Ballabio: i genitori di Liam, accusati di omicidio, saranno processati sulle carte. Scelto il rito abbreviato

Il Tribunale di Como sede del processo
Hanno optato per il rito abbreviato, secco. Senza dunque ulteriori richieste da parte dei loro legali, gli avvocati Nadia Invernizzi e Roberto Bardoni. Aurora Ruberto (classe 1982) ed il marito Fabio Nuzzo, accusati in concorso tra loro dell'omicidio del loro secondogenito, Liam, spirato a soli 28 giorni dalla nascita, nella mattinata del 15 ottobre 2015, saranno processati sugli atti. A giudicarli sarà la Corte d'Assise del Tribunale di Como, presieduta dalla dottoressa Valeria Costi.

Veloce l'udienza odierna, fissata solo per sciogliere il nodo circa la strada giudiziaria da percorre, nodo venutosi a creare alla precedente seduta - quella del 23 settembre - quando il fascicolo (con alle spalle un tortuoso iter) era approdato sull'altro ramo del Lago, dopo una iniziale richiesta di archiviazione da parte della prima PM titolare dell'indagine e un giudizio di non luogo a procedere del Gup lecchese con pronuncia poi impugnata dalla Procura Generale. A rimettere il pallino nelle mani della difesa, chiamata a scegliere se andare a dibattimento oppure avvalersi del rito alternativo, la modifica del capo d'imputazione da parte dell'allora (ora non lo è già più, essendo scaduto il suo periodo di applicazione a Lecco) procuratore facente funzioni Cuno Tarfusser, arrivato a sostenere - ci scusiamo per il gioco di parole - l'insostenibilità dell'accusa per come originariamente formulata. I ballabiesi Aurora Ruberto e Fabio Nuzzo sono ora accusati di concorso in omicidio del loro piccino, spirato a soli 28 giorni dalla nascita (e non a 15 come erroneamente riportato dal PM). “In particolare la Ruberto, madre ed autrice materiale, utilizzando uno strumento contundente ovvero sbattendo la testa del figlio neonato perpendicolarmente su una superficie piana e rigida, produceva a questi fratture paritotemporali bilaterali simmetriche conseguenti ad una compressione-schiacciamento della volta cranica, da cui derivava uno stato di particolare debolezza e di immunodeficienza del neonato tale da favorire l'insorgere di una polmonite interstiziale che portava al decesso di Liam. Il Nuzzo, padre, pur perfettamente consapevole delle reiterate condotte lesive e maltrattanti serbate dalla Ruberto verso Liam che hanno portato a ben tre ricoveri ospedalieri nel neonato nei suoi 15 giorni di vita, le tollerava pur avendo l'obbligo morale e giuridico di impedirle, così agevolando e comunque non impedendo le condotte della madre che hanno portato il figlio alla morte. Con l'aggravante di aver commesso il fatto ai danni del discendente”.

La discussione è stata calendarizzata per il 25 novembre. Ancora da definire chi rappresenterà la pubblica accusa. Oggi in Aula c'era infatti il sostituto Andrea Figoni ma il caso parrebbe essere destinato a passare nelle mani della giovane collega, appena entrata in servizio a Lecco, Chiara Di Francesco, al suo primo incarico. La sentenza, invece, presumibilmente arriverà dopo Natale. La Presidente Costi, pur non dando una data, ha infatti già quest'oggi preannunciato l'intenzione di concedere un rinvio piuttosto lungo - formalmente per repliche - consentendo così ai giudici popolari di studiare approfonditamente un caso tutt'altro che semplice.

Liam Nuzzo era nato il 17 settembre 2015. Una esistenza brevissima, dentro e fuori l'ospedale Manzoni di Lecco. Nei suoi 28 giorni di vita, è entrato e uscito due volte, come paziente, dal presidio di via dell'Eremo. Il primo accesso, di 48 ore, a seguito di una caduta – a detta della mamma accidentale – patita in casa. Il secondo ricovero dopo la comparsa di anomali rigonfiamenti sul suo capo, con le dimissioni firmate solo tre giorni prima della morte. E proprio tra il 12 e il 15 ottobre 2015 il bimbo, secondo l'ultima superperizia disposta dalla Procura di Lecco nell'ambito di un fascicolo parallelo aperto in capo ai medici che si sono presi cura dell'infante, avrebbe subito le due fratture craniche perfettamente parallele riscontrate solo in sede di autopsia, ora citate nel capo d'imputazione quali concause della morte. Si è trattato davvero di un omicidio volontario? Alla Corte la valutazione.

A.M.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.