del 2020 – l'officina di via Tagliamento veniva utilizzata anche per “le riunioni dei sodali”, per usare la stessa espressione scelta dalla DDA nelle persone dei sostituti Pasquale Adesso e Sara Ombra con il coordinamento dell'aggiunto Alessandra Dolci che contestano al gruppetto dedito – sempre secondo un impianto accusatorio che ovviamente dovrà essere poi provato – allo smercio di cocaina l'aggravante di aver commesso il fatto per agevolare l'associazione mafiosa al centro dell'inchiesta e dunque una serie di personaggi accusati di essere affiliati ai clan calabresi. 54 le ordinanze scattate in Lombardia. Oltre al sequestro preventivo d’urgenza di beni per 2,2 milioni di euro. Durante le attività investigative in tutta Italia è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal Sudamerica.  Colpito in particolare il clan Molè.
Tutto è partito da un'inchiesta della Procura di Como su un giro di false cooperative che già due anni fa aveva portato a 34 arresti nonché a evidenziare legami con la 'ndrangheta, andando così a intrecciarsi con le indagini in corso a Firenze e Reggio Calabria, oltre ovviamente della Direzione antimafia di Milano. I reati  ora contestati agli indagati, a vario titolo, vanno dall'associazione mafiosa, all'usura, dalla detenzione e porto illegale di armi all'autoriciclaggio. E ancora, come già citato, dall'associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti alla bancarotta fraudolenta, dalla frode fiscale alla corruzione, passando dall'estorsione. In quest'ultimo caso, solo ai danni della nota azienda Spumador spa, gli indagati avrebbero ricavato un profitto illecito di oltre un milione di euro tra il 2015 e il 2019.
Non una cosa da poco. Con un nuovo avvertimento lanciato dagli inquirenti agli imprenditori locali, per evitare di finire in una rete che non aiuta ma soffoca.
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