Il Polesine e Pescarenico: un cippo per ricordare quanto l'identità di un territorio può essere bene per tutti


"Mai [...] così tanti dovettero così tanto a così pochi" (W. Churchill)
Domani celebriamo i 70 anni dall'eroica impresa che ha visto protagonisti i nostri pescatori nella tragica alluvione del Polesine.
Un pugno di uomini, armati solo di barche da fondo piatto –i batej - ed esperienza in acqua dolce, diede vita alla prima grande operazione di Protezione Civile senza poterlo nemmeno immaginare.
Troppo poco è stata ricordata nella memoria cittadina l'importanza di questa grande generosità. E ancora meno è conosciuta l'esistenza del cippo in Piazza Era, posto dopo un voto unanime del Consiglio il 28 gennaio 2008 a una mozione presentata nella mia prima esperienza in aula.
Quella delibera nasceva in un contesto di grande dibattito e grandi novità dei rioni, soprattutto la riqualificazione delle piazze voluta dalla Giunta Bodega a inizio 2000.
Pescarenico era all’epoca al centro di particolare attenzione per la vivacità con cui si stava tentando di rilanciare la sua identità storica che intreccia la religiosità della Chiesa con il Campaniletto e il Convento Francescano (manzonianamente di Fra Cristoforo) e l'operosità dei pescatori nel nucleo vecchio, con le sue caratteristiche vie strette con case di ringhiera. Erano gli anni in cui si cercava di riaprire il chiostro e abbattere il muro divisorio, ristrutturando un bene meraviglioso a cui ogni Pescarenichese è profondamente legato. Erano anche gli anni in cui i soldi pubblici erano felicemente spesi per riqualificare aree cittadine.
Piazza Era fu una di quelle, in un dialogo tra cittadini, Consiglio di Zona (sarebbe esistito fino al 2009), Amministrazione e Progettisti che tutelò l'area da interventi eccessivi e fuori contesto.
In quegli anni, come oggi, era chiaro che esiste un'identità di Pescarenico molto complessa, che va dalla storia dei Frati all'architettura del nucleo vecchio, dalla sua natura di quartiere da sempre povero (dalla Casa del povero a Villa Bigoni) al rapporto con un contesto meraviglioso con vista Resegone a bordo fiume (noi non abbiamo il lago...) fino al duro lavoro dei suoi pescatori.
In questa descrizione "ovvia" della Pescarenico che conosciamo è sempre mancata, proprio per la sua sobrietà, una giusta celebrazione di quanto di bello e buono va ricordato e valorizzato, tanto più l’aspetto dell’attività di pescatori che si sta spegnendo, lasciando a pochi, come Ceko e famiglia, l’onere del perpetuare una tradizione millenaria.
Il cippo, pur nella sua pochezza (forse perché giovane mi immaginavo un monumento epico quando presentai la richiesta…), ha il compito di ricordare quanto l'identità di un territorio possa essere un bene per tutti e la generosità di alcuni un esempio per molti.
Filippo Boscagli
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