In viaggio a tempo indeterminato/202: di nuovo a Jajce, un 'gioiellino' dimenticato
Sette anni dopo siamo tornati sul luogo del delitto.
Ok, l'unico delitto commesso in realtà è stato non aver dedicato più tempo a questa zona, ma direi che stiamo rimediando.
Siamo tornati a Jajce, questa piccola perla bosniaca che negli anni non è cambiata.
E non saprei se questo sia positivo o meno.
Quando, nell'Agosto del 2014, io e Paolo eravamo passati di qui, eravamo certi che presto tutti si sarebbero accorti di lei e i turisti ne avrebbero riempito le strade.
Ci eravamo sbagliati.
Jajce sembra ancora quel gioiellino che avevamo scoperto in quella calda estate.
E anche se da un lato mi dispiace molto perché meriterebbe un'affluenza maggiore, dall'altro non posso negare di provare un po' di gioia per questo piccolo tesoro che sembra averci aspettato.
Ci sono pochissime città in Europa che possono vantare una cascata in pieno centro.
Una è Liri che si trova in provincia di Frosinone.
L'altra, invece, è proprio Jajce.
L'acqua del fiume Pliva, a pochi passi dalle mura della città, fa due bei salti.
È molto suggestivo passeggiare in centro e sentire in sottofondo lo scroscio dell'acqua.
E appena il rumore cala, ecco che delle fontane accompagnano il resto della camminata fin su alla fortezza, passando per una moschea e un'antica chiesa.
C'è davvero molto per una cittadina così piccola e con un nome così dolce.
Si legge "iaize" e significa letteralmente "piccolo uovo".
Ci sono diverse leggende sull'origine di questo nome.
Secondo alcuni la città sarebbe stata costruita sopra una roccia a forma di guscio d'uovo.
Secondo altri l'albume sarebbe stato usato nelle fondamenta come collante.
E un'ultima leggenda dice che Jajce sarebbe stata fatta costruire a immagine di Castel dell' Uovo a Napoli.
Solo le città con molto fascino hanno dietro tante leggende.
Lo so, tutto questo sarebbe già sufficiente per convincere chiunque ad andare a farci un salto.
Ma "l'acquaticità" di Jajce non finisce qui.
Basta, infatti, fare pochi chilometri per osservare delle piccole casette di legno scuro aggrappate al fiume.
Sembra un piccolo villaggio di gnomi uscito da una fiaba, ma si tratta in realtà di mulini.
Devo ammettere che la prima volta che li ho visti, sono rimasta delusa.
Nella mia testa, infatti, il mulino è sempre stato associato a una grande ruota accanto a una casa, tipo l'immagine che c'è sulla confezione dei biscotti.
Queste casette, invece, funzionano diversamente.
Ci sono delle piccole ruote sotto che si muovono con l'acqua e che sono collegate, tramite un lungo braccio, a delle macine all'interno delle casette.
Qui, in passato, gli abitanti di Jajce venivano a macinare il grano.
Non un unico mulino ma tanti piccoli mulini in miniatura ogni gestito da una famiglia diversa.
Jajce in questi ultimi 7 anni non è cambiata poi molto e ha conservato quel suo fascino che ce l'ha fatta apprezzare la prima volta che per caso siamo finiti qui.
Un'ultima chicca però ve la devo lasciare.
Quello nella foto sotto è un Paolo del 2014 con davanti dei bei piattoni di cibo...certe cose non cambiano mai, e questa volta non sto parlando di Jajce.
Ok, l'unico delitto commesso in realtà è stato non aver dedicato più tempo a questa zona, ma direi che stiamo rimediando.
Siamo tornati a Jajce, questa piccola perla bosniaca che negli anni non è cambiata.
E non saprei se questo sia positivo o meno.
Quando, nell'Agosto del 2014, io e Paolo eravamo passati di qui, eravamo certi che presto tutti si sarebbero accorti di lei e i turisti ne avrebbero riempito le strade.
Ci eravamo sbagliati.
Jajce sembra ancora quel gioiellino che avevamo scoperto in quella calda estate.
E anche se da un lato mi dispiace molto perché meriterebbe un'affluenza maggiore, dall'altro non posso negare di provare un po' di gioia per questo piccolo tesoro che sembra averci aspettato.
Ci sono pochissime città in Europa che possono vantare una cascata in pieno centro.
Una è Liri che si trova in provincia di Frosinone.
L'altra, invece, è proprio Jajce.
L'acqua del fiume Pliva, a pochi passi dalle mura della città, fa due bei salti.
È molto suggestivo passeggiare in centro e sentire in sottofondo lo scroscio dell'acqua.
E appena il rumore cala, ecco che delle fontane accompagnano il resto della camminata fin su alla fortezza, passando per una moschea e un'antica chiesa.
C'è davvero molto per una cittadina così piccola e con un nome così dolce.
Si legge "iaize" e significa letteralmente "piccolo uovo".
Ci sono diverse leggende sull'origine di questo nome.
Secondo alcuni la città sarebbe stata costruita sopra una roccia a forma di guscio d'uovo.
Secondo altri l'albume sarebbe stato usato nelle fondamenta come collante.
E un'ultima leggenda dice che Jajce sarebbe stata fatta costruire a immagine di Castel dell' Uovo a Napoli.
Solo le città con molto fascino hanno dietro tante leggende.
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Lo so, tutto questo sarebbe già sufficiente per convincere chiunque ad andare a farci un salto.
Ma "l'acquaticità" di Jajce non finisce qui.
Basta, infatti, fare pochi chilometri per osservare delle piccole casette di legno scuro aggrappate al fiume.
Sembra un piccolo villaggio di gnomi uscito da una fiaba, ma si tratta in realtà di mulini.
Devo ammettere che la prima volta che li ho visti, sono rimasta delusa.
Nella mia testa, infatti, il mulino è sempre stato associato a una grande ruota accanto a una casa, tipo l'immagine che c'è sulla confezione dei biscotti.
Queste casette, invece, funzionano diversamente.
Ci sono delle piccole ruote sotto che si muovono con l'acqua e che sono collegate, tramite un lungo braccio, a delle macine all'interno delle casette.
Qui, in passato, gli abitanti di Jajce venivano a macinare il grano.
Non un unico mulino ma tanti piccoli mulini in miniatura ogni gestito da una famiglia diversa.
Jajce in questi ultimi 7 anni non è cambiata poi molto e ha conservato quel suo fascino che ce l'ha fatta apprezzare la prima volta che per caso siamo finiti qui.
Un'ultima chicca però ve la devo lasciare.
Quello nella foto sotto è un Paolo del 2014 con davanti dei bei piattoni di cibo...certe cose non cambiano mai, e questa volta non sto parlando di Jajce.
Angela e Paolo