Lecco: dal cielo... al mare, Loris Lazzati presenta il suo libro 'Navigatori e stelle'

A pensarci davvero è una vertigine: immaginare l’immensità di un oceano, la cupola buia di una notte e le stelle come unica guida. Vero, dopo tante letture, ci abbiamo fatto l’abitudine e nemmeno più ci badiamo. Eppure, per secoli, il viaggio per mare è stata quella roba lì: un solcare l’ignoto che ignoto era davvero affidandosi alle stelle. I marinai non erano solo animali d’acqua, ma dovevano conoscere anche il cielo. Ce lo ricorda Loris Lazzati, colonna del Planetario lecchese e autore di “Navigatori e stelle”, volume presentato ieri sera alla libreria “Parole nel tempo”, che ci porta a guardare i grandi viaggi della storia da un punto di vista insolito o che, appunto, siamo ormai portati a trascurare.


Loris Lazzati

«Lazzati è autore di altre opere di divulgazione sull’astronomia – lo ha presentato Franco Minonzio – ed è un livello molto alto, tanto sono precisi i dettagli che portano questo libro ad avere il carattere di un vero e proprio manuale».
E’ una storia affascinante, quella che racconta. Parte dai navigatori polinesiani in un’epoca imprecisata della storia o forse ancora preistoria – almeno secondo le classificazioni a cui siamo abituati – per arrivare a un viaggio commerciale tra Usa e Scozia del 1837. Dai polinesiani, appunto, che conoscevano a memoria levata e tramonto delle stelle, che abitavano quell’immensità di un oceano che ancora non si chiamava Pacifico, che sbarcavano sull’Isola di Pasqua. E poi i Fenici che nel VI secolo avanti Cristo avrebbero circumnavigato l’Africa, ma ne parla il solo Erodoto che però si confessa scettico per il fatto che raccontavano d’aver visto «il sole a destra», particolare che in verità – spiega Lazzati – sarebbe proprio la conferma dell’avvenuta impresa, la quale forse era però davvero improbabile per le distanze.



E Annone il cartaginese che forse superò l’Equatore duemila anni prima dei portoghesi. E Pitea, geografo greco del IV secolo avanti Cristo, deciso a trovare la latitudine dove il sole non tramonta e che descrisse appunto il sole di mezzanotte, le aurore boreali e il “mare di gelatina”, che sono le acque ghiacciate del Nord estremo. E ancora Ippalo che nel II secolo avanti Cristo raggiunse l’Oceano Indiano. E poi i Vichinghi le cui imprese sono testimoniate solo dalle imbarcazioni e dalle saghe nordiche, gli Arabi che invece hanno lasciato tanti trattati di navigazione, i grandi viaggi di scoperta degli europei, portoghesi, spagnoli e olandesi, a partire dal XV secolo, l’andare a levante per il ponente di Cristoforo Colombo e tutti gli altri. La “scoperta del mondo”, così come l’abbiamo vissuta noi europei ma che indubbiamente ha determinato la storia, è già stata raccontata attraverso diari e leggende, illustrata con mille mappe antiche e moderne che ci spiegano come la visione e la consapevolezza del mondo siano cambiate nel corso dei secoli.



Da parte sua, Lazzati ci dice di alzare lo sguardo dalla terra e dell’acqua al cielo, e nel firmamento cercare il segreto che ha reso possibile l’ampliarsi degli orizzonti e della conoscenza con anche il non trascurabile fardello di nefandezze e violenze.
Allora, appunto osservando il cielo, questi viaggi di secoli ci si presentano come un grande laboratorio: la luna, le stelle che non sono sempre uguali, la stella polare che non è poi sempre lì, i campi magnetici a cui risponde la bussola, le congiunzioni astrali, la luna, il dramma dei cieli nuvolosi, le longitudini tutte da inventare. E calcoli matematici e semplici intuizioni, dubbi e sogni. E strumenti utili appunto a scrutare la posizione delle stelle e quindi a indicare la rotta, alcuni utilizzati a lungo, altri quasi leggendari come la pietra solare.



Altri ancora, come una cordicella con tanti nodi per misurare la velocità, destinate a lasciare tracce nel linguaggio: è il motivo per il quale ancora oggi il “nodo” è il metro di velocità dei natanti. E la cosiddetta declinazione magnetica che fece disperare i marinai di Colombo alle prese con una bussola impazzita. Già, Colombo, la cui vera magia non fu tanto quella di individuare la rotta dell’andata, quanto quella del ritorno. Si può continuare con le nubi di Magellano che sono due galassie, con la ricerca del passaggio a Nord Est, con le spedizioni sparite nel nulla, con l’orologiaio inglese che ha fissato il meridiano di Greenwich, con la definizione della linea di cambiamento di data tra Tonga e le Samoa. Oggetto, tra l’altro, di un contenzioso internazionale per via del Capodanno: Tonga lo festeggiava per prima, le Samoa per ultime, e «con un’ora d’aereo, i ricchi potevano brindare due volte…».



E’ davvero un lungo viaggio quello in cui ci accompagna Lazzati che sarà anche un “planetarista”, così lo si ritrova definito in internet, per la sua grande passione e conoscenza dell’astronomia, ma che dimostra in questo libro una confinata dimestichezza anche con la storia dei mari: le rotte insidiose, gli scogli, i venti.
D.C.
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