Lecco: il 2 la messa al 'Pantheon cittadino' nel Monumentale

Una piccola guglia dalla copertura verde ramarro spicca sulla base ottagonale: è la chiesetta del cimitero Monumentale di via Parini, che registra una particolare affluenza di fedeli nei giorni di tutti i Santi e di commemorazione dei Defunti. Nel pomeriggio del 2 novembre, viene celebrata, alle 15, una Messa a suffragio di tutti i cittadini lì sepolti.

    La chiesetta, piccolo Pantheon cittadino, sacrario civico con lo stemma comunale nel medaglione del pavimento centrale, reca sullo stesso la dedica “Ai prodi concittadini morti per la Patria, gloria e pace eterna”. La costruzione risale al 1883, su progetto Gattinoni e con i lavori dell’impresa edile Bernardino Todeschini. La dedica ai Caduti è del 1920; le due lapidi collocate all’interno sono le prime che la città di Lecco ha dedicato a memoria dei figli scomparsi nella Grande Guerra 1915/1918. Hanno anticipato il monumento sul lungolago, opera di Giannino Castiglioni, che è stato inaugurato nell’autunno 1926 con l’intervento del Duca d’Aosta, comandante dell’invitta Terza Armata.

    Sono 170 i nominativi scolpiti nel marmo, fra i quali sei medaglie d’argento e cinque di bronzo. La chiesetta presenta memorie anche di una storia oggi poco conosciuta; c’è la lapide ai Caduti per “la fondazione dell’Impero”, con la medaglia d’oro Salvatore Sassi, deceduto in Etiopia nel 1937. Al pilota lecchese dell’Arma azzurra, allievo ragioniere del Parini nella sede di via Ghislanzoni, è dedicata la piazza nelle vicinanze del palazzo municipale.

    Il bordo della cupola presenta all’interno 24 lapidi di lecchesi illustri, scomparsi sul finire dell’Ottocento ed all’inizio del Novecento. Balzano evidenti i nomi di Antonio Ghislanzoni, librettista dell’Aida di Verdi, e di Lorenzo Balicco, volontario della Repubblica Romana del 1849. Sono sepolti nella rotonda sotterranea, dove lo stretto corridoio di collegamento fra i vari loculi si allarga in corrispondenza della sovrastante chiesetta. E’ ricordato nel sotterraneo anche il garibaldino Giovanni Battista Ongania, di anni 19, deceduto all’ospedale di Messina il 18 agosto 1860. Il marmo rammenta la sepoltura lontana e l’amore di Patria che lo spinse in Sicilia non con i Mille di Quarto, ma con le successive spedizioni di rinforzo alle camicie rosse di Giuseppe Garibaldi lanciate ormai verso lo stretto di Messina.
    Erano state cancellate le polemiche post risorgimentali che oltre un secolo prima avevano scosso anche il silenzio del Monumentale per la progettata costruzione di un forno crematorio. Quest’ultimo progetto provocò vibranti reazioni clericali in epoca di “acque” già agitate per il ricreatorio laico di via Ghislanzoni e per la stessa costruzione del famedio o mausoleo realizzato all’ingresso del cimitero senza segni di fede per par condicio verso le confessioni religiose che il Comune di Lecco intendeva laicamente assumere. La croce che spicca oggi sulla facciata sopra un ingresso è stata collocata nel 1966.
    Nei giorni della commemorazione dei defunti l’onda lunga della storia, lontana ormai ogni eco di polemica, tutti raggiunge ed accomuna, riconciliandoli di fronte al mistero immenso dell’eternità. Una visita attenta e discreta al cimitero è come sfogliare le pagine di un volume di storia e ripensare, in particolare, al cammino esistenziale, dopo la devastante tragedia sanitaria vissuta e che non manca ancora di preoccupare.
A.B.
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