In viaggio a tempo indeterminato/204: niente di banale

La Bosnia è strana, particolare, affascinante.
Soprattutto se si pensa che si trova a meno di 1000 km dall'Italia.
Le differenze sono moltissime e inaspettate.
La lingua è diversa e incomprensibile.
Le persone hanno un modo di reagire differente.
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per un'avventura di quelle che di certo non scordi.
Viaggiare per noi ha sempre voluto dire andare a scoprire da vicino proprio queste stranezze e buttarci a capofitto in qualcosa che prima proprio non conoscevamo.
Adoro notare come gesti normali e quotidiani, da semplici e banali si trasformino in affascinanti e originali se osservati in un contesto completamente diverso.

Bere il caffè, ad esempio.
Lo si fa in moltissime parti del mondo ma non dappertutto questo rito si svolge allo stesso modo.
In Bosnia, il caffè è sinonimo di calma.
So che può sembrare strano dato che la caffeina ha l'effetto opposto, ma bere un caffè a Sarajevo vuol dire aspettare.
Aspettare che il caffè versato nell'acqua bollente riprenda bollore per tre volte.
Aspettare che la polvere si depositi sul fondo del pentolino prima di versarlo.
Aspettare che, una volta nella tazza, la cremina scura che si è formata sparisca.
Aspettare, senza nemmeno mescolare e nel frattempo godersi ciò che succede nel mondo attorno.
Magari far caso a quei signori che chiacchierano seduti al tavolo accanto o notare il minareto della moschea che svetta filiforme in fondo alla strada.
Il caffè bosniaco richiede pazienza ma poi ripaga con un sapore intenso, avvolgente, quasi fosse una carezza decisa.
E una cosa che mi affascina è che lo zucchero non si mette nella tazza.
Per addolcirlo si prende una zolletta, la si mordicchia un po' e poi si beve il caffè.
È una strana sensazione quella che rimane in bocca. Prima si sente la dolcezza dello zucchero, poi immediatamente l'amaro del caffè.
L'equilibrio perfetto di sapore è il risultato di due estremi che si incontrano.

In Bosnia non si chiude mai a chiave la porta del bagno.
All'inizio non ci avevo dato peso e pensavo fosse solo un caso aver trovato sempre bagni pubblici senza chiave.
Dopo tre settimane e una notevole frequentazione di wc pubblici, posso però affermare che solo il 20% aveva una catenella o serratura che evitava di dover fare pipì con una mano appoggiata alla porta.
Lo so, è una cosa strana da notare ma mi sono chiesta più volte il perché.
Dato che sono entrata in temi poco filosofici ma più pratici, non posso fare a meno di parlare del fatto che in Bosnia sia possibile fumare al chiuso.
Dentro i bar, i ristoranti, i negozi...
Da non fumatori a noi, ovviamente, la cosa da parecchio fastidio.
Ma se ci penso bene, quando ero bambina in Italia era la stessa cosa.
Fino al 2003, si fumava in treno, in aereo, in pizzeria... Sembra passata un'eternità da allora, ma sono meno di vent'anni.
E per molte cose sembra che la Bosnia sia rimasta a quegli anni.
Se non avessi uno smartphone in mano, mentre seduta al tavolo del bar osservo una vecchia Yugo rombare per strada, giurerei davvero di aver fatto un viaggio nel tempo.

Ma al di là del fumo nei luoghi chiusi, quello che più in Bosnia mi ha fatto sentire in un luogo lontano e affascinante sono state le persone e il loro modo di approcciarsi a due viaggiatori con un minivan che sembra un giocattolo.
Abbiamo rivisto quella curiosità genuina e sincera che ci aveva fatto amare l'Asia.
Quella semplicità che ti fa apprezzare un grappolo d'uva che ti regalano due signori seduti in giardino.
Quella bellezza che si trova solo in un sorriso quando le parole non hanno significato.
Quella sensazione di trovarsi esattamente nel posto giusto quando un ragazzo ti ringrazia per essere andato a visitare il suo Paese e aver lasciato a casa i pregiudizi.
Angela&Paolo
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