PAROLE CHE PARLANO/47

Brancolare

Con questo termine ci viene subito in mente il buio e la fatica che facciamo a muoverci senza poter vedere nulla. In un simile frangente, allunghiamo le braccia, cerchiamo un muro, una maniglia, un oggetto riconoscibile al tatto e, rischiando di inciampare, afferriamo con le mani qualsiasi cosa ci capiti a tiro.
Questo incerto andare a tentoni, con le mani protese, racconta di fatto un momento di debolezza in cui uno dei sensi a cui ci affidiamo maggiormente è venuto a mancare. Tuttavia, se la luce si accendesse all'improvviso, verremmo fotografati con le mani tese, pronte a ghermire come animali che inseguono una preda. In effetti, il verbo brancolare descrive molto bene il nostro atteggiamento: deriva dal tardo latino branca e significa zampa con artigli, arto proteso ad afferrare. Quindi, quando brancoliamo, non facciamo altro che imitare gli animali che si muovono furtivi e ghermiscono con violenza, che abbrancano, appunto.
Questa commistione fra uomo che si trasforma in un animale, affamato e disperato, viene ben descritta da Dante nel canto 33 del conte Ugolino:

Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid' io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond' io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno."

Ovviamente, come spesso capita, abbiamo imparato a utilizzare questo termine anche in modo astratto: vi è mai capitato di leggere l'articolo di un cronista che, forse in modo poco originale, parla di investigatori che brancolano nel buio? Oppure di chiedere disperatamente aiuto a un amico esperto perché state brancolando tra le parole incomprensibili di un libretto di istruzioni, fra le mille norme per compilare una dichiarazione, fra le astruse pagine di un testo per un esame importante o fra i sentimenti discordanti in cui vi siete persi in una storia d'amore?
L'importante è che prima o poi torni la luce.

 


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Rubrica a cura di Dino Ticli
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